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Il Tso, tra diritti astratti e veri  

di Pier Luca Bandinelli

10 GIU - Gentile Direttore,
ho sempre avuto il massimo rispetto per le istituzioni e per il principio che le sentenze debbano essere rispettate. Ma il rispetto è una cosa, e il fatto che una sentenza possa essere criticata, con motivazioni adeguate, è un altro. Questa è una mia considerazione su come si sia espressa la Corte Costituzionale sul TSO, e chi la dovesse leggere, se è al corrente dell'argomento, e soprattutto non in senso astratto, potrà valutare ciò che dico ed esprimere anche in modo acceso, ma rispettoso e argomentato, le sue critiche.

In estrema sintesi e semplificazione, con articolati e dotti riferimenti normativi, la Corte Costituzionale ha sollevato delle questioni di legittimità e validità del TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) quando al paziente per il quale è stato effettuato tale provvedimento, lo stesso non gli sia stato adeguatamente comunicato e formalizzato e, soprattutto, se il Giudice Tutelare, oltre alla sua ratifica sugli aspetti formali dell'atto, non si sia recato nel reparto ospedaliero dove è ricoverato il paziente, per le comunicazioni di rito e per ascoltarlo.
Tutto ciò a garanzia del paziente e per la sua possibilità (già prevista e sacrosanta) di opporsi all'atto.

Le mie considerazioni sono molto semplici e di chi ha lavorato per 30 anni in un reparto psichiatrico ospedaliero e non è vissuto nella astrazione e rarefazione di una torre di avorio. E mi chiedo come ci si possa esprimere senza conoscere la realtà delle cose, in modo meramente teorico, solo sulle carte.

Per il paziente esistono già molte garanzie sulla opportunità clinica di un TSO. Deve essere proposto da un medico (secondo criteri e caratteristiche ben stabiliti dalla legge "Basaglia" e quindi di massima garanzia), deve essere successivamente convalidato da uno psichiatra della struttura ospedaliera pubblica. Copia di proposta e convalida vanno inviati ad un apposito ufficio del Sindaco, che, a questo punto emette una Ordinanza (con numero di protocollo) che torna nel reparto dove è ricoverato il paziente e custodita nella sua cartella clinica.

Una copia dell'Ordinanza viene trasmessa all'Ufficio del Giudice Tutelare (attenzione adesso alle parole che seguono) che deve limitarsi a verificare che tutti gli aspetti formali dell'atto siano stati esauditi, per poi ratificarlo.

Il paziente, come già detto, tramite i suoi legali può opporsi al TSO.

Chiariti questi punti esporrò le mie critiche, senza alcuna riserva, su quanto espresso dalla Corte Costituzionale, nel suo essere avulsa da ogni realtà, almeno su questo argomento.

1) Quali sono le competenze cliniche di un Giudice Tutelare nel valutare la liceità, gli aspetti sostanziali di un TSO su un piano psicopatologico ?

2) Nelle grandi città è pensabile che un Giudice Tutelare si rechi a vedere tutti i pazienti in TSO di tutti gli ospedali ? E casomai in quanto tempo ? E in quel tempo in cui il TSO è per così dire "in sospeso", se il paziente chiede di essere dimesso, e si ravvisa un grave rischio per sé e per altri per questa dimissione, come ci si comporta ? Lo si trattiene con la forza, rischiando di fare o farsi del male ?

3) E se il Giudice Tutelare per qualche motivo, (per definizione senza alcuna competenza clinica), mosso da inesperienza nel campo, da ingenuità o da inganno da parte del paziente, decide di annullare il TSO ? E a questo punto il paziente chiede di essere dimesso ? Ricordo al lettore che lo psichiatra ha una posizione di garanzia rispetto al paziente (TSO o meno che sia).
Se in seguito all'annullamento del TSO ravviso un pericolo o gravissimi rischi per il paziente o per altri, se esce dal reparto di ricovero, con quali mezzi legali impedisco al paziente di poter essere dimesso ? (Vedi le conclusioni del punto precedente).

4) Chi si è espresso in questi termini ha mai visto un paziente in fase acuta ? Ha mai avvertito cosa c'è nei suoi occhi, nel suo agire, nel fondo dei suoi pensieri ? Chi ha scritto le parole di quella sentenza ha la contezza di cosa sia un delirio o una allucinazione, la violenza allo stato puro ? E quanto tutto ciò comprometta la capacità di comprendere i dati della realtà circostante ed agire di conseguenza ? E quindi anche di comprendere il significato di un TSO.

Questa sentenza riporta ancora una volta il tema del politicamente corretto, delle garanzie astratte a tutti i costi, senza la considerazione che esistono situazioni "forti" nella vita, incontrollabili, e che richiedono interventi altrettanto forti, ovviamente rispettosi della dignità della persona.

Impedire, poter annullare o semplicemente rendere difficile l'esecuzione di un TSO, equivale ad impedire ad un chirurgo di operare un paziente affetto da appendicite acuta, o, ancora peggio, accusarlo di volerlo accoltellare all'addome con il bisturi.
Chi parla in astratto su certi temi, ha già perso il contatto con la realtà vivente.

Penso che sarebbe doveroso, direi obbligatorio, nella carriera di chi dovrà esprimere giudizi su alcune materie, un periodo di osservazione diretta sulla realtà delle cose su cui dovrà dare pareri vincolanti.

Dott. Pier Luca Bandinelli
Neurologo e Psichiatra (Roma)

10 giugno 2025
© Riproduzione riservata

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