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QS Edizioni - sabato 15 marzo 2025

Lettere al Direttore

Medico di famiglia: da professionista a dipendente ignorando il codice deontologico?  

di Marcello Valdini
immagine 11 febbraio -

Gentile Direttore,
la cifra intimistico-missionaria del Medico di Famiglia (MdF o MMG), non solo “di una volta” ma già di appena una manciata di anni fa, è in stato agonico e il suo exitus coinciderà con la prospettata riforma che lo porterà alla dipendenza.

Se guardiamo al cammino fatto dalla medicina di piena prossimità/intimità (il medico che ti accompagnava dalla culla alla tomba) negli ultimi 70 anni, notiamo un progressivo allentarsi del rapporto medico-paziente; da tanto stretto da comprendere anche rapporti confidenziali non medici (mio padre ricordava che talora gli era richiesto aiuto nello scambio della corrispondenza personale) a tanto largo da rasentare l’anonimato.

Negli ultimi anni la carenza di medici ha fortemente indebolito la facoltà - costituzionale e deontologica - della libera scelta del medico e il Covid ha fatto la sua parte nella gestione quotidiana dei rapporti, sempre più affidati alla telemedicina con reattivo inaridimento dei contatti interpersonali.

Dal medico che visitava a domicilio il proprio paziente anche solo modicamente febbrile, dalla regolarità delle visite notturne e festive gradualmente si è passati alla Guardia Medica notturna, festiva e prefestiva; dal medico che suturava ferite, cateterizzava i prostatici in ritenzione urinaria, sedava le coliche addominali si è giunti all’invio al Pronto Soccorso per un elevato numero di prestazioni, tra cui anche quelle appena ricordate.

Certo, la specializzazione ha il vantaggio di un atto medico migliore ma anche lo svantaggio della parcellizzazione della fiducia e del rapporto originariamente duale.

Non mi si fraintenda, non esclamo O tempora, o mores; constato e mi chiedo se quel plus di cura che deriva dall’umanismo medico di una volta è destinato a sopravvivere solo nella memoria di chi è già prossimo a esaurirsi.

Il Codice di Deontologia Medica in vigore all’art. 20 (2° co.) afferma che “il tempo della comunicazione è tempo di cura” (concetto peraltro integralmente ripreso dall’8° co. della legge 219/2017), ove per comunicazione si intende il colloquio vis-à-vis, magari anche con una mano sulla spalla, che non è paternalismo ma condivisione della sofferenza.

Tra dolore e sofferenza la differenza è grande; il dolore risente positivamente del farmaco, la sofferenza è un tarlo silenzioso fuori ma che urla dentro e che non conosce lenimento ma solo compassione.

Il Codice Deontologico insegna questo, ricorda al medico il suo ruolo non di mero prescrittore di antidolorifici ma anche di distributore di com-passione (cum-pati = patire insieme con).

Il viraggio alla dipendenza comporta il passaggio dal paziente-che-chiede-e-decide all’azienda-che-decide, con la coartazione della libera scelta del medico, il suo collocamento all’interno di un organigramma comprendente luogo e orari di lavoro, colleghi-sostituti, ausiliari pure assunti e diretti dall’azienda; presumibile anche una organizzazione gerarchica con un dirigente-responsabile e relativi “sottoposti”. In pratica una spedalizzazione senza letti e senza pareti. Che queste ipotesi abbiano un qualche riscontro concreto lo si evince dal Dataroom che Gabanelli e Ravizza hanno dedicato al tema sul Corriere della Sera del 3 u.s., ove fanno esplicito riferimento a una “bozza di riforma che può segnare una svolta epocale”: “In pratica il me­dico di famiglia dovrà seguire le indicazioni del distretto, alternando quindi l’attività ri­volta ai propri assistiti con quella messa a disposizione di tutti, cioè anche per visita­re, fare vaccinazioni e rispondere alle ne­cessità dei pazienti degli altri medici di base della zona.

In questo modo verrà garantita ai cittadini la presenza di un medico di fa­miglia durante l’intera giornata e tutta la settimana. Il luogo di lavoro privilegiato sa­rà nelle Case della Comunità, ma anche in altri ambulatori pubblici che le Regioni do­vranno mettere a disposizione per assicura­re la capillarità dell’assistenza: nessun Co­mune, neppure il più piccolo, dovrà rima­nere sguarnito. Contrariamente a quanto sostengono i detrattori della riforma, i pazienti non dovranno rinunciare al proprio medico di fiducia, ma vedranno la sua atti­vità affiancata a quella di altri colleghi.” che tradotto significa che quando il paziente del dr. M. R. ha bisogno di lui mentre è impegnato a “rispondere alle ne­cessità dei pazienti degli altri medici di base della zona” al suo posto troverà un altro medico.

Marcello Valdini
Medico-legale, Piacenza

11 febbraio 2025
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