La forza della medicina generale è nella sua autonomia
di Gianmarco Marrocco
12 FEB -
Gentile Direttore,ho seguito il vivace dibattito sulla proposta relativa all’ipotesi di fare dei medici di medicina generale dei dipendenti delle Asl. Da quanto detto dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, dovremmo diventare una sorta di tappabuchi delle carenze che via via si creano nella rete dell'assistenza territoriale.
La risposta immediata è no grazie. Ho 34 anni e faccio per scelta convinta il medico di medicina generale in un medio comune della provincia di Roma e non voglio diventare un impiegato dell’Azienda sanitaria del mio territorio. Non è mai stato questo il mio orizzonte, non ho studiato 10 anni per questo obiettivo. Del dibattito la cosa che mi ha più colpito è che in tutti gli interventi di giornalisti, esponenti di sindacatini, politici, presunti esperti, si citava spesso la nostra adesione al progetto di dipendenza. Ma, vorrei sapere, a nome di chi parlate? Ma chi avete sentito? Con quali e quanti giovani medici avete parlato?
Il rapporto di dipendenza da costoro è presentato come la panacea di tutti i mali della medicina generale. Ma la verità è che per noi giovani medici di famiglia la dipendenza non è la soluzione. La forza della medicina generale risiede nella sua autonomia organizzativa e gestionale, che ci consente di adattarci ai bisogni delle comunità che assistiamo, garantendo un’assistenza personalizzata e continuativa.
Abbandonare il modello libero-professionale convenzionato significherebbe snaturare l’essenza stessa della professione che abbiamo scelto, riducendoci a meri esecutori di direttive, scollegati dalla realtà territoriale che conosciamo e viviamo quotidianamente.
La soluzione sta nei contratti. Snodo centrale sono le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), previste dall’Accordo Collettivo Nazionale, ma che ancora oggi non sono state istituite in molte Regioni. Le AFT rappresentano uno strumento cruciale per migliorare l’organizzazione della medicina generale, favorendo il lavoro di squadra, la condivisione di risorse e la continuità assistenziale. È inaccettabile che, a distanza di anni dalla loro previsione normativa, non si sia ancora trovato il modo di renderle operative su tutto il territorio nazionale. Questa lentezza nell’attuazione priva i medici e i cittadini di uno strumento che potrebbe concretamente migliorare la qualità e l’efficienza dell’assistenza territoriale.
E’ da questa latitanza della politica nazionale e regionale che nascono i problemi della medicina territoriale non dal rapporto in convenzione. E in ogni caso prima di citare i giovani sarebbe sempre prima il caso di ascoltarli, non parlare abusivamente a loro nome.
Le Regioni devono cambiare approccio: è fondamentale che si apra un tavolo di confronto serio e costruttivo per affrontare la revisione degli Accordi Integrativi Regionali (AIR), strumenti indispensabili per valorizzare le specificità locali e rispondere ai bisogni dei territori.
Allo stesso tempo, non possiamo più rimandare l’avvio delle trattative per il rinnovo dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), che rappresenta il pilastro normativo della nostra professione. È tempo di passare dalle parole ai fatti, con una visione di lungo termine che metta al centro il medico di famiglia come garante della salute pubblica. Non serve la dipendenza forzata, serve il confronto e la collaborazione.
Gianmarco MarroccoMedico di Famiglia – Guidonia
12 febbraio 2025
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