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Consiglio nazionale Fofi. Mandelli: “Professione di fronte a fase impegnativa. Nostro dovere è tutelare autonomia farmacista e migliorare salute cittadino”


Il presidente dei farmacisti italiani nel suo intervento al Consiglio nazionale oltre alla prospettive della professione tocca anche alcuni temi caldi: dalle novità del Ddl concorrenza al nuovo Codice deontologico. E poi sulla Legge di Stabilità: "La sanità continua ad essere sottofinanziata. Il Fondo previsto per il 2016 sarebbe dovuto crescere di 3,3 miliardi secondo la nota al DEF, ma evidentemente si è presa un’altra strada". LA RELAZIONE

19 OTT - “Migliorare la salute del cittadino, contribuire alla sostenibilità economica dell’assistenza e dare un futuro a una professione, la nostra, che ha una lunga storia che deve continuare raggiungendo obiettivi  sempre più importanti”. Questo il pensiero del presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti, Andrea Mandelli contenuto in un passaggio della sua relazione al Consiglio nazionale Fofi. “Come rappresentanti della professione – ha detto - abbiamo il dovere di tutelare l’autonomia delle scelte professionali del farmacista indipendentemente dal contesto e dal ruolo aziendale in cui si trova e si troverà a operare, a tutela delle persone e dell’interesse della collettività. Ma l’indipendenza e l’autonomia non bastano se non si sviluppano anche le competenze e gli strumenti professionali che ci permettano di rispondere alle sfide che i cambiamenti della sanità italiana propongono con sempre maggiore urgenza”.
Ma il presidente ha affrontato anche alcuni temi caldi del momento: dalle novità del Ddl concorrenza ai tagli della Stabilità, passando per il nuovo Codice deontologico fino alle sfide e prospettive future della professione e del comparto farmaceutico.

Ma partiamo dal ddl concorrenza (in special modo sull’art. 32 che tra le novità ha aperto alle società di capitali in farmacia) su cui il presidente ha evidenziato come “oggi il quadro è stato precisato almeno per quanto riguarda il capitolo delle incompatibilità, visto che rimarrebbero quelle relative all’attività nella produzione farmaceutica e alle professioni sanitarie abilitate alla prescrizione. E’ venuta meno quella con l’attività di grossista ma, come avevo già detto, era un’innovazione cui ha spianato la strada anche la Legge 248/2006, che ha concesso al titolare di farmacia la possibilità di operare anche come grossista. L’integrazione verticale sarebbe dunque possibile, così come l’integrazione orizzontale, dal momento che non sono stati previsti limiti al numero delle farmacie che può detenere un singolo soggetto”.

Il modello che ne esce per Mandelli è “assai più vicino a quello della Gran Bretagna, o di Belgio e Olanda, che non a quelli che prevedono limiti all’integrazione, come l’Austria o l’Ungheria o a quelli che pongono dei limiti al peso del socio di capitale all’interno della compagine titolare o, ancora, prevedono come obbligatoria la presenza tra i soci della componente professionale. Nel resto dell’Ue la situazione rimane molto differenziata e quindi, malgrado quanto è stato sostenuto ancora recentemente da alcuni commentatori, si tratta di tutt’altro che di una esigenza che viene dall’Europa, che queste richieste per ora le ha fatte soltanto alla Grecia”.

Ma c’è anche un’altra questione che “rimane a oggi insoluta è la possibilità che vengano a crearsi posizioni dominanti. Se in Gran Bretagna il raffronto tra farmacie indipendenti e grandi catene vede un sostanziale equilibrio numerico, la Norvegia a seguito della riforma del 2001, ha subito la concentrazione dell’85% delle farmacie nelle mani di tre società multinazionali della distribuzione intermedia e la legge, dal canto, suo prevede un tetto alla concentrazione piuttosto alto: nessun soggetto può possedere più del 40% delle farmacie norvegesi. Anche questo è un aspetto a oggi non affrontato, eppure è fondamentale soprattutto per il cittadino che a parole si dice di voler favorire attraverso le liberalizzazioni”.

