Assistenza domiciliare integrata (ADI): gli infermieri fanno la differenza
di Marina Vanzetta
10 MAR -
Gentile Direttore,
senza gli infermieri, l’ADI non potrebbe garantire presa in carico, cure di qualità e continuità assistenziale. Questo è quanto emerge inequivocabilmente dalla lettura dell’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale relativamente all’assetto organizzativo, alle attività e ai fattori produttivi del SSN pubblicato dal Ministero della Salute nel febbraio scorso.
Di fatto, i dati relativi all’ADI, ovvero l’assistenza domiciliare erogata in funzione di un piano di assistenza individuale che si sostanzia attraverso una presa in carico multi professionale e multidisciplinare della persona che comprende anche le cure palliative e le dimissioni protette, evidenziano chiaramente il ruolo determinante degli infermieri in questo ambito.
I numeri si commentano da soli. Le persone assistite al proprio domicilio nel 2023 sono state 1.645.234, di questi, il 7% erano persone in fase terminale e il 74,9% persone di età maggiore o uguale a 65 anni. Il tempo di assistenza dedicato a ciascuno è stato pari a 15 ore di cui 10 per ogni caso erogate dagli infermieri.
Nello specifico, le ore di assistenza per ogni persona anziana sono state 14 complessivamente e di queste, 9 dedicate dagli infermieri. Quelle per ogni persona in fase terminale sono state 29: di queste 20 erogate dagli infermieri.
Sostanzialmente il 70% delle cure complessive è rappresentato dall’assistenza infermieristica.
Investire dunque sull’infermiere e valorizzarne il ruolo nell’ADI equivale a rafforzare e consolidare un modello di presa in carico sempre più orientato alla prossimità, alla centralità dell’assistito e della sua rete e ancora, alla continuità delle cure in uno scenario che si connota sempre più e rapidamente per i bisogni complessi che richiedono risposte tempestive, mirate ed efficaci.
Marina Vanzetta
L’Infermiere Online
10 marzo 2025
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