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La storia delle Dipendenze Patologiche in Italia

di Roberto Cafiso

18 APR - Gentile Direttore,
con il decreto del 7 agosto 1980 (decreto Aniasi) diventa operativo il contrasto alla diffusione della droga in Italia con l’introduzione della tabelle sulle sostanze stupefacenti o psicotrope e con il via all’impiego del sostitutivo (metadone) all’interno dei CMAS (centri medici di assistenza sociale) istituiti in buona parte d’Italia cinque anni prima dalla legge 685 del 1975 che disciplinò per la prima volta la materia.

Da allora in poi ha inizio l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione dei tossicodipendenti attraverso centri pubblici nelle USL dell’epoca che assumeranno il nome di SERT, cioè servizi per le Tossicodipendenze. Si comincia a parlare di Medicina delle tossicodipendenze che all’interno di quella ufficiale, ma relegata qualche passo più indietro, si faceva carico dell’assistenza di coloro che assumevano principalmente eroina o derivati dell’oppio.

Questo spazio consentì sbocchi professionali nuovi, altrimenti intasati dalle ferree gerarchie sanitarie dell’epoca (primario, aiuto, assistenti) sia nei reparti ospedalieri che nelle unità operative territoriali. I medici che affluiranno ai SERT avranno formazioni svariate (psichiatri, tossicologi, infettivologi, farmacologi, internisti, eccetera) e questi servizi attraverso normative dedicate di immissione di risorse saranno potenziati progressivamente, inserendo in equipe anche psicologi (che potranno aspirare alla responsabilità del Servizio), assistenti sociali, sociologi, statistici, pedagogisti (in Sicilia) ed ovviamente infermieri e personale amministrativo.

Da allora l’approccio inizialmente ideologico al fenomeno diverrà sempre più metodologico e basato sull’evidenza, non senza attraversare conflittualità non il braccio riabilitativo del privato sociale (le comunità terapeutiche) che lo Stato incoraggerà e sosterrà in ogni modo. Le terapie nel tempo si evolveranno e quelle “miracolistiche” (l’agopuntura, la cura del sonno, l’aferesi terapeutica) via via verranno abbandonate per gli scoraggianti risultati ottenuti. Oggi è sempre più utilizzata l’induzione elettromagnetica transcranica (TMS) ed i suoi esiti si valuteranno nel tempo. Risulterà comunque sempre più evidente che il trattamento di un assuntore dovrà essere multi professionale e la gestione del Dipartimento Antidroga da parte di Serpelloni con le ricerche mutuate d’oltreoceano sottolineeranno la rilevanza degli studi con le neuro immagini, dando dignità scientifica ai processi di diagnosi, cura e riabilitazione dei consumatori che gradualmente attraverso una vasta gamma di sostanze disponibili diverranno poliassuntori con una prevalenza gradualmente più marcata di consumi di droghe“up” e il progressivo abbandono dell’eroina tuttavia da qualche anno di nuovo in ripresa. Il resto è storia recente: i nuovi consumi di sostanze sintetiche via internet, i rompicapi diagnostici nei pronto soccorso, l’abbassamento dell’età di prima assunzione, le dipendenze senza sostanze, prima tra tutte il gioco d’azzardo patologico (GAP) le cui evidenze con fMRI hanno messo in risalto la sovrapponibilità delle aree cerebrali interessate sia nei cocainomani che nei giocatori patologici.

Intanto in un settore sempre in preoccupante evoluzione di consumi sono apparsi anche in Italia il terribile crack (noto per gli effetti nefasti sul lobo frontale), il Fentanyl e il Krokodil o desomorfina nata nel 1932 negli Usa e immessa sul mercato russo ed oggi in progressiva circolazione in Europa.

In questo oceano di consumi nascono già da diversi anni le comorbilità con una serie di declinazioni non soltanto epistemologiche ma anche organizzative. Se cioè la vecchia Medicina delle Dipendenze debba essere oggi considerata una branca a se stante, autonoma, o se essa non possa fare a meno di altri contributi terapeutici vista la sottile linea di confine, spesso impercettibile, che la separa dalla psicopatologia franca, da dove l’utente entra ed esce come in una porta girevole. Sappiamo che patologie psichiche come l’ADHD o le configurazioni cerebrali e comportamentali tipiche dei seeker sensation, i disturbi della condotta confluiscono frequentemente nel tempo nell’ abuso di sostanze. E sappiamo che l’utilizzo di THC può indurre stati psicotici, ovvero innescare attacchi di panico. Il cervello è il terreno di coltura delle droghe, ma spesso l’auto medicamento degli assuntori copre screzi psichici che non si sarebbero probabilmente slatentizzati.

Oggi, perciò, le evidenze scientifiche e la diffusione delle complicanze impongono un diverso cambio di rotta ai processi di presa in carico di un utente sempre più complesso. È il momento di superare steccati dottrinali e spazi di interesse personale non utili a curare al meglio un utente, dalle urgenze-emergenze sino ai trattamenti psicoterapici o comunitari. Serve una delega ragionata di competenze ed una prevenzione dall’infanzia che isoli precocemente i fattori di rischio. Non tutti coloro che utilizzano stupefacenti ne resteranno uncinati. Il cervello cioè non nasce drogato, né predestinato. Al massimo predisposto. E i fattori familiari e ambientali possono risultare decisivi. Su ciò si dovrebbero intensificare gli sforzi, dalla Scuola dell’infanzia in poi per impedire che un disagio si trasformi in una dipendenza patologica.

Roberto Cafiso
Tavolo tecnico salute Mentale
Ministero della Salute

18 aprile 2025
© Riproduzione riservata

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