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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Studi e Analisi

I Forum di QS. Quale ospedale per l’Italia? Pizza: “L’ospedale che vorrei. La politica saprà ascoltare?”

di Giancarlo Pizza
immagine 23 giugno - Un ospedale potenziato in personale (medici e infermieri), meglio remunerato (non con medagliette da eroi), rinnovato in muri e attrezzature, sostenuto per aggiornamento e ricerca. Per fare questo ci auguriamo di avere oggi i referenti politico-istituzionali di cui questo ospedale avrebbe e ha bisogno
Gentile Direttore,
ancora una volta la vedo presente, con il Prof. Cavicchi, in argomenti ”caldi” per la sanità. Ho bene apprezzato quanto da Lei esposto nel Suo articolo di apertura del Forum e mi sono risolto a fornire un mio contributo che, mi auguro, possa avere il Suo assenso per esservi inserito.
 
La mia è una intera vita professionale passata all’interno di un grande ospedale bolognese (trasformatosi in 40 anni, dal 1974 al 2013, da Ospedale Provinciale Specializzato Marcello Malpighi ad Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola-Malpighi) operando nell’assistenza e nella ricerca pura sacrificando e facendo a meno della attività libero professionale anche intra muraria. Dunque una vita spesa nell’intero ed esclusivo interesse del paziente che sedeva di fronte in ambulatorio o nel suo letto. Mai un contenzioso.
 
Molto tempo speso a spiegare al paziente quello che veniva proposto cercando di utilizzare un linguaggio il più adatto all’interlocutore. Molto tempo passato anche in laboratorio per finalizzare la produzione di molecole immunoattive (anticorpi, interleuchine, fattori di trasferimento, cellule) con l’obiettivo di implementare una terapia personalizzata.
 
Esperita anche intensa attività sindacale con i maggiori sindacati ospedalieri (prima ANAAO e poi CIMO) di cui ho ricoperto la carica di segretario aziendale. Più di un anno speso nel visitare e lavorare (visiting scientist) in prestigiosi centri di ricerca europei (IARC, Lione; National Cancer Institute Bethesda-Usa). Utilizzati fondi di ricerca messi a disposizione da Fondazioni internazionali (CTRF, Chicago; Asclepios, Svizzera) e Centri pubblici (NIH- Usa). Questa breve premessa è volta a rendere edotto il probabile imprudente mio lettore che il mio prendere la parola sulla organizzazione della medicina ospedaliera ha una qualche base nell’esperienza vissuta.
 
Mai un contrasto con pazienti, né con altri medici e, soprattutto, mai un contrasto con personale sanitario (infermieri, tecnici, ota). I soli contrasti, anche duri, che mi tornano alla mente sono quelli con la dirigenza aziendale dovuti alla carica di segretario aziendale di sindacato. Motivi: allocazione delle risorse non condivisibile; pretese di numeri prestazionali improponibili; tempi di esecuzione da ragioniere (minutaggio!! Come se ogni visita dovesse essere oggetto di standardizzazione forzata e resa uguale alla precedente e alla successiva).
 
Gli attuali contrasti tra medici e infermieri nascono da pulsioni di natura amministrativista ed economicistica. Non rifarò qui la storia dei contrasti sul “118”: questo giornale ne è stato tediato abbastanza! Gli infermieri hanno ragionevoli e condivisibili aspettative su incrementi stipendiali: il loro lavoro deve essere certamente meglio remunerato. Quello che le amministrazioni lasciano loro credere è che eventuali incrementi stipendiali possano passare attraverso la diversificazione della loro attività professionale sconfinando nella professione medica. Cioè fare i “minimedici” per essere pagati di più e, da parte amministrativa, ridurre il personale medico più costoso. Peccato che gli infermieri non si siano accorti della possibile pericolosità di alcuni sconfinamenti, ove si può rischiare l’abuso di professione quand’anche forniti di una copertura da parte degli amministratori.
 
