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La sanità al Sud va male. Ma non dimentichiamoci che è penalizzata nel riparto delle risorse

25 NOV - Gentile direttore,
leggendo dai media la relazione del prof. Walter Ricciardi, all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Campus Biomedico di Roma, è stata notata l’attenzione che ha voluto riservare alle regioni meridionali nelle quali l’aspettativa di vita è regredita fino ad allinearsi a quella della Bulgaria e che, più in generale, l’aspettativa di vita in Italia si sta profondamente differenziando da zona a zona.
 
In altri termini il diritto alla salute non è più un diritto nazionale ugualmente garantito in tutto il paese.
 
Non vogliamo nascondere che le modalità di pianificazione e organizzazione dei servizi sanitari nelle regioni meridionali non hanno prodotto un adeguato ritorno di salute a fronte delle risorse investite, probabilmente anche determinato da una inadeguatezza ad organizzare la sanità sul territorio, ma non possiamo non sottacere tutti gli altri determinanti.
 
E’ cosa nota che da anni ormai il riparto del Fondo sanitario nazionale corretto unicamente per età, penalizza fortemente la Campania e le Regioni meridionali.
 
Ma ancor di più è risaputo che in Italia la mobilità sanitaria è un fenomeno di proporzioni molto vaste e che lo stato di salute della popolazione è determinato in larga misura dai fattori socioeconomici quali reddito, istruzione e occupazione e che i gruppi più deboli risentano anche delle modalità con cui la ricchezza è distribuita tra la popolazione.
 
Le regioni meridionali, nonostante presentino una più elevata incidenza di povertà e di disoccupazione, una maggiore concentrazione del reddito e una più elevata mortalità delle fasce vulnerabili della popolazione sono state e continuano ad essere fortemente penalizzate rispetto alle regioni del centro-nord nel riparto del fondo sanitario nazionale.
 
Né tantomeno può sottacersi che tutte le regioni meridionali, ad eccezione della Basilicata, siano attualmente in Piano di rientro dal disavanzo e che tali Piani sono finalizzati a ristabilire l’equilibrio economico-finanziario.
 
La Regione Campania in questi ultimi due anni ha raggiunto l’equilibrio economico, ma non può uscire dal commissariamento a causa di un basso punteggio assegnato dai Ministeri competenti con la griglia Lea a riguardo al mantenimento nell’erogazione dei Lea.
 
In altri termini l’obiettivo di contenimento del Piano di Rientro è stato ottenuto mediante uno sforzo di carattere prevalentemente economico-gestionale con ricadute sia sugli aspetti organizzativi che su quelli assistenziali, i quali sono passati in secondo piano rispetto all’obbligo dell’adempimento economico.  Al riguardo e a solo titolo esemplificativo si pensi alle molteplici difficoltà determinate da anni di blocco del turnover.
 
L’esperienza della regione Campania e delle altre Regioni impegnate nei piani di rientro rafforza la correlazione esistente tra i tagli alla sanità e riduzione di livelli essenziali di assistenza.
Insomma è quantomeno singolare che il Prof. Riccardi non abbia ritenuto di rappresentare tale stato di fatto nella sua relazione tenuta all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Campus Biomedico di Roma, così come appare strano che in nessuna altra sede istituzionale abbia rappresentato in tutta la sua completezza un quadro “epidemiologico” reale delle regioni meridionali.
 
Ancora più strano è che egli abbia scelto di lanciare l’allarme nei giorni in cui si teneva il 49° Congresso Nazionale della S.It.I. e le elezioni delle sezioni regionali senza tuttavia adoperarsi fattivamente per la soluzione della problematica in considerazione del suo attuale ruolo.
Pertanto, al fine di evitare il rischio di una lettura parziale dei diversi quadri epidemiologici delle regioni meridionali, ci appelliamo alla sensibilità istituzionale affinché Ricciardi intervenga nuovamente sull’argomento per un doveroso e dovuto chiarimento.
 
Dott.ssa Maria Grazia Panico
Il Presidente S.It.I. Regione Campania

25 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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