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Articolo 32, un diritto dimezzato: allarme chiarissimo che non può passare in sordina 

di Giuliana Morsiani

14 MAG -

Gentile Direttore,
è questo un mondo in cui le stranezze non mancano: da una parte abbiamo studiosi che ci propongono exit strategy per frenare il decadimento in cui la sanità sta continuando a cadere e dall’altra abbiamo, a parte poche eccezioni, una sanità silente, quasi apatica, prigioniera dei suoi riti e dei propri piccoli interessi dedita esclusivamente alla coltivazione dei loro piccoli orti.

Eppure, il titolo “Art 32. Il diritto dimezzato” (Castelvecchi 2015), dell’ultimo libro del prof Cavicchi è un allarme chiarissimo che non può passare in sordina. Se lo sarà per noi, non lo sarà per le future generazioni che ci ricorderanno per le nostre incapacità nel non aver fatto abbastanza per frenare questo dimezzamento e smontato il SSN. È vero, il problema è molto, molto complesso, ma una strada che potrebbe salvare l’art. 32 è possibile e, a parte poche pregevoli eccezioni (Agnetti, Pizza, Quartini, Turi), tutti sembrano per lo più non considerarla, indifferenti alla sua portata politica e in qualche caso, si intuisce, perfino infastiditi. Parlo delle principali istituzioni che si occupano di sanità, dei partiti, dei sindacati, degli ordini e dei vari esperti (Asiquas, Gimbe), cioè gli ormai proverbiali “bagnini” che ormai tutti citano nei convegni per indicare chi vorrebbe salvare la sanità, ma che non riescono a disegnare una exit strategy comune.

È come se fossimo arrivati (questa è la mia sensazione) ormai ad una sorta di battaglia finale tra il male e il bene e tutti sono rassegnati a perderla. Tutti la danno ormai per persa, nonostante la consapevolezza delle sue terribili conseguenze.

La meraviglia va in prima battuta alle forze politiche come il PD, oggi impegnate in prima linea a difendere la sanità pubblica, mentre ieri (negli anni 90), come ci ha spiegato proprio il prof. Cavicchi con i suoi libri, è stato il principale partito che ha posto le basi del dimezzamento dello stesso dell’art. 32. Cioè proprio il partito che nella sua idealità era a difesa degli ultimi, ha messo a mercato il diritto facendo loro pagare il prezzo più alto. Oggi ormai la sanità pubblica è diventa per gli ultimi un servizio compassionevole, mentre per chi può, paga.

Ma la stessa stranezza e lo stesso disagio di cui ho appena parlato tra la necessità di avere una exit strategy e l’indifferenza del mondo della sanità la vivo tutti i giorni nei vari convegni o nei vari congressi che mi capita di frequentare. In questi luoghi dove si parla dei tecnicismi o degli indirizzi di politica professionale si resta confinato nella questione della sanità come servizio e non si pone la questione del diritto alla salute. Non si parla che il diritto alla salute non è più un diritto fondamentale e che è diventato un mezzo diritto e non si parla neppure della possibilità che esso può tornare ad essere un grande diritto, a condizione di unire le forze per pensare e mettere in campo una grande riforma. L’operazione da fare è svecchiarsi del pensiero vecchio e ragionare con una logica inclusiva, in considerazione degli articoli della Costituzione riguardante l’ambiente e l’economia (art. 9 e 41) e insieme agli impegni medico-sanitari inglobarli e reinterpretarli in chiave co-evolutiva con il contesto attuale verso un diritto al benessere e ben-vivere che l’autore del libro chiama il meta-diritto.

Tuttavia, la distanza che separa il mondo sociale condannato nella tragedia del dimezzamento del diritto dei cittadini e il mondo professionale ripiegato nella realtà della sanità sembra incommensurabile. Questi due mondi non sono più allineati e in questo iato si è in caduta libera. Eppure, il mondo intellettuale sta dando la possibilità di salvarsi, ma nessuno lo prende seriamente in considerazione e allora, la sensazione di essere arrivati quasi al capolinea diventa opprimente.

Una situazione confermata anche dalla chat “medicina e potere” che seguo da quando è nata, quindi da non molto tempo e per mezzo della quale si confronta tutta la sinistra dei diritti, in particolare quella che difende l’art 32. In questa chat si è data notizia dell’ultima fatica del prof Cavicchi, sono stati pubblicati due articoli importanti, ma non si è andato oltre, come se anche su questa chat fosse calata la rassegnazione.

