31 gennaio -
Gentile Direttore, ho letto la
lettera della collega Luisanna Cola e l'allegato articolo di
QS, ma perché i sanitari si dimettono? Perché queste professioni non sono più attraenti? Provo a esporre le MIE motivazioni, senza la pretesa che, le stesse, siano condivisibili; sono le motivazioni che, anni fa, mi portarono a dimettermi, in concomitanza con altri 12 colleghi ortopedici, dipendenti di una prestigiosa AO emiliana.
1) Mancanza di inclusione, intendendo come inclusione la capacità di sentirsi parte di un gruppo, appartenere ad un “TEAM”, sia esso un gruppo di persone o, un’istituzione, sentirsi parte di un progetto comune, sentirsi accolti e non respinti o ignorati. Perché quello che conta, attualmente nel SSN, sono gli obiettivi da raggiungere, tagliare le liste d’attesa, eseguire più visite nell’unità di tempo, anche se questo implica lavorare con maggior stress, lavorare più ore, con il rischio di commettere errori o andare in burn out… ti senti proprio svuotato, “bruciato”, mai termine fu più azzeccato!
2) Mancanza di meritocrazia. IO non mi reputo e NON SONO un Dirigente di I /II livello (dizione prettamente “fordista/aziendalista”), i dirigenti li trovo nelle aziende, NON negli ospedali o nei poliambulatori. Non sono dirigente in quanto non decido NULLA, ma SUBISCO “dictat” imposti dall’alta dirigenza, dai lineaguidari o da qualsivoglia "burocrate" che, incontri ravvicinati del terzo tipo con un paziente, non ne hanno mai avuti e MAI ne avranno, che un intero turno in un PS italico, mai l’hanno fatto e mai lo faranno, quindi non possono comprendere la realtà fattuale di una U.O! IO SONO UN MEDICO e ho studiato per esercitare l’Ars Medica. Per quella, ci vogliono la competenza, la lungimiranza, la ponderatezza, la solida forza di una professionalità che si acquisisce negli anni, supportata dall’esperienza di un valido “Maestro di bisturi” che ti insegni non solo le tecniche chirurgiche, ma un “modus operandi”.
Le varie riforme che si sono succedute tutto questo patrimonio lo hanno azzerato, ora rimani dirigente (dirigente con la d minuscola!) di I livello a vita e l’attuale Direttore di struttura complessa ha nettamente meno prestigio e capacità decisionale rispetto al Primario “vintage”. IO preferivo di gran lunga la vecchia” triade gerarchica verticale (Assistente, Aiuto, Primario), anche se presentava dei limiti noti a tutti, ma creava una Scuola e, all’orizzonte, intravedevi una progressione di carriera. Ora la prospettiva è una carriera polverizzata!
3) Mancanza di flessibilità. Il lavoro ospedaliero non offre sufficiente flessibilità per quanto riguarda l’orario di lavoro e le ferie, con scarsa attenzione alle esigenze e alle situazioni personali, particolarmente per le donne medico che si devono destreggiare con genitori anziani, disabili, bambini. Nessuno ha mai pensato ad asili nido compatibili con gli orari antisociali dei sanitari all’interno degli ospeali? RIBADISCO, compatibili con gli orari dei sanitari che, ricordo, lavorano su 3 turni! Tutti a riempirsi la bocca di slogan ma, all’atto pratico, ti lasciano SOLA!
4) Mancanza di tempo per visitare i pazienti. Vi sembra etico visitare 44 pazienti in 4 ore, in un ambulatorio divisionale di un Policlinico emiliano, in presenza di 1 solo ortopedico, che fa la spola fra 3 ambulatori, è questa la Medicina intesa dai DG? Mancanza di tempo per sviluppare un adeguato tutoraggio sanitario, nei confronti delle generazioni Z, esacerbando conflitti intergenerazionali, con la persistente incompatibilità tra l’etica del lavoro, le aspettative e le fonti di motivazione di generazioni diverse. Le giuste richieste dei medici di nuova generazione per cambiamenti più rapidi e la difficoltà di “tenere il passo” con queste richieste, da parte dei sanitari boomers o della generazione X.
5) Cultura del lavoro tossica. Problemi come mobbing, discriminazioni, aggressioni, conflittualità fra colleghi e con i pazienti, soprattutto legate ai tagli drastici eseguiti nei vari decenni dai vari politici/DG, DS che hanno drasticamente ridotto PL e primariati, accorpato U.O, in virtù di una fantomatica spending review (da notare che, dietro ogni termine inglese/latino, si nasconde sempre un “inghippo”!).Il ridimensionamento più significativo nel SSN si è verificato da circa 15 aa. Anni bui nei quali le scelte di programmazione sanitaria sono state succubi del Ministero della Economia e delle Finanze. Si è intervenuti principalmente sul contenimento del costo del personale, con la fissazione del tetto di spesa, ancora oggi in vigore decretando l’inizio della fine del SSN! Si lavora in ambienti grigi, scarni, insicuri, dove prevale l’alto stress e il superlavoro, che inducono all’errore sanitario ed impediscono la nascita di idee creative ed innovative.