Si parla di rivedere l’attività ospedaliera; si dice che il servizio sanitario è impostato sulla centralità dell’ospedale. Ma dove va una persona quando sta male? In un poliambulatorio? No, va in ospedale. Un ambulatorio o anche un poliambulatorio non può garantire le indagini diagnostiche in urgenza e diversificate come può richiedere la situazione clinica del paziente. Case della Salute? Si vanno bene per una possibile gestione di cronicità stabilizzata. Ospedale di Comunità? Ma che cos’è? Cosa deve contenere per essere pronto a rispondere ad esigenze delle acuzie. Affidati a personale infermieristico? No grazie. Non ci siamo.
 
Nella mia quarantennale attività di medico ospedaliero il rapporto con il medico di base del paziente è stato sempre continuo. Ma le prestazioni specialistiche (croniche) venivano eseguite in ospedale con una corretta programmazione. Certo sempre con difficoltà crescenti per il continuo taglio di posti letto e richiesta di ospitalità in altre unità operative. Pensate che ai tempi del mio esordio professionale la unità operativa in cui le mie attività erano incastonate aveva 72 posti letto, poteva contare su di un pronto soccorso specialistico dotato di 18 posti letto. Alla fine, nel 2013, l’anno del mio pensionamento, la situazione si era ridotta a 18 posti letto per l’unità operativa (la Divisione di una volta) e nessun pronto soccorso specialistico!
 
Diminuite le spese (taglio posti letto e personale medico e infermieristico) ma incremento esponenziale delle difficoltà del paziente sballottato nel pronto soccorso generale se aveva bisogni acuti con consulenze della unità operativa specialistica rese con crescente difficoltà per riduzione del personale e diversa allocazione spaziale.
 
Tant’è. Però si risparmia. Si ma a spese del medico, del personale infermieristico e soprattutto a spese del cittadino divenuto paziente. Basta ricordare le battaglie intraprese da cittadini esasperati dalle attese nei pronto soccorso. Ricordate? Hanno fatto una legge per tentare di ricordare che i medici e gli infermieri non si aggrediscono! L’attesa non è causata dalla loro inerzia o incapacità ma dai tagli del personale. Sono gli incolpevoli esposti alle ire della esasperazione.
 
Ma che organizzazione è mai questa? Il paziente sentito sempre da medici diversi. Ricominciare ogni volta da capo ad inquadrare la situazione clinica!
Gli amministratori (soprattutto se politici) tendono ad affibbiare la colpa delle liste di attesa ai medici. Bella faccia tosta! Le liste si abbattono approntando personale medico e infermieristico, allocando meglio le risorse strumentali prevedendone un uso anche nel fine settimana. Non sono i medici o gli infermieri che si tirano indietro per attività notturne o festive. Ci sono abituati! Non a caso il loro è un lavoro usurante.
 
Bene ha fatto il prof. Cognetti, partecipando a questo Forum, ad elencare le gravi politiche di definanziamento e tagli lineari che i governi (di ogni colore) degli ultimi 20 anni hanno perseguito, ma non mi si affibbi la patente di menagramo se credo di temere la continuazione di questa politica anche con l’attuale governo, come ha già segnalato il prof. Cavicchi aprendo queste discussioni.
 
Certo “a’ da passa a nuttata” come diceva una icona del nostro teatro nazionale, ma siatene certi che tutte le promesse e le buone intenzioni manifestate verso “gli eroi” (medici e infermieri) saranno presto dimenticate. Ed in effetti, giustamente il prof. Cavicchi lamenta la scarsa attenzione del “recovery” alla sanità, nella fattispecie più importante: gli ospedali. Eh sì, perché si rassegnino tutti, gli ospedali sono l’asse portante della sanità nel nostro paese.
 
Debbo confermare che tutti i politici che si sono occupati della sanità lo hanno fatto tenendo a mente i risparmi e non la sicurezza delle cure.
Mi è qui facile sottolineare che giusto qualche settimana fa ho ricordato a Fedriga, nella sua qualità di presidente delle regioni, che alcune di queste sollecitano bellamente il task shifting attribuendo, con delibere di giunta, incarichi di natura medica a personale privo delle dovute competenze.
 