In ogni caso Mandelli ribadisce alcuni pericoli e specifica come “gli studi condotti finora segnalano che la deregulation non ha aumentato il numero delle farmacie nelle aree rurali, e che l’integrazione verticale, in particolare con società di distribuzione, apre la possibilità che il distributore tenda a privilegiare le “sue” farmacie nella fornitura dei medicinali, potendo creare situazioni di reperibilità non uniforme di questo o quel farmaco. Allo stesso modo non è dimostrato un calo della spesa farmaceutica pubblica e/o privata, in particolare per il farmaco da banco. In ultimo, si assiste a uno spostamento del focus dell’attività dal farmaco etico agli altri prodotti non farmaceutici. E’ evidente che, se resta invariata la situazione per quanto riguarda la pianta organica – o zonizzazione che dir si voglia – e la riserva alla farmacia del farmaco soggetto a prescrizione, il quadro presenta minori elementi di gravità per la rete delle farmacie convenzionate rispetto alle ipotesi che erano state avanzate inizialmente. Del resto, era abbastanza prevedibile che, nel momento in cui si apre al capitale un settore finora chiuso, non si volesse svuotare economicamente la rete delle farmacie. Sarebbe stato un business model senza alcuna attrattiva e, quindi, un’operazione fallimentare dal punto di vista economico”.
 
"Sanità italiana sottofinanziata". Ma il presidente ha anche toccato il tema dei fondi per la sanità inseriti nella Legge di Stabilità. “La sanità italiana – ha detto Mandelli - continua a presentare uno scenario caratterizzato da un costante sottofinanziamento che, come osservato anche da commentatori di diversi orientamenti in politica economica, viene pudicamente nascosto nella forma del mancato adeguamento. Come ha sperimentato ogni singolo settore del Servizio sanitario, mancati adeguamenti corrispondono a un taglio dello stanziamento: già basterebbe l’invecchiamento della popolazione a determinare una crescita annuale della spesa, a cominciare da quella della farmaceutica territoriale. Se questo non accade è semplicemente perché si ignora l’aumento del fabbisogno, scaricando la maggiore spesa sui fornitori di prestazioni, farmaci, beni e servizi. Del resto, sono ormai anni che la spesa sanitaria è in contrazione in termini di percentuale sul PIL e complessivamente ferma in termini assoluti, mentre per alcuni capitoli di spesa come la farmaceutica territoriale è in calo. Del resto lo stesso Governo, nella nota di aggiornamento del DEF ha reso manifesta questa tendenza. E come avrete letto, l’aumento per il prossimo anno è già stato ridimensionato. Il Fondo sanitario previsto per il 2016 sarebbe dovuto crescere di 3,3 miliardi secondo la nota al DEF, ma evidentemente la Legge di stabilità ha preso un’altra strada. E anche questi tagli, come si diceva, sono stati apportati senza porre mano efficacemente ai meccanismi che determinano una maggiore spesa: dall’inappropriatezza alle duplicazioni di strutture, dalla medicina difensiva alla corruzione”.

Mandelli è poi intervenuto anche sul decreto appropriatezza. “Il recente decreto del Ministero della Salute che “taglia” 208 prestazioni diagnostiche non andava in questa direzione, anche a detta dei rappresentanti dei medici,  visto che interpreta l’appropriatezza soltanto in termini di accesso alle prestazioni e non sulla base di evidenze scientifiche. Non c’è bisogno di tagli, anche qui, ma di elaborare protocolli diagnostico-terapeutici basati sull’evidenza, di formare e aumentare il personale. Quando si parla di spending review in sanità non si tratta soltanto di quantificare un risparmio immediato, ma di gettare le basi per affrontare il futuro dell’assistenza”.

