Studi e Analisi
Università e ospedali, attenti alle regole
di Ettore Jorio
30 settembre - Capita che mentre a Roma, due importanti ministri (salute e università), discutono come risolvere un problema insoluto da 21 anni, in una Regione si suppone di dare un brutto colpo alla sanità pubblica. Più esattamente, alla collaborazione del Servizio sanitario nazionale con il sistema universitario. Così come avviene da quasi un quarto di secolo con le AOU che non sono tali giuridicamente ma si comportano come lo fossero. I vizi sono difficili da mettere da parte. Specie quelli brutti, dai quali possono capitare destini non affatto piacevoli per la collettività. Capita che mentre a Roma, due importanti ministri (salute e università), discutono come risolvere un problema insoluto da 21 anni, in Sicilia si suppone di dare un brutto colpo alla sanità pubblica. Più esattamente, alla collaborazione del Servizio sanitario nazionale con il sistema universitario. Così come avviene da quasi un quarto di secolo con le AOU che non sono tali giuridicamente ma si comportano come lo fossero.
Così facendo si generano problemi su problemi, pericoli su pericoli per l’utenza, interdizioni alle carriere primariali a quei medici ospedalieri che sino a ieri venivano chiamati gli eroi del Covid.
Il fatto. La Regione Sicilia stipula un protocollo con una università privata e una Fondazione (che poi si è appreso essere una neo-fondazione sanitaria nata nel 2025 tra l’Università UniCamillus la Regione Siciliana, l’ASP e il Comune di Cefalù) per organizzare tirocini e specializzazioni presso l’ospedale di Cefalù: un presidio spoke, seppure potenziato.
Tutto questo accadde mentre Schillaci e Bernini stanno cercando, a fatica, di rimediare legislativamente l’altrimenti irrimediabile.
Con tutto questo bailamme, sembra di sognare leggendo nel protocollo che, attraverso una siffatta anomala fattispecie di “minestrone” istituzionale, «Gli studenti del corso di laurea in Medicina e chirurgia, attivato in Sicilia nell’anno accademico 2024-2025 da UniCamillus, potranno svolgere attività didattiche, formative e tirocini professionalizzanti presso il presidio ospedaliero del Palermitano».
Al di là del sogno che, per gli addetti ai lavori si traduce nella presenza di un ‘incubo’ giuridico, si va ben oltre l’esercizio messo a terra da 28 sedicenti AOU su 30. Si butta giù un macigno nello stagno delle ‘irregolarità’ della formazione universitaria e dell’esercizio all’unisono della ricerca applicata, della didattica e dell’assistenza ospedaliera (dei Lea), addirittura, tanto da consentire che le tre attività vengano esercitate simultaneamente in un semplice presidio ospedaliero appartenente ad una azienda sanitaria territoriale.
La cosa sconvolge per il richiamo che si fa della vicenda ritenendola espressione di un «virtuoso di partenariato tra pubblico e privato (art. 174 nuovo Codice degli appalti che è tutt’altra cosa di certo non utilizzabile nella formazione clinica universitaria!) che avrà anche importanti ricadute socio-economiche».
Due errori in uno.
Ettore Jorio