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QS Edizioni - venerdì 17 maggio 2024

Lavoro e Professioni

"Pillola del giorno dopo" e obiezione di coscienza del farmacista. Il Cnb si spacca

immagine 25 febbraio - Posizioni divergenti nel Comitato nazionale di bioetica che si è espresso oggi in merito alla possibilità che un farmacista possa negare il farmaco contraccettivo d'emergenza  per motivi di coscienza. Mentre c’è accordo sul fatto che, in caso di un eventuale riconoscimento per legge di tale diritto, debba essere comunque garantito anche il diritto della donna ad accedere al farmaco.
 
Ecco il comunicato ufficiale del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) diffuso oggi dalla Presidenza del Consiglio. Ricordiamo che il Cnb svolge sia funzioni di consulenza presso il Governo, il Parlamento e le altre istituzioni, sia funzioni di informazione nei confronti dell’opinione pubblica sui problemi etici emergenti.

“Il Comitato Nazionale Bioetica (CNB) con il documento, oggi votato in plenaria, dal titolo “Nota in merito alla obiezione di coscienza del farmacista alla vendita dei prodotti contraccettivi di emergenza”, risponde ad un quesito formulato dall’On. Luisa Capitanio Santolini in merito alla clausola di coscienza invocata dal farmacista per non vendere quei prodotti farmaceutici di contraccezione d’emergenza anche indicati come “pillola del giorno dopo”, per i quali nel foglio illustrativo non si esclude la possibilità di un meccanismo d’azione che porti all’eliminazione di un embrione umano.
Il Comitato ha ricordato in via generale che l’obiezione di coscienza, che ha un fondamento costituzionale nel diritto generale alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza, deve pur sempre essere realizzato nel rispetto degli altri diritti fondamentali previsti dalla nostra Carta costituzionale e fra questi l’irrinunciabile diritto del cittadino a vedere garantita la propria salute e a ricevere quella assistenza sanitaria riconosciuta per legge.

In merito al problema specifico all’interno del CNB sono emersi orientamenti bioetici differenti.
Alcuni membri, evidenziando plurime ragioni, hanno soprattutto ritenuto che si possa riconoscere al farmacista un ruolo ritenuto riconducibile a quello degli “operatori sanitari” e che pertanto, in analogia a quanto avviene per altre figure professionali sanitarie (l. n. 194/1978 e l. n. 40/2004), debba necessariamente essere riconosciuta anche a questa categoria professionale il diritto all’obiezione. Il fatto che il farmacista svolga un ruolo “meno diretto” rispetto a chi pratica clinicamente l’aborto non è stata ritenuta ragione sufficiente per invalidare l’argomento a favore della clausola morale, dato che la consegna del prodotto contribuisce ad un eventuale esito abortivo in una catena di causa ed effetti senza soluzione di continuità.
Altri membri hanno ritenuto, fra le diverse ragioni, che non si può assimilare la figura del farmacista a quella del medico, dato che il rapporto con l'utente è generico: è la ricetta che legittima la consegna del farmaco e non l'identità della persona che lo ritira. Tutte le responsabilità gravano, quindi, sul medico, mentre non vi è alcun coinvolgimento giuridico del farmacista, il quale non ha potere di entrare nel merito delle scelte effettuate. Se si riconoscesse al farmacista il diritto all'obiezione di coscienza, è stato osservato, gli si conferirebbe insieme il diritto sia di censurare l'operato del medico; sia di interferire pesantemente nella sfera privata e più intima di un soggetto (la donna, nell'ipotesi del contraccettivo di emergenza), impedendone di fatto l'autodeterminazione.

A fronte dell’ipotesi che il legislatore riconosca il diritto all’obiezione di coscienza del farmacista e degli ausiliari di farmacia, i componenti del CNB si sono trovati d’accordo che, nel rispetto dei principi costituzionali, si debbano considerare e garantire gli interessi di tutti i soggetti coinvolti, come generalmente previsto in situazioni analoghe. Presupposto necessario e indispensabile per l’eventuale riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza è, dunque, che la donna debba avere in ogni caso la possibilità di ottenere altrimenti la realizzazione della propria richiesta farmacologia e che spetti alle Istituzioni e alle Autorità competenti, sentiti gli organi professionali coinvolti, prevedere i sistemi più adeguati nell’esplicitazione degli strumenti necessari e delle figure responsabili per la attuazione di questo diritto”.
 
25 febbraio 2011
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