Farmaci innovativi. “Nel caso dell’assistenza farmaceutica – ha poi affermato - la questione dei farmaci innovativi non si limita certo ai nuovi antivirali per il trattamento dell’epatite C cronica. All’orizzonte si prospettano anticorpi monoclonali per il trattamento dell’ipercolesterolemia e farmaci biotecnologici per la terapia dell’Alzheimer, tutte condizioni che per la loro prevalenza nella popolazione generale costituiscono un capitolo di spesa ben più rilevante di quello dell’epatite C. Ma anche senza attendere le innovazioni prossime venture, già oggi ci sono questioni di cui poco si parla ma sono fondamentali, per esempio i nuovi ipoglicemizzanti che hanno mostrato di ridurre significativamente le complicanze del diabete e gli effetti collaterali dei trattamenti tradizionali, ma che per ragioni di costo restano confinati alla dispensazione diretta e alla prescrizione ospedaliera. Così si riduce l’esborso immediato ma si limitano molto gli effetti positivi, anche dal punto di vista economico, di queste innovazioni. In altre parole, la politica dei tagli lineari conduce a impoverire il servizio sanitario, ma non lo rende né più efficace né più efficiente”.
 
Nuovi prezzi di riferimento. “E a questo proposito, merita attenzione l’ultima misura sul prontuario contenuta nel Dl enti locali, che ridefinisce il prezzo di riferimento non più per singolo principio attivo ma per raggruppamenti terapeuticamente assimilabili.  Soprattutto valuteremo quali effetti potrà avere un’ulteriore riduzione dei prezzi non soltanto sull’economia e la funzionalità del comparto, a cominciare da quelle della rete delle farmacie. Non mi riferisco soltanto al valore medio della ricetta SSN, ormai in calo da tempo, ma anche alle difficoltà di approvvigionamento per le singole farmacie. Ormai sono tantissimi i colleghi che lamentano le costanti difficoltà per ottenere questa o quella specialità che, quando anche non è dichiarata mancante, è comunque carente in una o più aree del paese. Divaricare ulteriormente il prezzo italiano rispetto a quello in vigore negli altri paesi europei non contribuisce certo a rendere il nostro un mercato appetibile”.

In questo quadro Mandelli ha precisato come “per la professione si apre una fase molto impegnativa, su diversi fronti”. Il primo è quello dell’autonomia professionale “che andrà tutelata con la massima attenzione, perché per la prima volta ci troviamo di fronte a una situazione in cui il farmacista può trovarsi in posizione subordinata rispetto a soggetti che non hanno obblighi deontologici. In Gran Bretagna, all’interno delle società titolari di farmacia le scelte professionali sono riservate al farmacista e la sua autonomia è tutelata per legge, per esempio, mentre in Italia ancora questo aspetto non viene considerato. In Italia la professione potrà e dovrà fare leva sulla legge 69/2009, sulla farmacia dei servizi, perché si passi a una politica di standardizzazione e accreditamento delle prestazioni rese dal farmacista in farmacia: anche questo è un aspetto fondamentale per l’autonomia professionale e per il rispetto dell’obbligo di agire secondo scienza e coscienza”.

Accanto a questo capitolo c’è quello della sorveglianza sulle compagini societarie, “per evitare infiltrazioni e conflitti di interesse più o meno mascherati. L’obbligo previsto dalla legge di comunicare l’assetto societario e lo statuto, entro 60 giorni, alla Federazione degli Ordini, all’assessore alla sanità, all’Ordine provinciale dei farmacisti e all’unità sanitaria locale è un fatto importante che non va sottovalutato per evitare che si trasformi in un adempimento burocratico”.

C’è poi l’aspetto dell’associazionismo professionale. “Ne abbiamo parlato anche nel Consiglio nazionale – ricorda -  di aprile, quando richiamavo la necessità di non limitarsi agli anatemi di fronte a questo cambiamento. Il sistema è in crisi da tempo, e finora lo strumento delle cooperative e delle società di professionisti, anche per i limiti imposti dalla normativa, non è stato sfruttato nel modo migliore. Non possiamo più permetterci errori e sottovalutazioni. Finora abbiamo affrontato il mercato in ordine sparso, per cominciare, trascurando che le economie di scala possono essere attuate da società di professionisti o anche da associazioni di farmacisti che comunque non rinunciano alla titolarità delle loro farmacie. Le esperienze estere, europee e americane, mostrano che è possibile per i professionisti costruire una massa critica adeguata a confrontarsi con gli altri attori e, soprattutto, a fornire ai cittadini servizi all’altezza della situazione”.

