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Donne medico. Precarie, senza figli e poco rappresentate. Ma soddisfatte del rapporto con i pazienti

di Carolina Ciacci

Le donne medico hanno più contratti precari,  borse di studio e lavori in strutture private rispetto agli uomini. Solo il 27% delle dottoresse under 40 ha figli. Poche donne medico sono ai vertici di Asl e ospedali ma anche negli Ordini e nelle associazioni professionali. Lo rileva un sondaggio su 2.300 medici effettuato dall’Ordine dei medici di Napoli

24 NOV - La emergente forza lavoro femminile tra i medici per la prima volta è cosciente di essere la maggioranza ma non si sente di fatto rappresentata nelle scelte politiche. Lo sentiamo e lo viviamo ogni giorno. Quali sono veramente i rapporti di forza tra uomini e donne rispetto alla professione?  E le nuove leve come conciliano la vita privata ed il lavoro? Le donne fanno rinunce? Queste sono alcune delle domande che il Comitato Unico di Garanzia dell’OMCeo di Napoli si è posto. E ci è voluto un anno per elaborare, proporre  ed analizzare un sondaggio sul benessere lavorativo semplice ma contenente tutte le domande necessarie a fotografare il mondo medico tra precariato estremo per i più giovani e invece lavori immutati negli anni per i  più vecchi, logorati dalla noia e dalla impotenza.
 
Hanno risposto al sondaggio in più di 2300 medici ed odontoiatri e così ora abbiamo i numeri su cui ragionare e magari formulare qualche proposta sostenibile.  Alcune cose non erano affatto scontate e meritano una riflessione. Mentre sapevamo che le donne sono presenti nei ruoli apicali in una percentuale che è la metà di quella degli uomini e il nostro sondaggio conferma il trend nazionale,  non immaginavamo che  le donne in media avrebbero dichiarato di aver fatto (subìto) un anno di precariato in più degli uomini. Se guardiamo i dati degli under 40 scopriamo che  le donne hanno più frequentemente contratti precari,  borse di studio, lavori in strutture private.  E poi che solo il 27% delle dottoresse under 40 ha figli, di loro solo il 10% ne ha due,  e che la maggioranza purtroppo sembra proprio che neanche ne desideri.  Infatti  le donne - delle quali il 15% sotto ai 35 anni non riesce a trovare lavoro, contro l’8% degli uomini di pari età-  dichiarano che la cosa che desiderano di più al momento, è avere un posto di lavoro stabile, e poi  di avere più tempo per se stesse, più responsabilità, migliori rapporti di lavoro con i colleghi, persino che i luoghi di lavoro siano più adeguati al servizio svolto.
 
Forse proprio per questa sensazione di precarietà professionale  due terzi delle donne (ma anche il 55% degli uomini) chiedono a gran voce che le donne siano meglio rappresentate in quelle posizioni che contribuiscono alle scelte politiche che le riguardano e dalle quali si sentono ignorate.  E’ di questi giorni la polemica sull’esiguo numero di donne tra i candidati al Consiglio degli Ordini dei Medici. I motivi non sono nella scarsa disponibilità delle donne a prendersi onori ed oneri della carica ma le scelte derivano da antiche consuetudini dure da scardinare. Per questo le poche donne che saranno nei Consigli dovranno impegnarsi come non mai perché qualcosa cambi. Il sondaggio rileva che il 65% degli uomini e delle donne ritengono giusto favorire nei Consigli, con una quota protetta, la rappresentanza di genere. Su questo i CUG e l’Osservatorio per la professione femminile dovrà lavorare cambiando la strategia, visti i risultati.
 
Il sondaggio evidenzia poi in tutte le generazioni e generi uno scollamento profondo tra i desideri e la realtà quotidiana, una profonda sfiducia nella sanità giudicata frequentemente troppo ‘politicizzata’ e quindi sorda e cieca rispetto alle istanze sia dei medici che dei pazienti.  Ma soprattutto è notevole che tra i rispondenti si dichiari  nessuna speranza di un miglioramento nell’immediato futuro. Insomma un quadro nero, nerissimo.
 
Eppure in questo grigiore di speranze deluse qualcosa sembra salvarsi. Infatti, con grande meraviglia scopriamo che il 90% dei rispondenti dice di essere soddisfatto del proprio rapporto con i pazienti, a dimostrazione che la qualità della relazione medico/paziente resista alle difficoltà quotidiane,  alla sfiducia nelle istituzioni, quasi che entrambi gli attori abbiano salvaguardato un pezzo di  patrimonio sociale e culturale che è ancora sotto il loro personale controllo.
 
Insomma,  ci è costato lavoro ma  l’esperienza del sondaggio ha dato a noi del CUG la percezione  forte di come possa un Ordine professionale interpretare il suo ruolo nei giorni d’oggi. Un ruolo di studio vero delle dinamiche lavorative in mutamento e di interpretazione sociale della professione. I dati hanno fatto emergere  alcune tematiche che saranno il nostro lavoro negli anni venire: il sostegno alle giovani donne negli anni del precariato perché non debbano rinunciare alla maternità,  la necessità di facilitare la rotazione nei ruoli professionali per mantenere vivo l’interesse per i compiti individuali, una maggiore attenzione ai luoghi di lavoro, che siano accoglienti, tecnologici e facilitanti la  nostra funzione.
 
Carolina Ciacci
 Prof. Universitario, CUG OmCeO di Napoli

24 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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