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Manovra sanità. Monchiero (Sc): “I soliti tagli? No, peggio”

di Giovanni Monchiero

Ridurre i contratti di fornitura non può essere senza conseguenze su qualità e quantità delle prestazioni. Per le protesi è assolutamente ovvio che meno se comprano, meno se ne impiantano ma il ragionamento è estensibile a quasi tutti i beni e i servizi. Diciamolo chiaramente: siamo rassegnati a tagliare le prestazioni rese agli utenti. Ovviamente si tratta di tagli lineari. Questa è la versione italica del concetto di equità.

22 LUG - Alla “vulgata” che descrive la sanità come un pozzo senza fondo di ruberie e sprechi, la politica risponde con i soliti tagli, nella convinzione, dichiarata, che si tratti di riduzioni sostenibili se non doverose nell’ottica di un corretto utilizzo delle risorse. Si taglia, come al solito, su beni e servizi, farmaci e, con nuova severità, dispositivi medici. Per questi ultimi, di fatto assimilati ai farmaci, si prevedono misure ben più restrittive di quelle riservate ai beni anonimi. 

Siamo alle solite, anche in senso tecnico. Viene infatti reiterata la revisione dei contratti in essere con l’obiettivo di diminuirne l’onere del 5% annuo, attraverso la riduzione vuoi dei prezzi unitari, vuoi delle quantità di beni o prestazioni. Misura che, adottata in un contesto di gestioni non sempre e non ovunque efficienti, venne accolta dalle aziende sanitarie come uno strumento utile e dai fornitori con rassegnata disponibilità. Riproporla a distanza di anni, magari in relazione a contratti già stipulati con prezzi e clausole Consip, appare assurda coercizione, spiegabile solo con il profondo convincimento che i contratti stipulati dalla P.A. siano tutti truffaldini e rimangano, di taglio in taglio, perennemente vantaggiosi per il fornitore.

Su di un pregiudizio analogo si regge il “pay back” applicato ai farmaci, ora esteso anche ai dispositivi medici. Se le dimensioni planetarie delle multinazionali del farmaco giustificavano l’ipotesi di specialissime redditività, per i produttori di dispositivi medici non è così: il pay back, oltre che concettualmente iniquo, si potrebbe anche rivelare economicamente insostenibile. Lasciando ai produttori i loro problemi, si osserva che l’ipotesi, sempre negata, che si stesse andando verso una riduzione dei servizi è invece, oggi, implicitamente ammessa nella norma presentata dal governo.

Ridurre i contratti di fornitura non può essere senza conseguenze su qualità e quantità delle prestazioni. Per le protesi è assolutamente ovvio che meno se comprano, meno se ne impiantano ma il ragionamento – elementare – è estensibile a quasi tutti i beni e i servizi. Diciamolo chiaramente: siamo rassegnati a tagliare le prestazioni rese agli utenti. Ovviamente si tratta di tagli lineari, uguali per tutti, parsimoniosi storici e spendaccioni conclamati. Ma tant’è: questa è la versione italica del concetto di equità.

Forse non riusciremo mai a fare di meglio, ma almeno parliamone.
 
Giovanni Monchiero   

22 luglio 2015
© Riproduzione riservata

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