Gentile Direttore,
da tre anni gli interventi dei fautori della dipendenza, nel dibattito sulla riforma della medicina territoriale, adottano uno schema argomentativo stereotipato, che parte dalla premessa (autoreferenziale) che "la medicina generale ha fallito", in cui riecheggia la profezia formulata a suo tempo dal compianto Antonio Panti sul QS: “da eroi a capri espiatori il passo è più breve di quanto sembri e gli amministratori del servizio sanitario, dopo aver lasciato i medici di famiglia senza protezioni e supporti, scoprono ora le gravi carenze del territorio”. L'accanimento denigratorio verso la MG del circuito mediatico-professionale è ammirevole e degno di miglio causa.
L'ingeneroso giudizio dei severi censori della MG stride un po' rispetto al funzionamento del resto del SSN, quasi fosse un'isola felice di efficienza, efficacia, risposta adeguata ai bisogni della gente con elevato gradimento del stessi, grazie a celeri tempi d'attesa per accertamenti diagnostici, visite specialistiche, interventi chirurgici, accessi in PS, nessun esborso per prestazioni private di esami, farmaci etc. copertura capillare della rete di medicina territoriale, piena soddisfazione dei medici dipendenti e così via.
Se la medicina territoriale ha fallito vediamo i risultati della gestione dei dipendenti da parte del datore di lavoro SSN, caratterizzata
dal ritardo ultra triennale nel rinnovo del contratto di lavoro,
dall'incapacità di trattenere i dipendenti che ogni giorno si dimettono volontariamente per sfuggire alle pressioni della medicina amministrata e manageriale,
dall'incapacità di gestire un ricambio generazionale previsto con un sistema formativo adeguato,
dalla desertificazione dei concorsi pubblici che dovrebbero coprire i vuoti di organico creati dal blocco del turn-over,
dal flop delle iscrizioni alle specializzazioni prive di sbocchi libero professionali, con meno di 1/3 di posti assegnati.
Alla fine con questi brillanti esiti al datore di lavoro SSN non resta che arrendersi senza condizioni alla privatizzazione di fatto e al marketing gettonistico, per evitare la chiusura di reparti, PS ed interi ospedali gestibili solo con il rientro nel SSN dei dipendenti scappati per sfinimento, lautamente compensati con esborsi finanziari che sarebbe stato logico destinare al puntuale rinnovo dei contratti di lavoro per trattenere in servizio i professionisti stessi. Gli accigliati critici della MG come definirebbero questi disastrosi risultati empirici?
In questo scenario generale va collocato il presunto fallimento della medicina territoriale, rispetto al quale la MG negli ultimi 15 anni ha fatto miracoli a dispetto del disinteresse e delle mancate riforme centrali e regionali. Basta pensare al sistematico rinvio ventennale degli Acn, iniziato ancor prima della Balduzzi, riforma mancata per la consuetudine di approvare leggi prive di adeguati finanziamenti e di quel cronoprogramma di implementazione che la UE ci ha imposto per finanziare il PNRR. Con la Balduzzi si è persa un'opportunità storica per il disinteresse dei decisori pubblici, salvo rare eccezioni: cosa sarebbe oggi l'AP se tutte le regioni avessero seguito l'esempio delle Case della salute hub/spoke Emiliano-Romagnole, se fossero state attivate le AFT nel 2012 in tutte le regioni, se fossero state incentivate le Uccp sul modello delle medicine integrate del Veneto, ovvero le CdC Spoke?
Eppure le AFT, nello spirito della Balduzzi, potevano essere l'incubatore per coltivare la Comunità di pratica della MG, promuovendo collaborazione dal basso, coesione identitaria, formazione continua e sul campo, innovazione organizzativa e autovalutazione, insegnamento tutoriale e ricerca, ovvero le condizioni per poter riempire di contenuti e di competenze formative una specializzazione in MG. Le AFT a costo zero non sono state introdotte per la sinergia tra disinteresse della controparte e miopia del sindacato, che ha sempre privilegiato la coltivazione individualistica del proprio orticello "mutualistico" e la distribuzione a pioggia di incentivi a scapito del riconoscimento della qualità del lavoro, dell'accountability di processi e performance nella gestione della cronicità, mission naturale della medicina del territorio.
Con il Pnrr si è tentato di rimediare ad un vuoto di policy compiendo però altri errori, come il finanziamento delle sole CdP hub da 60mila abitanti, cattedrali nel deserto disabitate che lasceranno scoperte le zone carenti di MMG e le aree interne in via di spopolamento. I 2 miliardi deviati sull'assistenza domiciliare, a scapito del finanziamento delle CdC spoke, potevano garantire la capillare copertura delle aree abbandonate dal SSN e saranno un vulnus per l'efficacia della Misura 6. Davvero qualcuno è convinto che la dipendenza sarà la panacea di tutti i mali presenti e passati, con il meccanico trasferimento alla rete territoriale delle logiche top down di una gestione aziendalistica, che imbarca acqua da varie falle? Per il sociologo Bertin la sfida organizzativa dell’assistenza primaria è quella di “integrare un sapere specialistico con uno di tipo olistico che considera le persone nella loro globalità” evitando la “colonizzazione del territorio con la stessa cultura di governo utilizzata nella gestione dei sistemi ospedalieri”.
Ex MMG - Brescia