La mancanza di un adeguato supporto per le cure primarie ha portato, porta e porterà ad inondare i PS di una “marea” di pazienti che il poco personale sanitario rimasto, non sarà in grado di fronteggiare adeguatamente ed i CAU purtroppo, non sono/saranno la soluzione!
6) Mancanza di motivazione. Incapacità di fornire un significato “vero” al proprio lavoro, con meccanismi di feedback e apprezzamenti carenti e inadeguati. In sanità non si lavora solo per lo stipendio mensile, ma soprattutto per la gratificazione, la soddisfazione personale e per curare il malato, non l’utente, ma il MALATO! Scarsissimi spazi di manovra e di iniziativa possibile per i medici, asserviti a tecnocrati che prendono decisioni apodittiche, senza MAI consultare il personale sanitario, ma soprattutto nessun riconoscimento e succubi di montagne di scartoffie da compilare, con una burocrazia digitale che si aggiunge, non sostituisce, quella cartacea! Come medico, sono stato demansionato a compilare pratiche amministrative che non mi competono, con monitoraggi trimestrali inutili, indicatori inapplicabili, schede di budget assurde, raggiungimento di obiettivi spesso inattuabili e che non valutano alcun merito. Ormai si combatte quotidianamente con tutta questa infinita “fuffologia burocratica”, imposta da management inadeguati al ruolo.
7) Mancanza di adeguati incentivi finanziari, valutazioni insufficienti dei talenti e scarsa propensione a riconoscere le potenzialità del sanitario. Stipendi assolutamente inadeguati al ruolo, alle funzioni ed alle responsabilità, che non tengono il passo con il costo della vita. Scale salariali ingiuste e disuguaglianze salariali sproporzionate, fra DG, DS, DA Vs le varie equipe mediche e chirurgiche. Frequentare programmi di formazione inadeguati. Lavorare in H ha senso quando senti di aver fatto la differenza ed aver portato a termine un buon lavoro, NON quando ti senti e vieni trattato e considerato come uno “Servo della gleba”, la conseguenza legittima è la fuga dalla professione e le dimissioni volontarie.
8) Una irritante e odiosa medicina fatta di sterili slogan. “Il malato al centro”; sì, ma al centro di un bersaglio di disservizi, creati ad arte da burocrati, “lineaguidari” (copyright prof. Cavicchi) che invece di coniugare scienza medica, sapere umanistico, tecnologia perorano un aziendalismo esasperato, il cui fine ultimo è il risparmio, la razionalizzazione ed i tagli. Riconosco che i numerosissimi successi in tutti i campi delle scienze biomediche hanno portato ad un esponenziale incremento dei costi, che condiziona la sostenibilità di un’assistenza sanitaria gratuita per tutti, ma ciò non toglie che l’efficientamento economico ha condotto ad una organizzazione centrata SOLO sulla malattia e non sul malato, con un percorso di cura parcellizzato, senza un chiaro riferimento alla persona, in cui la fanno da padrona le linee guida ed inadeguati protocolli; ma, IO MEDICO, non ho mai incontrato un paziente uguale ad un altro ed allora perché devo applicare improponibili LG? Basterebbe attenersi alle raccomandazioni ed alle buone pratiche accreditate, liberando il medico da tanti lacci e lacciuoli, a cui si deve attenere perché, a mio modesto avviso: “Vi è sempre una quota d’imprecisione, nella precisione delle LG”.
In conclusione, faccio un “MEA Culpa”, ossia aver accettato passivamente, nei decenni precedenti, tutte le regolamentazioni imposte dalle strategie aziendali, dai cosiddetti “manager illuminati” che hanno imposto: “Meno ricoveri, meno ricette, meno farmaci, ricoveri BREVI, dimissioni precoci, 44 visite in 4 ore, dimissioni di pz. in prima, seconda giornata…anzi dimetteteli prima ancora di averli operati”; si legge più appropriatezza, si scrive, RISPARMIO!! Peccato però che la firma sulla lettera di dimissioni sia la MIA ed io mi assuma TUTTE le responsabilità del caso.
Considerato che SONO IO IL MEDICO e mia è la RESPONSABILITA’ DELLA CURAI, come recita l’art. 4 del cod. deontologico: “L’esercizio professionale del medico è fondato sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità. Il medico ispira la propria attività professionale ai principi e alle regole della deontologia professionale senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura. Pertanto, auspico il ritorno ad una medicina impareggiabile, come afferma il Prof. Cavicchi, che coniughi, umanità, empatia, efficacia, compassione ed in grado di trasmettere al paziente il “Solatium”, la consolazione, il sollievo, il conforto, il soccorso, chiamatelo come volete ma, tradotto in 3 parole: “IL Sollievo della Medicina”; in pratica, VOGLIO TORNARE A FARE IL MEDICO-CHIRURGO, per questo mi sono dimessa!
Dr.ssa Mirka Cocconcelli Chirurgo ortopedicoBologna