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Carenza medici. Benazzi (Dg Ulss 2): “Al lavoro appena laureati per avere medici subito e più preparati”

Anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro, secondo il Dg, permetterebbe ai servizi sanitari regionali di far fronte alla carenza di medici, ma anche di aumentarne le competenze attraverso la formazione per esperienza. Sul governo della sanità della Giunta Zaia, il giudizio è “positivo”: “Si sta facendo sistema, omogeneizzando procedure, mettendo in rete le Aziende e orientandole sempre di più verso la vera mission che è la cura della persona, lasciando all’Azienda Zero il ruolo prettamente amministrativo”

di Endrius Salvalaggio
12 NOV - Continuano le nostre interviste ai direttori generali delle Ulss Venete. Questa volta a darci la sua disponibilità è il dg della Ulss 2 di Treviso, Dr Francesco Benazzi, classe 1956 con una laurea in medicina e chirurgia con 110/110 e lode. Anche a Treviso, come in tutte le Ulss i problemi non mancano, ma il dg è fiducioso: “Gli ospedali veneti sono ancora una eccellenza, le liste d’attesa soddisfano gli standard regionali ed in cantiere c’è la costruzione di un grande monoblocco per l’alta intensità di cura”.  

Pediatri, anestesisti, ortopedici, pneumologi, cardiologi e tanti altri medici che lasciano gli ospedali di appartenenza per andare in pensione o nel privato. Cosa sta succedendo in ambito sanitario ed in particolare nella Ulss 2?
Ci stiamo trovando di fronte agli anni del turn over dei professionisti. Non vedo un rischio immediato, il sistema pubblico veneto è una vera eccellenza che gli specialisti ancora preferiscono al privato e continueranno a preferirlo per le prospettive di formazione e soddisfazione professionale. Ma dobbiamo anche guardare in faccia ad una realtà che nei prossimi anni ci farà sentire, almeno, in alcuni ambiti la carenza di specialisti.

Già oggi abbiamo bandito concorsi che per alcune specialità hanno registrato adesioni inferiori alle aspettative. Ritengo che il problema sia a monte. Ai miei tempi un medico si laureava e portava a termine la scuola di specialità avendo già iniziato a lavorare; ciò significava da un lato che gli specialisti avevano già una discreta esperienza, dall’altro si disponeva rapidamente di medici. Oggi non è più così e questa modalità deve essere ripensata: il medico deve iniziare a lavorare con la laurea.


Era giugno quando è stato nominato il manager che doveva tagliare le liste d’attesa. Dopo quasi sei mesi, quali risultati sono stati raggiunti?
Il Dirigente è chiamato ad ottimizzare la risposta ai bisogni di salute della popolazione, gestendo oltre 3 milioni di visite specialistiche ambulatoriali ed a coordinare la gestione delle agende, rimodulandola in base alle priorità. Sta lavorando con impegno monitorando la capacità erogativa tenendo sempre sotto controllo le liste di attesa. Purtroppo queste si allungano a causa delle difficoltà nel reperire specialisti in certe branche. Ad oggi riusciamo a soddisfare gli standard previsti dalla Regione.   

Ci fa una fotografia della Ulss 2 e della sua mission?
La Ulss 2 nasce dall’accorpamento di importanti realtà precedenti e comprende oggi tutta la provincia di Treviso. Serve un bacino di utenza di 900.000 cittadini su un territorio che va dalle Prealpi a tutta la pianura. E’ articolata su tre distretti: Treviso, Pieve di Soligo, Asolo con tutti i rispettivi servizi territoriali e sei ospedali, tra questi la portaerei è il Ca’ Foncello di Treviso che è il terzo hub nel Veneto, dopo i policlinici universitari di Padova e Verona. Una realtà ospedaliera che per alcune specialità, penso ad esempio alla Neurochirurgia o alla Patologia Neonatale, serve anche la provincia di Belluno e parte del Veneziano. E’ una realtà sanitaria che, tradizionalmente, da sempre si identifica col territorio ed è fortemente percepita come propria espressione dalla popolazione. La nostra mission è rispondere alle esigenze di salute di questa popolazione.

Ci vuole parlare del grande obbiettivo della “Cittadella della salute”?
Abbiamo completato l’eliporto con hangar, autorimesse e uffici operativi. Insieme al campo d’atterraggio dell’elicottero (pensato per l’operatività di due velivoli anche con volo notturno) è imminente anche il trasferimento della nuova Centrale operativa del Suem in spazi adeguati alle necessità degli operatori e delle più moderne attrezzature, degli studi direzionali e degli uffici dei piloti.

Nel 2019 il servizio di emergenza e urgenza sarà il primo della nostra Azienda a trovare collocazione nella Cittadella della salute.  Ma con altrettanta ragionevolezza si può prevedere che in quest’arco di tempo potrà essere avviata anche la costruzione del grande monoblocco dedicato all’“Alta intensità di cura”, chiave di volta e vero simbolo della Cittadella. Lavori che saranno preceduti dalla cantierizzazione di alcune opere preliminari e complementari come il sottopassaggio di collegamento con i servizi di lavanderia e la centrale tecnologica.

Abbiamo qualche previsione dei tempi per tutta l’opera?
La realizzazione del monoblocco richiederà tre anni. Un altro sarà necessario per i trasferimenti dei reparti. Poi sarà la volta della riconversione e ristrutturazione di quanto è destinato a rimanere e la demolizione di quanto è destinato a scomparire a vantaggio di un ambiente esterno, ma anche ospedaliero, più adeguato ai tempi, più ecologico e sostenibile.

Dal 2017, grazie alla riforma sanitaria promossa dal Governatore Zaia, in Veneto abbiamo assistito ad un accorpamento delle Ulss, che sono passate da 21 a 9. Qual è il suo giudizio, a distanza di quasi due anni, sull'attuazione di questa riforma, a partire dal suo osservatorio di Direttore Generale?
Il giudizio è positivo perché si sta facendo sistema, omogeneizzando procedure, mettendo in rete le Aziende, realizzando il fascicolo sanitario elettronico, orientando sempre di più le Aziende verso la vera mission che è la cura della persona, lasciando all’Azienda Zero il ruolo prettamente amministrativo (gestione del personale, acquisti etc etc).

Endrius Salvalaggio

12 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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