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Uranio impoverito e salute militari. Conclusi lavori della Commissione Parlamentare. Ecco cosa è emerso

di Domenico Della Porta

Mai come questa volta il mondo militare della sicurezza è stato scandagliato in ogni sua piega anche più riposta. D’ora in avanti, sarà arduo non partire in qualsiasi analisi sul mondo militare dalla scoperta degli otto meccanismi procedurali e organizzativi che convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere. LA RELAZIONE

09 FEB - Con l’approvazione della Relazione Finale della Commissione Parlamentare di Inchiesta sull'Uranio Impoverito, la quarta costituita nella storia del Parlamento per indagare sulle complesse questioni che concernono l’utilizzo di questa sostanza, nonché, nel caso specifico della XVII legislatura, su un ampio spettro di altri fattori patogeni incidenti sulla salute dei militari, dei dipendenti civili dell’Amministrazione della Difesa e delle popolazioni residenti nei territori su cui insistono i poligoni e le installazioni militari, si è fatta finalmente chiarezza su argomenti per i quali c’erano non poche perplessità e ancora numerosi dubbi:
- Casi di militari gravemente ammalatisi, a seguito di esposizione ai fattori patogeni inclusinell’oggetto dell’inchiesta.
- Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, sia sul territorio nazionale che all’estero.
- Adeguatezza degli istituti indennitari e previdenziali.
- Rischio ambientale determinato dall’attività delle Forze armate nei poligoni di tiro, anche con riferimento ai territori limitrofi e alle popolazioni ivi residenti.
- Rischi alla salute derivanti dall’esposizione all’amianto e al radon, e dalla somministrazione dei vaccini.
 
Rinviando alla lettura del Testo integrale della Relazione, si è cercato di sviluppare sinteticamente i diversi punti che compongono il documento. La presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate.
 
Desta poi allarme la situazione dei teatri operativi all’estero. La Commissione ha dovuto constatare l’esposizione a inquinanti ambientali in più casi nemmeno monitorati. Questi due anni di investigazioni a tutto campo hanno consentito di fare finalmente piena luce sugli otto meccanismi procedurali e organizzativi che oggettivamente convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere:
1) datori di lavoro sprovvisti di autonomi poteri decisionali e di spesa;

2) ispettori “domestici”: nei luoghi di lavoro delle Forze armate, la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso la predetta amministrazioni. La loro azione si è dimostrata insufficiente;

3) DVR e DUVRI omessi o inadeguati: la diffusa inosservanza degli obblighi inerenti alla valutazione dei rischi risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive. Una conferma si trae dall’esame dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Comandante del Comitato Operativo Interforze, irremovibile in data 23 febbraio 2017 nel dichiarare che nei teatri operativi all’estero non sarebbe doverosa una stretta osservanza dell’obbligo di valutazione dei rischi;

4) Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e Medici competenti (MC) tra inerzie e note di linguaggio. In alcuni siti, RSPP e/o MC sono risultati addirittura assenti. Inoltre RSPP esaminati dalla Commissione hanno palesato seri limiti nello svolgimento della propria attività. Utile è prendere in considerazione le dichiarazioni dell’RSPP di Capo Teulada: “Ho appreso oggi che esistono altre tipologie di rischio, come quello delle nanoparticelle”;

5) RLS nominati dal datore di lavoro;

6) la crisi del CISAM e del CETLI: nel corso dell’inchiesta, il CISAM ha dichiarato la propria incapacità operativa a provvedere a una completa caratterizzazione radiometrica. Anche gli accertamenti sulle attività svolte dal CETLI NBC in merito a fattori di rischio chimici e biologici hanno evidenziato diverse criticità. Già nell’esame testimoniale dell’8 marzo 2017, il Direttore interinale del Centro Tecnico Logistico Interforze NBC aveva affermato che “l'ente non è in grado di effettuare analisi su particolato aerodisperso e nanoparticolato”;
 
7) un Osservatorio epidemiologico della difesa scientificamente non accettabile.
 
8) sanzioni pagate dallo Stato.