L’attuazione di un lavoro di equipe, quale è quello delle vaccinazioni, richiede una reciproca conoscenza e definizione dei ruoli, fondata innanzitutto sui riferimenti normativi vigenti dato che, se il compito di regolamentare l’organizzazione del servizio assistenziale è attribuito dalla legge alle Regioni, rimane funzione esclusiva dello Stato fissare i requisiti per l’esercizio delle professioni sanitarie, la cui violazione viene a configurare il reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.).
 
La Corte Costituzionale ha ribadito, peraltro, il principio che l’individuazione in ambito sanitario di figure professionali con i relativi profili è riservata allo Stato, non essendo pertanto riferibile alle Regioni o alle Aziende il potere di attribuire attraverso protocolli o uno specifico profilo professionale competenze a questo estranee. Infatti, a livello regionale, è indubbiamente possibile modificare l’organizzazione sanitaria, favorendo l’integrazione fra le varie figure professionali, ma non le loro competenze, risultando questa materia riservata esclusivamente alla legislazione statale. Si può pertanto ragionevolmente affermare che un eventuale protocollo in cui, ad esempio, un atto medico risultasse delegato ad un altro professionista sanitario non medico in un contesto non rientrante in una specifica previsione normativa, risulterebbe manifestatamente arbitrario e perderebbe così il suo valore di carattere giuridico accessorio.
 
La fattispecie, come si vede, riguarda un argomento “caldo” (la vaccinazione) oggi in auge.
 
Pessimismo… La mia natura non è pessimistica ma l’esperienza quarantennale mi ha insegnato e confermato che i politici e gli amministratori, in sanità, badano al risparmio economico. Sarei lieto di vedere uomini politici in grado di essere definisti statisti, cioè in grado di non vedere soltanto l’immanente consultazione elettorale e adeguarvisi di conseguenza cercando un facile consenso, ma resettandosi si allineassero ad una visione a lungo termine di sicurezza delle cure.
 
Non eroi, dunque, medici e infermieri, ma professionisti seri dediti al proprio lavoro fatto di competenze ed umanità. Chiediamo rispetto e scelte concrete in un’ottica di salvaguardia della sicurezza delle cure.
 
Giustamente i Proff. Cavicchi e Cognetti lamentano il pericolo della persistenza di un ospedale “minimale”. Non garantirebbe quanto la Costituzione afferma e garantisce intorno al diritto alle cure del cittadino.
 
La necessità è quella di “rimpolpare” gli organici dei medici e degli infermieri: i numeri li ha ricordati Cognetti. Inutile ribadirli qui.
L’altra necessità è quella di confidare nel medico “autore” nella accezione cavicchiana di medico autorevole e responsabile e dunque non confermare rapporti di lavoro obsoleti ma rinnovarli in un’ottica innovativa ormai indispensabile e necessaria.
 
Se debbo pensare ad alcune proposte organizzative accennate dal prof. Cavicchi nel suo articolo di apertura del Forum, debbo confermargli che nella mia vita professionale, per la gestione dei pazienti affidati alle nostre cure, il dialogo con il medico di riferimento è stato continuo e proficuo avvenendo sia con mezzi semi-obsoleti come le parole scambiate al telefono che con mezzi informatici su cui tutti fanno affidamento: email.
 
La “compenetrazione” ospedale-territorio non può che passare attraverso il continuo scambio di informazioni tra lo specialista ed il medico “di base” cui il paziente-cittadino è affidato dalla Asl.
 
Dunque un ospedale potenziato in personale (medici e infermieri), meglio remunerato (non con medagliette da eroi), rinnovato in muri e attrezzature, sostenuto per aggiornamento e ricerca. Per fare questo ci auguriamo di avere oggi i referenti politico-istituzionali di cui questo ospedale avrebbe e ha bisogno. Ci auguriamo che queste nostre lamentazioni, raccolte nel forum, possano essere recepite e fatte proprie dalla politica più lungimirante e si cominci finalmente a consultare i medici per costruire una efficace risposta ai bisogni di salute collettiva e del territorio.
 
Dott. Giancarlo Pizza
Medico Chirurgo
Specialista in Igiene e Sanità Pubblica
Specialista in Immunologia Clinica e Allergologia
Vice Presidente Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri di Bologna
Già Presidente Ordine Medici Chirurgi e Odontoiatri di Bologna 2006-2020

 
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23 giugno 2021
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