Case di Comunità, parole o realtà a servizio dei cittadini
di Giuseppe Leocata
13 MAR -
Gentile Direttore,ai tempi della L.833/1978 il Sistema Sanitario Pubblico funzionava bene e garantiva un buon servizio.
Nel 1992 le strutture sanitarie pubbliche vennero trasformate in ASL. Sono diventate ‘aziende’ e i cittadini ‘clienti’, in un contesto nel quale il privato detta legge; i cittadini non si rendono conto di ciò e fruiscono di prestazioni sanitarie con il Servizio Sanitario Regionale in strutture private e allo stesso (apparente) costo, gravando sulle Regioni e sulle tasche di tutta la popolazione.
Case di Comunità (CdC)Sono il punto centrale della rete assistenziale territoriale, luogo di incontro tra medicina territoriale e bisogno di cura. Sono state definite in un momento difficile per il Servizio Sanitario Nazionale, caratterizzato da riduzione del personale, specie nel territorio (pochi medici di medicina generale (MMG) e pediatri di libera scelta (PLS), pochi medici di guardia medica e medici per pronto soccorso, psichiatria e neuropsichiatria infantile e adolescenziale; i giovani medici rifuggono da queste realtà lavorative, poco appetibili per remunerazione e tutele. Ippocrate non insegnava a ‘fare soldi’ e questi non possono essere l’unico incentivo, dimenticando un servizio umano, etico e professionale a persone che vanno ascoltate, comprese e curate. Nella realtà, molti medici preferiscono il privato e/o operano, impunemente e contestualmente, nel pubblico e nel privato.
ASST in LombardiaLe ASST comprendono i Distretti e garantiscono ed erogano diverse prestazioni sanitarie. Dovrebbero sviluppare la Medicina territoriale, come punto di contatto tra cittadino e Sistema Socio-Sanitario, valorizzando l’integrazione dei MMG e PLS con gli specialisti ambulatoriali e ospedalieri.
Nell’ambito della CdC dovrebbe esserci un Punto Unico di Accesso (PUA) per garantire l’approccio integrato nella risposta ai bisogni sin dall’accesso. Il servizio è rivolto specie a persone con disagio e fragili, per facilitare un accesso unificato a prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali.
Le Centrali Operative Territoriali (COT) sono punti situati nei Distretti e che dovrebbero facilitare l’accesso dei cittadini alla rete dei Servizi sanitari, socio-sanitari e sociali orientandoli e accompagnandoli nel loro percorso assistenziale; dovrebbero coordinare i Servizi domiciliari con gli altri Servizi sanitari, assicurando cooperazione tra ospedali e rete emergenza-urgenza; dovrebbero garantire e coordinare presa in carico dei pazienti ‘fragili’, rilevando bisogni di cura e assistenza e garantendo continuità del percorso assistenziale tra Ospedale e Territorio con il coinvolgimento degli Enti Locali e del Terzo Settore; dovrebbero potersi interconnettere con tutte le strutture presenti sul territorio.
Per l’accesso a queste strutture, sarebbe opportuna una Carta dei Servizi con le tipologie di servizi sanitari garantiti e relativi orari di servizio e allocazioni geografiche (raggiungimento del luogo fisico e sito stesso devono essere indicati in modo accessibile a tutti i cittadini - alfabetizzati e no, italiani e migranti; va garantita raggiungibilità fisica con mezzi di trasporto pubblici e, in merito alla «“visibilità” digitale», va considerata la parte dei cittadini non alfabetizzata in informatica.
MMG e PLS nelle CdCLa presenza e le funzioni di queste figure mediche nella CdC dovrebbe garantire un canale preferenziale di comunicazione tra questi medici e gli altri specialisti operanti nella CdC e con i medici degli ospedali di riferimento.
MMG e PLS sono figure cruciali nel garantire un livello di salute di base ai loro assistiti; purtroppo, il loro lavoro è stato progressivamente burocratizzato. I medici ospedalieri sono in numero insufficiente ed, a fatica, garantiscono le loro prestazioni e non riescono spesso ad interfacciarsi con MMG e PLS.
La carenza nel settore sanitario, regolato sempre più da un ‘bizantinismo normativo’ non riguarda soltanto l’ambito medico ma anche quello infermieristico, degli assistenti sociali e degli educatori professionali; queste figure andrebbero formate anche per la gestione di problematiche socio-sanitarie e sociali.
Liste di attesaI cittadini si trovano già da tempo disorientati e poi si scontrano sempre più spesso con liste d’attesa eccessive tanto che in alcuni casi rinunciano a diagnosi, cure e terapie, il dato è drammatico.
Con le significative carenze di personale nel settore pubblico, non soltanto non si abbattono le liste di attesa ma alcune volte i cittadini sono costretti a raggiungere strutture sanitarie regionali pubbliche molto distanti dalla propria abitazione e site in altre ASST.
CdC e rischio che vadano al privatoLe organizzazioni private potrebbero partecipare alla realizzazione di funzioni pubbliche, ma questa deve essere inserita in un contesto più generale in grado di prendere in considerazione il complesso dei punti di vista; cruciale è il controllo e il contenimento delle logiche aziendalistiche e della massimizzazione del profitto da parte del privato e va tenuto bene in considerazione che le organizzazioni private non sono in grado di assicurare la regia complessiva dei Servizi che è necessaria alla integrazione fra dimensione sanitaria e sociale.
Al seguente link una versione più approfondita delle riflessioni.
Dr. Giuseppe LeocataMedico Chirurgo – Specialista in Medicina del Lavoro
13 marzo 2025
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