Perché non possiamo permetterci di spegnere le Scuole di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative
di Giorgio Trizzino
13 MAG -
Gentile direttore,
a distanza di appena tre anni dalla loro istituzione, le Scuole di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative rischiano di essere soppresse. Il motivo non è legato a un ripensamento clinico o scientifico. Non è dovuto a una riduzione della domanda di cure. Non nasce da un'analisi razionale dei bisogni del Servizio Sanitario Nazionale. Al contrario: accade ’nonostante tutto questo’.
Nonostante l’aumento esponenziale delle persone che necessitano di cure palliative, ‘nonostante’ il drammatico sottodimensionamento degli specialisti oggi in servizio, ‘nonostante’ la legge 38/2010 ne abbia sancito il diritto per ogni cittadino, ‘nonostante’ l’Italia sia stata tra le prime nazioni al mondo a riconoscere le cure palliative come parte integrante del sistema pubblico di salute.
Scrivo questa lettera anche con un carico personale di responsabilità: sono stato il parlamentare che ha fortemente voluto e sostenuto, fino all’approvazione definitiva, il provvedimento che ha istituito le Scuole di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative. Per questo oggi non posso restare in silenzio di fronte al rischio concreto che quelle scuole vengano chiuse o ridimensionate per mancanza di iscritti e per difficoltà organizzative. Sentirei, io per primo, il peso di un fallimento — e non per motivi politici, ma per ragioni etiche, professionali e umane.
Ad oggi, solo 12 Atenei italiani su 37 hanno ottenuto l’accreditamento per questa scuola di specializzazione. E il rischio concreto è che quel numero possa persino diminuire. Se così sarà, ci troveremo di fronte non solo a un fallimento organizzativo, ma a un arretramento culturale. Non possiamo affidarci al caso o alla buona volontà di singoli docenti per formare specialisti in una disciplina che richiede competenze complesse, multidimensionali e un’integrazione profonda tra sapere clinico, etico e relazionale.
Le cure palliative sono una frontiera avanzata della medicina contemporanea. Non sono “l’ultima spiaggia” di chi ha fallito, ma il luogo alto in cui la medicina si prende cura quando non può più guarire, e accompagna quando non può più intervenire in senso risolutivo. Formare specialisti in questo ambito significa preparare professionisti capaci di affrontare il dolore fisico, quello psicologico, la sofferenza esistenziale, la paura della morte, la solitudine dei familiari. Non si tratta solo di una competenza clinica: è una competenza umana, culturale, profondamente civile.
La mancata attivazione delle Scuole di Specializzazione rischia di compromettere in modo irreversibile la tenuta delle Reti di Cure Palliative su tutto il territorio nazionale. Il fabbisogno stimato di specialisti è di gran lunga superiore all’attuale capacità formativa, e paradossalmente la risposta istituzionale è la riduzione — o addirittura l’eliminazione — dei percorsi formativi. È un paradosso che non possiamo accettare.
A questo proposito non possiamo non ricordare le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lo scorso novembre, ricevendo una nostra delegazione al Quirinale, ha rivolto un appello chiaro e autorevole a sostenere le cure palliative, riconoscendone il valore umano e civile, e richiamando le istituzioni a farsi carico con responsabilità del loro sviluppo. Un appello che oggi rischia di restare lettera morta se non si interviene subito.
Ci rivolgiamo con forza al Ministero dell’Università e della Ricerca, al Ministero della Salute, agli Atenei, alle Regioni e a tutti i soggetti coinvolti: *intervenite subito*. Rivedete i criteri di accreditamento, fornite strumenti concreti alle università per strutturare percorsi formativi adeguati, investite sulle Reti formative integrate con i servizi territoriali. Se è vero — com’è vero — che non si può curare senza formazione, allora è tempo di decidere da che parte stare: dalla parte dei pazienti e del loro diritto alla cura, o dalla parte della rinuncia.
Perdere oggi le Scuole di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative non sarebbe solo una sconfitta per i professionisti del settore. Sarebbe un arretramento etico e civile per tutto il Paese. E sarebbe una ferita — stavolta sì, incurabile — inferta proprio a chi ha più bisogno di non essere lasciato solo.’’
Giorgio Trizzino
13 maggio 2025
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