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Per dare risposte efficaci al disagio psicologico serve un ampliamento di scala degli interventi

di Sergio Salvatore e Giuseppe Luigi Palma

L’esperienza pugliese si propone come un laboratorio per esplorare il potenziale innovativo della psicologia di base. Ordine degli Psicologi territoriale e referenti della psicologia delle tre Università pubbliche della Puglia hanno costituito un gruppo di lavoro finalizzato ad elaborare le linee guida relative al profilo funzionale, strategie di intervento e modello di verifica degli impatti della psicologia di base regionale. Quella che si apre è una stagione ricca di promesse

14 SET -

A fine giugno il Consiglio Regionale della Puglia ha approvato la nuova legge istitutiva del servizio di psicologia di base. La precedente - la Puglia si era mossa da tempo - era stata bloccata da un contrasto interpretativo con il Governo. Altre regioni hanno prodotto iniziative simili negli ultimi anni. Parallelamente, in Parlamento tutti i gruppi parlamentari hanno presentato proposte di legge sul tema. Un simile quadro porta a ritenere che i tempi per l’attivazione della psicologia di base siano ormai venuti a maturazione. Diventa quindi rilevante approfondire la discussione intorno ai modelli funzionali ed organizzativi che dovranno caratterizzare l’azione di tale figura entro il sistema sanitario nazionale.

Le leggi regionali e le proposte di legge nazionale esprimono un’idea chiara del compito che si affida allo psicologo di base: tale figura è chiamata ad intercettare la domanda di benessere psicologico, operando in prossimità degli spazi di vita dove essa insorge, attraverso interventi a bassa intensità, integrati con l’azione della medicina di base, espressione di una logica di presa in carico precoce, decentrata, finalizzata a ridurre i rischi di evoluzioni critiche delle forme del disagio.


Le istituzioni puntano sulla psicologia di base in ragione del fatto che vedono in essa un modo per dare risposta alla crescita impetuosa del disagio psicologico, conseguenza diretta e indiretta della pandemia. Simile visione è rintracciabile in tutti i testi legislativi, sia regionali che nazionali. Essa riflette l’immagine prevalente che i decisori politici, e più in generale la società, hanno della psicologia: una funzione che agisce al livello dell’individuo, sul disagio, malessere o psicopatologia conclamata di cui è portatore.

L’utilità dell’intervento psicologico centrato sul disagio/psicopatologia individuale non è in discussione. Il lavoro degli psicologi su una vasta gamma di forme di malessere psicologico è diffuso e insostituibile. Il numero di coloro che rivolgono allo psicologo richieste motivate da condizioni di disagio/psicopatologia è in costante ascesa. Se ciò è vero, è altrettanto vero che non è utile dare per scontato che le forme di intervento psicologico che concepiscono l’azione professionale su scala individuale siano sufficienti ad attrezzare efficacemente la funzione della psicologia di base.

Tale funzione disegna un territorio di azione nuovo, dai contorni tutti da esplorare. Una riflessione in seno alla comunità scientifico-professionale della psicologia e tra questa e le istituzioni è dunque opportuna ed auspicabile: vanno approfondite natura e determinanti dei problemi che i servizi di psicologia di base sono chiamati ad affrontare e, su tale base, precisati i profili funzionali, le strategie di intervento e gli assetti organizzativi più utili in tal senso. L’errore da evitare è di presumere che il paradigma centrato sull’individuo sia adatto alla psicologia di base in quanto ha mostrato di funzionare in molti altri ambiti di intervento. Checché se ne dica, non sempre la squadra che vince non si cambia.

La domanda che i decisori politici rivolgono alla psicologia segnala il problema/esigenza da affrontare ma non necessariamente va considerata indicativa della strategia da adottare a tal fine. In altri termini, l’idea dei decisori politici secondo la quale la psicologia di base debba occuparsi primariamente del disagio psicologico va intesa come indicativa dello scopo della funzione ma non necessariamente del modo con cui operare per perseguire tale scopo. Tale modo, infatti, non può che definirsi in ragione di una analisi scientificamente fondata dei fenomeni da affrontare, che tenga tra l’altro conto delle condizioni contestuali che mediano l’azione professionale. Ed è evidente che tale analisi sono gli psicologi ad avere la responsabilità di approntarla, ovviamente in stretta interlocuzione con gli altri saperi disciplinari rilevanti e con la committenza istituzionale.

Non è possibile in questa sede per entrare nel merito di tale analisi. Di seguito ci limitiamo a proporre una considerazione di ordine generale che ci auguriamo utili ad alimentare la discussione.

L’istituzione della funzione della psicologia di base riflette un paradosso: le ragioni che hanno motivato l’investimento pubblico su tale figura sono anche quelle che rischiano di ostacolarne significativamente l’efficacia. Ci riferiamo alla crescita esponenziale del malessere psicologico nella popolazione. Lasciando da parte l’incidenza delle forme di psicopatologia conclamata, il numero di persone che sperimentano uno stato di difficoltà nel regolare la propria soggettività e nel mantenere un rapporto equilibrato con gli ambienti di vita è cresciuto in modo esponenziale.

Le forme del malessere e del disagio psicologico sono molteplici – tra queste: stati depressivi e/o ansiogeni reattivi all’accresciuta incertezza contestuale, incapacità di elaborazione delle esperienze di perdita e lutto, vissuti di impotenza e fatalismo. In molti casi queste forme si mantengono compatibili con l’esercizio dei ruoli sociali e lavorativi, con le domande di adattamento che gli ambienti di vita avanzano nei confronti degli individui. Come conseguenza di ciò, la soggettività ferita è nella maggior parte dei casi invisibile, incapace di attivare i luoghi della presa in carico, destinata ad operare come un fardello pesante che la persona si trascina nell’esercizio quotidiano del mestiere del vivere. In breve, il malessere psicologico è diventato un fenomeno sistemico, di popolazione, trasversale ai generi, alle generazioni e alle classi sociali (anche se i suoi segni sono particolarmente critici tra gli adolescenti, i giovani e tra i gruppi sociali svantaggiati).

Ciò ha due implicazioni fondamentali. Da un lato, è utopico pensare che si possa trattare un fenomeno globale come sommatoria di interventi centrati sui singoli individui. Nel concreto: è irrealistico pensare che il sistema sanitario nazionale possa farsi carico individualmente della quota (tra un terzo ed un quarto) di popolazione che versa in condizione di malessere/disagio. Dall’altro, i fenomeni di popolazione non sono semplicemente la sommatoria di quanto accade a livello degli individui – se un fenomeno raggiunge la scala sistemica è perché gli individui subiscono l’impatto di dinamiche sovraordinate. In altri termini, quando un fenomeno raggiunge la scala sistemica, le manifestazioni a livello degli individui vanno considerate effetti, piuttosto/oltre che causa.

In questa prospettiva, l’esperienza pugliese si propone come un laboratorio per esplorare il potenziale innovativo della psicologia di base. Ordine degli Psicologi territoriale e referenti della psicologia delle tre Università pubbliche della Puglia hanno costituito un gruppo di lavoro finalizzato ad elaborare le linee guida relative al profilo funzionale, strategie di intervento e modello di verifica degli impatti della psicologia di base regionale. Quella che si apre è una stagione ricca di promesse!

Sergio Salvatore
Professore di Psicologia Dinamica, Università del Salento

Giuseppe Luigi Palma
Commissario Straordinario Ordine degli Psicologi della Puglia



14 settembre 2023
© Riproduzione riservata

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