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Enpam. Non si predichi bene e razzoli male

12 DIC - Gentile direttore,
sono rimasto colpito dall’intervento del dottor Pracella, soprattutto per la disponibilità a fornire spiegazioni con cui si rivolge ai lettori su un argomento così serio e di attualità quale quello dell’ENPAM. Peccato che la stessa disponibilità non la manifesti verso i suoi colleghi di Consulta, ai quali nega qualsiasi forma di comunicazione e di collaborazione, meno che mai fornisce notizie sulla sua attività all’interno del CdA, dove dopotutto ci è andato su nostra nomina.
 
Ecco allora che un problema di comunicazione esiste, a tutti i livelli di rappresentatività, e lui non ne è certo esente.
 
Ma se questo momento rappresentasse l’inizio di un nuovo modo del dottor Pracella di rapportarsi con i Colleghi della Consulta e con i Colleghi lettori, ne saremmo certamente entusiasti. Peccato che anche le considerazioni di cui ci fa partecipi pecchino di quella oggettività che tanto ci piacerebbe vedere in chi amministra i nostri soldi, e per un fine così importante quale quello della pensione.
 
Ad esempio sembra di capire che solo in passato le spese amministrative dell’ENPAM venivano pagate con i contributi previdenziali dei Colleghi. Ma perché, di grazia, oggi chi le paga?
 
Ad esempio bisognerebbe che ci spiegasse perché la pensione ENPAM rende di più di quella INPS, e di quanto, e soprattutto sulle spalle di quale categoria di iscritti pesa questa promessa di maggior rendimento. Forse sulle giovani generazioni di Colleghi per i quali spendiamo facili parole di solidarietà?
 
Ad esempio dovrebbe spiegare come la richiesta, che giunge da alcuni Colleghi, di commissariare l’ENPAM possa risultare più “devastante” della denuncia su ENPAM Sicura da parte del suo Vice Presidente, finita sulle pagine di tutti i quotidiani e, ancora peggio, ai Ministeri, alla Procura della Repubblica, alla Corte dei Conti e all’Autorità Nazionale Anticorruzione, infarcita di accuse gravissime nei confronti degli Amministratori e del Collegio dei revisori dell’Ente.
 
Ad esempio dovrebbe raccontare che l’ENPAM ha dovuto sanare in fretta e furia, e, con i soldi di tutti noi, i debiti di ENPAM Sicura, altrimenti si sarebbe trovata nella condizione di dover essere obbligatoriamente ed automaticamente commissariata dallo Stato, in virtù di una grave violazione di legge quale si configura il fallimento.
 
Non ci si deve poi meravigliare se i colleghi, informati seppure con metodi “non istituzionali”, perdono la fiducia e si preoccupano, magari anche oltre il dovuto, delle sorti non dell’ENPAM, che è un mezzo e non un fine, ma del loro futuro post-lavorativo.
 
E forse sarebbe anche l’ora di cessare il braccio di ferro con chi, e mi riferisco al Collega Franco Picchi, non chiede altro che di accedere ai documenti che riguardano una serie di operazioni fatte dall’ENPAM e che hanno mostrato forti criticità. E deve appellarsi alla magistratura per veder accolto questo diritto, suo e nostro.
Solo allora il dottor Pracella, esente da personalismi e da atteggiamenti strumentali, si potrà permettere di giudicare così negativamente chi si lamenta di cose a suo dire inesistenti. Ma forse in quel caso non ce ne sarebbe più motivo…
 
Dottor Renato Mele
Rappresentante toscano nella Consulta ENPAM della libera professione

12 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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