Basilare sarebbe, anzitutto, la ripresa nella prossima legislatura della Proposta di Legge Scanu AC 3925, firmata dalla quasi totalità dei componenti della Commissione, più che mai indispensabile al fine di garantire un’effettiva prevenzione contro i rischi incombenti su militari e cittadini. Dalla comparazione tra il trattamento riservato al personale delle Forze armate e quello garantito alla generalità dei lavoratori, compresi i dipendenti civili dello Stato, è risultato di tutta evidenza che la tutela indennitaria prevista dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è di maggior favore rispetto a quella garantita dall’equo indennizzo.
 
Inoltre, il percorso amministrativo che porta al riconoscimento della cosiddetta «causa di servizio» per le Forze armate non garantisce sufficientemente la terzietà di giudizio. Nel corso dei lavori, sono emerse rilevanti criticità che investono in primo luogo i temi della salute dei lavoratori e dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti agli insediamenti militari, nonché della salubrità degli ambienti. La Commissione non ritiene accettabile che l’adozione di misure di prevenzione e sicurezza nei poligoni e nelle strutture industriali della difesa possa essere condizionata dalla indisponibilità di mezzi finanziari adeguati.
 
È auspicabile che le disposizioni recentemente varate nell’ambito della manovra di bilancio per il triennio 2018-2020 possano concorrere a modificare questa situazione e segnare una decisa inversione di tendenza rispetto a una realtà di grave compromissione dell’ambiente e di colpevole inerzia delle istituzioni che avrebbero dovuto assicurarne la salvaguardia.
 
Dal primo gennaio sono in vigore nuove norme che regolano l’attività dei poligoni militari. Il testo, elaborato in Commissione e approvato con la Legge di Bilancio (articolo 1, comma 304), mette ordine tra le diverse criticità, a cominciare dalla dispersione nel territorio dei residui dei colpi esplosi nel corso delle esercitazioni militari. Per evitare la potenziale contaminazione dell'area circostante, si rende necessaria una rapida e generalizzata attività di recupero, che presuppone la puntuale conoscenza di tutti i colpi in partenza, qualunque sia la Forza Armata che svolge le esercitazioni militari. In particolare, con la nuova norma viene introdotto presso ciascun poligono e sotto la responsabilità del comandante, il registro delle attività a fuoco, nel quale sono annotati il munizionamento utilizzato, la data dello sparo e i luoghi di partenza e di arrivo dei colpi. Il registro è esibito agli organi di vigilanza e di controllo ambientali (ISPRA e ARPA) e di sicurezza e igiene del lavoro, per gli accertamenti di rispettiva competenza.
 
Si tratta di un’importante innovazione, sul piano della trasparenza delle procedure e dei controlli, poiché si prevede che l’attività di vigilanza sull’applicazione della normativa ambientale, anche in aree appartenenti al demanio militare, possa essere svolta dalle amministrazioni titolari di queste funzioni, diverse dalle Forze Armate, e quindi collocate in quella posizione di terzietà e indipendenza. Un altro elemento di forte innovazione riguarda l’introduzione del piano di monitoraggio permanente sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono. Con un’ulteriore disposizione si prevede la possibilità di istituire un Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari.
 
Nel complesso, sono entrate a fare parte dell’ordinamento una serie di disposizioni che coronano l’attività di inchiesta svolta dalla Commissione e ne raccolgono l’indirizzo di fondo, rivolto alla realizzazione di una gestione più trasparente delle attività addestrative, alla garanzia della tempestività e della completezza delle attività di bonifica e al rafforzamento delle funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto della normativa in materia ambientale.
 
Tra i temi approfonditi dalla Commissione, fanno spicco anche quelli concernenti la sorveglianza sanitaria e la profilassi vaccinale sul personale dell’Amministrazione della Difesa. La Commissione, al fine di garantire una effettiva tutela della salute (e della sicurezza) dei militari impegnati in Italia e all’estero, nonché per perseguire la sicurezza nella somministrazione dei vaccini, nell’ottica dell’eliminazione o quanto meno della massima riduzione del rischio di effetti negativi conseguente all’uso di vaccini in dosi multiple, raccomanda l’utilizzo di vaccini monodose, stante la concreta possibilità che il militare, data l’età adulta, risulti già immunizzato contro alcuni antigeni contenuti nei vaccini in dosi multiple. Si raccomanda altresì che non vengano inoculati, in un’unica soluzione, più di cinque vaccini, essendo questa la soglia oltre la quale possono verificarsi eventi avversi.
 