Per cui il tentativo di salvare l’art. 32 con il meta diritto, anche a sinistra, sembra caduto nel vuoto. Se anche i guardiani dell’art. 32 mollano la presa e lasciano correre, che speranza c’è di salvare l’art. 32 per davvero?

Naturalmente proprio perché vedo alla fine nel nostro dibattito interno più rassegnazione che spirito di battaglia, un encomio lo rivolgo a chi ho citato prima, che, al contrario, hanno compreso la drammaticità della situazione e avuto il coraggio di esprimersi.

Ma mettendo insieme tutto ciò, se penso alla nostra sanità da una parte mi accorgo di una grande incoscienza, dall’altra ho la sensazione che ognuno di noi sia dentro un suo rito e, anche difronte al rischio del lupo, non sia per niente disposto a muovere un dito e a dare una mano e quindi ad incoraggiare il disperato tentativo di salvare il mezzo diritto rimasto.

A me pare che la grande contraddizione in cui è caduto suo malgrado il prof. Cavicchi e che lui propone una exit strategy per salvare il mondo, ma in realtà l’interesse di salvare il mondo viene post posto perché costretti a cambiar troppe cose, troppo faticoso e disruptive, che interessa il singolo in prima persona nel rinunciare a coltivare i propri orticelli. E siccome cambiare costa fatica e si rischia di perdere la propria identità, i propri ruoli alla fine si preferisce lasciare tutto così come è. Entri il lupo e faccia razzia fino in fondo.

Il caso più evidente è a proposito di art. 32 Asiquas, punto di riferimento di conoscenza importante, che per ragioni professionali seguo molto, tra i primi a saltare sul carro di One Health (anche per me la scoperta dell’acqua calda), ma che difronte alla proposta avanzata dal prof. Cavicchi che su questa teoria ha dimostrato la sua inconsistenza e arretratezza, non ha detto nulla, nel tentativo con il proprio silenzio doloso di cancellarne il pensiero e continuar a fare a sua volta i propri riti.

Se in sanità è la nostra intellighenzia che tace, sull’intellighenzia allora siamo messi davvero male.

Però un piccolo spiraglio lo intravedo. Questo è confidato nell’ingresso in pista del M5S. Ho davvero apprezzato la presentazione al libro del prof. Cavicchi di Giuseppe Conte. IL M5S forse è l’unico che può assicurare il colpo d’ala che ci serve per l’assenza di responsabilità dirette sulle controriforme del passato.

E concordo anche sulla differenza tra il problem solver e un riformatore, chiarita da Pizza all’onorevole Quartini e in questa differenza il colpo d’ala deve essere per davvero un colpo d’ala, casomai confrontandosi con chi è navigato nel mondo della sanità ed alzare ulteriormente il tiro delle proposte finora avanzate.

Personalmente se il M5S resta al di sotto della sfida lanciata dal Prof. Cavicchi con il suo libro, cioè al disotto delle necessità che giustificherebbero una exit strategy, alla fine non vedo sostanziali differenze con il PD.

Anzi la posizione del M5S si caricherebbe di responsabilità aggravanti perché, a questo punto non potrebbe dire, come negli anni 90 con il PD che apriva le porte al mercato, io non c’ero. Ora il M5S c’è, ma il rischia di presentarsi sulla spiaggia come l’ultimo bagnino, a sua volta non in grado di nuotare contribuendo a far affondare la sanità e l’art. 32, è concreto.

Arrivati a questo punto di avanzamento, il M5S, volente o nolente, “nell'accettare di stringere una preziosa alleanza in direzione di un indirizzo riformatore” come dichiarato da Conte, oggi ha una grande responsabilità politica: quella di decidere come principale attore, (non il PD), le sorti della partita a patto che guardi più in alto, al meta-diritto come disegnato da chi viene considerato un vero riformatore, “uno dei più profondi conoscitori della realtà sanitaria italiana” per Conte e che nello sforzo congetturale, ideatorio, progettuale ha delineato l’unica exit strategy ad oggi presente, se non l’unica possibile.

Giuliana Morsiani

14 maggio 2025
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