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PDTA oncologici: quali indicazioni devono fornire?  

di Nello Martini, Carlo Piccinni e Antonio Addis

25 MAR - Gentile Direttore,
negli ultimi anni i ricercatori della Fondazione Ricerca e Salute (ReS) hanno costantemente monitorato la produzione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) da parte di istituzioni regionali, a partire dai dati di Regioni e Provincie Autonome (PPAA), agenzie sanitarie regionali, reti oncologiche e delle malattie rare. Al dicembre 2024, la ricognizione dei PDTA restituiva un totale di 910 documenti, di cui 510 riguardanti patologie ad alta prevalenza e 400 di patologie rare.

L’approvazione in Commissione Sanità del Senato di emendamenti al disegno di legge sulle prestazioni sanitarie prevede che il Ministero della Salute debba definire entro 60 giorni (dall’inizio del mese di marzo 2025) le linee guida contenenti standard minimi omogenei per la redazione di PDTA Regionali in ambito oncologico. Questo ha suggerito alla Fondazione ReS di esplorare il proprio database per mappare lo stato attuale della disponibilità di PDTA su patologie neoplastiche, recuperando 119 documenti su malattie ad alta prevalenza e 62 relativi a neoplasie rare.
Le patologie per le quali è disponibile il maggior numero di documenti di indirizzo sono quelle a maggiore prevalenza: nell’ordine, il cancro della mammella (15 documenti), del colon retto (14), del polmone (11), della prostata (10) e dell’ovaio (7). Per 19 patologie oncologiche – tra cui, per esempio, il melanoma - è disponibile un solo PDTA.

Una revisione non sistematica della letteratura permette di identificare i punti più frequentemente indicati come essenziali dai diversi autori: razionale, figure professionali coinvolte nel processo e relative competenze (multidisciplinari), metodologia di selezione e valutazione della letteratura, obiettivi, popolazioni target (con esplicitazione dei criteri di inclusione/esclusione); valutazione del contesto all’interno del quale si svolge il patient’s journey; indicatori di processo e di esito; definizione di una fase pilota di sperimentazione e successiva disseminazione; valutazione degli indicatori di processo e di esito, risultati, verifica da parte dei case manager e poi generalizzata; follow-up con misurazione annuale degli indicatori di cui sopra, aggiornamento del documento sulla base della letteratura resasi disponibile. Tutti questi elementi rappresentano la struttura essenziale per impostare un PDTA, come richiamato anche nelle guide sui PDTA del progetto Macroscopio (osservatorio sulla cronicità) di Fondazione ReS e Pensiero Scientifico.

Come sottolineato in un documento curato dal gruppo di lavoro del progetto Forward del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario Regionale del Lazio, qualsiasi percorso di cura del malato oncologico dovrebbe tenere in particolare considerazione gli aspetti organizzativi e di sistema, nonché la situazione reale dei contesti ospedalieri e territoriali nei quali l’assistenza – in tutte le diverse fasi – dovrebbe essere erogata. Questi aspetti sono tanto più rilevanti quanto maggiore sarà, in prospettiva, l’adozione di terapie avanzate destinate a pazienti a elevata complessità.
La cronicizzazione dei tumori e la possibilità di offrire cure di più facile gestione richiamano sempre più la necessità di spostare sul territorio una parte della assistenza prevista dai pazienti con tumore; pertanto i nuovi PDTA, così come l’aggiornamento di quelli esistenti, dovrebbero delineare un percorso in linea con la riforma dell’assistenza di prossimità che si sta cercando di attuare e che riguarda anche l’ambito oncologico, in accordo alle “Linee di indirizzo sull’integrazione ospedale-territorio in oncologia” realizzate da Agenas.

Allo stesso tempo, l’introduzione nella pratica clinica dei PDTA oncologici dovrebbe essere accompagnata da un’opportuna e coinvolgente attività formativa nei confronti dei professionisti sanitari e da un’adeguata attenzione alla comunicazione nei riguardi dei pazienti che dovrebbe prevedere la raccolta sistematica dei loro “reported outcome” lungo l’intero percorso. Di tutte queste attività, il PDTA dovrebbe illustrare in dettaglio la metodologia di svolgimento.

Infine, una dimensione che nessun PDTA oncologico dovrebbe trascurare è quella relativa ai costi dei diversi percorsi e alle modalità per contenere al minimo la cosiddetta “tossicità finanziaria” a carico del malato e dei suoi familiari, anche con l’adozione di soluzioni pragmatiche capaci di ridurre l’impatto sul lavoro o dei disagi (pensiamo per esempio ai trasporti necessari) legati alle terapie.

Il documento prodotto nell’autunno 2024 dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Ruolo e competenze dell’oncologo nei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali oncologici e nella presa in carico dei pazienti oncologici è prezioso per la puntualità e il dettaglio delle raccomandazioni su tematiche specifiche e potrà servire da guida anche per la definizione di criteri e dimensioni da considerare nei PDTA di prossima redazione.
Tutte le iniziative citate dovrebbero essere integrate tra loro al fine di giungere alla definizione degli standard minimi omogenei previsti dal disegno di legge per la redazione dei PDTA oncologici. Uno sforzo intenso da parte di tutte le componenti coinvolte nel processo assistenziale dovrà tempestivamente colmare l’attuale lacunosa disponibilità di documenti-guida nelle diverse Regioni e PPAA, come passo necessario al miglioramento complessivo dell’assistenza e al superamento delle disuguaglianze nelle diverse aree del nostro Paese.

Nello Martini
Fondazione Ricerca e Salute

Carlo Piccinni

Fondazione Ricerca e Salute

Antonio Addis
Forward e Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio ASL Roma 1

25 marzo 2025
© Riproduzione riservata

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