Si raccomanda ancora una particolare attenzione all’anamnesi pre-vaccinale. Data la rilevanza dei temi affrontati nelle osservazioni del gruppo di lavoro sui vaccini ai fini di un’adeguata tutela della salute dei militari, la Commissione provvederà a trasmetterle all’Istituto Superiore di Sanità per una indispensabile valutazione scientifica dei relativi contenuti. Se la considerazione della specificità del “mestiere delle armi” può senza dubbio motivare per alcune fattispecie l’adozione di discipline speciali, essa non può tradursi, come di fatto sembra essersi verificato per le materie di cui si è occupata la Commissione, nella teorizzazione e soprattutto nella pratica di uno spazio operativo separato e privo di controlli esterni.
 
Poiché la conclusione della Legislatura ha coinciso con la decisione del Governo di inviare un contingente militare italiano in Niger, la Commissione, sulla scorta della documentazione acquisita, raccomanda al prossimo Parlamento di vigilare con il massimo scrupolo sulle modalità di realizzazione della missione, anche per quanto attiene alla valutazione dei rischi, all’idoneità sanitaria e ambientale dei luoghi di insediamento del contingente, alla congruità delle pratiche vaccinali adottate e alle pratiche di sorveglianza sanitaria. È essenziale che, anche nel prossimo Parlamento, non venga abbandonato un terreno di riflessione sulla necessità di mantenere fermo l’equilibrio tra le prerogative di discrezionalità, di cui le Forze Armate godono e devono godere in quanto pubblica amministrazione, e l’affermazione inequivoca della centralità del ruolo del Parlamento e del Governo nell’esercizio della funzione di indirizzo politico.
 
Ambizioso appare l’obiettivo che la Commissione si è proposta di raggiungere: quello di essere, non solo la quarta, ma soprattutto l’ultima Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. Il suo bilancio è altamente positivo, in particolare sotto tre profili. Un primo profilo concerne la tutela ambientale nei poligoni di tiro nazionali, sollecitata dalle apposite modifiche normative introdotte nell’ambito della legge di bilancio per il triennio 2018-2020 in seguito a un’apposita proposta di legge preparata dalla Commissione. In secondo luogo, grazie a una molteplicità di accertamenti mirati (sia esami testimoniali, sia richieste di documentazioni), si è oggettivamente ottenuto un risultato non perseguito, ma quanto mai gradito: e, cioè, in più casi la scomparsa come d’incanto di comportamenti o situazioni contrastanti con le norme vigenti in materia di sicurezza del lavoro.
 
Il terzo profilo: mai come questa volta il mondo militare della sicurezza è stato scandagliato in ogni sua piega anche più riposta. D’ora in avanti, sarà arduo non partire in qualsiasi analisi sul mondo militare dalla scoperta degli otto meccanismi procedurali e organizzativi che convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere.
 
Spetterà ancora al prossimo Parlamento approvare due capitoli fondamentali quali quelli attinenti alla sicurezza sul lavoro e alla tutela previdenziale. Tanto più che i principi ispiratori delle proposte elaborate al riguardo dalla Commissione - e, in ispecie, il superamento della giurisdizione domestica in materia di sicurezza del lavoro e un nuovo regime previdenziale ed assistenziale per il personale militare - hanno riscosso il consenso anche di altri comparti del settore sicurezza, quali le forze di polizia, la guardia costiera e la polizia penitenziaria. E per giunta hanno espresso parere favorevole i ministeri della Difesa, dell’Interno, della Giustizia, delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché il ministero del Lavoro.

In questo quadro, per dare concretamente seguito alle proposte di miglioramento dei livelli della salute e sicurezza e della tutela previdenziale del personale delle Forze armate e del comparto sicurezza, la Commissione chiede al Governo di avviare un tavolo di concertazione tra il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Interno, gli altri ministeri interessati, e l’INAIL per definire le più efficaci modalità di transizione dal regime vigente a quello che entrerà in vigore dopo l’auspicata approvazione, da parte del prossimo Parlamento, della proposta di legge elaborata da questa Commissione.

Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali
Università degli Studi di Salerno


09 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

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