Gentile Direttore,
l’allarme lanciato dal paziente torinese su La Stampa (2 luglio 2025, Cronaca di Torino), che descrive le notti in reparto come un “incubo” a 32°C, non è un caso isolato, ma l’ennesimo drammatico segnale di una crisi sistemica. Come già evidenziato su queste pagine dal Presidente della Società italiana di medicina di emergenza urgenza - SIMEU, le temperature insostenibili che colpiscono ospedali e ambulatori italiani non sono più l’eccezione, ma la norma estiva. Questa situazione rende diOicile, se non impossibile, garantire cure sicure e dignitose a pazienti e personale stremato.
Il clima che cambia è già un’emergenza sanitaria L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiarito: la crisi climatica è una delle maggiori minacce alla salute globale. In Italia, gli effetti sono già tangibili: aumento dei colpi di calore, aggravamento di patologie croniche, diffusione di nuove malattie e impatto sulla salute mentale. L’Italia manca ancora di un vero approccio integrato tra politiche sanitarie e climatiche, mentre i professionisti della salute possono e devono giocare un ruolo chiave nel promuovere un cambiamento sistemico: migliaia di morti evitabili ogni anno, città ad alta vulnerabilità climatica e un sistema sanitario impreparato, non protetto e con scarsa resilienza energetica.
La cosa più preoccupante è la quasi totale assenza di valutazioni di impatto climatico sulle strutture sanitarie, nonostante l’Italia sia tra i Paesi europei con i tassi di mortalità più elevati legati al caldo. C’è una palese mancanza di coordinamento tra politiche sanitarie e climatiche, un gap che ci espone a rischi inaccettabili.
L’Italia è senza un piano, l’Europa agisce Mentre il nostro Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), dopo dieci anni di attesa, ignora azioni vincolanti e finanziamenti mirati per la sanità, l’Europa si muove con maggiore coerenza. Programmi come EU Mission on Adaptation to Climate Change, EU4Health, LIFE e Horizon Europe finanziano interventi per la resilienza sanitaria, promuovono audit climatici degli edifici e incoraggiano la costruzione di ospedali sostenibili.
Eppure, l’Italia non ha ancora una governance sanitaria sul clima che ci permetta di accedere sistematicamente a queste opportunità vitali. Le nostre iniziative restano isolate e disomogenee, lasciando operatori e pazienti in balia di un clima sempre più estremo.
Serve un piano nazionale strutturale e operativo L’estate 2025 è solo l’ennesimo campanello d’allarme. Per proteggere la salute pubblica in un clima che cambia, è urgente e non più rimandabile:
È quindi fondamentale che gli operatori sanitari siano formati sui rischi climatici e diventino “advocates” per la giustizia climatica, contribuendo a ripensare radicalmente le strutture di cura come luoghi sicuri, sostenibili e pronti al futuro.
La sanità è un’infrastruttura critica. In un Paese dove reparti e ambulatori si trasformano in serre estive e dove il personale lavora in condizioni proibitive, il cambiamento climatico non è più una minaccia futura, ma una crisi attuale. Affrontarla non è più una scelta tecnica, ma una responsabilità politica e morale che non possiamo più eludere.
Dott. Barbero Francesco
Infermiere