Infine, per Mandelli “diviene ancora più centrale la valorizzazione delle prestazioni professionali, il loro riconoscimento economico da parte del servizio sanitario e, in definitiva, lo sganciamento della sostenibilità economica della farmacia di comunità dal margine commerciale, perché è sul piano professionale che il farmacista può competere ad armi pari con altri attori economici. Come ho detto più volte, l’evoluzione mondiale dell’assistenza farmaceutica, sempre più orientata alle prestazioni professionali, ci offre un punto di forza che non avremmo se il quadro fosse ancorato esclusivamente alla funzione della dispensazione, dove la logica del “tot pezzi in tot minuti” potrebbe vedere vincente un modello commerciale della farmacia”.
 
Mandelli ha ricordato a questo proposito lo studio Re I-MUR, fase finale della sperimentazione della revisione dell’uso dei medicinali usando l’asma come modello, promossa dalla Federazione, coordinata dalla Medway School of Pharmacy. “Lo scopo della nostra sperimentazione era dimostrare che le prestazioni avanzate della farmacia, volte a migliorare l’aderenza alla terapia, potevano essere erogate anche dal farmacista italiano nel setting della farmacia italiana, che queste avevano un rilevante effetto positivo sulla salute del paziente e incontravano il suo gradimento, e infine, ma non per importanza, che l’intervento del farmacista può generare appropriatezza e risparmio per il servizio sanitario. Ci adopereremo perché quanto è stato dimostrato qui sia divulgato nella pubblica opinione, e sia posto all’attenzione dei decisori sanitari a livello centrale e locale”.

Per quanto riguarda la Federazione, il presidente ha ricordato come “il Comitato Centrale ha ritenuto opportuno avviare la revisione del Codice deontologico per tenere conto delle novità legislative intervenute dall’ultima stesura, peraltro ancora in evoluzione. Molti i punti che richiedono approfondimenti, tra i quali i tre che vi abbiamo già segnalato. Il primo è la possibilità di allestire preparazioni galeniche officinali che non richiedono prescrizione, che la Legge 27/2012 ha consentito anche ai colleghi che operano nelle parafarmacie; di qui la necessità di aggiornare l’articolo 7, comma 1, del Codice Deontologico per estendere la prerogativa della preparazione galenica anche agli esercizi commerciali, in possesso dei requisiti richiesti e nel rispetto delle condizioni previste. Anche l’articolo 24, che stabilisce il dovere di non dispensare farmaci soggetti a prescrizione in assenza di una ricetta deve essere modificato alla luce della cosiddetta dispensazione condizioni di urgenza, disciplinata dal Decreto ministeriale 31 marzo 2008, che stabilisce a quali condizioni il farmacista può consegnare il farmaco anche se il paziente non presenta una ricetta”.

Infine per Mandelli “si deve intervenire sull’articolo 34, che nella formulazione attuale vieta la vendita di medicinali tramite internet o altre reti informatiche superato dalle disposizioni introdotte dal D.Lgs. 17/2014 in materia di vendita online di medicinali senza obbligo di prescrizione medica. Peraltro è il caso di ricordare che il Ministero della salute, entro il 1° luglio 2015, avrebbe dovuto predisporre il logo nazionale, conforme a quello approvato dalla Commissione Europea, che servirà a identificare ogni farmacia o parafarmacia che effettui vendita on line di farmaci. Ad oggi, tuttavia, questo logo non è stato ancora adottato dal Dicastero”.
 
Nelle sue conclusioni il presidente Fofi evidenzia in ogni caso come “l’apertura ai capitali rappresenta anche l’occasione per sviluppare per la prima volta in Italia il concetto di impresa civile, promuovendo e potenziando forme associative e societarie in cui la componente professionale sia maggioritaria e nelle quali il perseguimento di un utile economico sia temperato, per usare le parole della sentenza della Corte di Giustizia europea del 2009,  “dalla formazione [del farmacista], dalla sua esperienza professionale e dalla responsabilità ad esso incombente, considerato che un’eventuale violazione delle disposizioni normative o deontologiche comprometterebbe non soltanto il valore del suo investimento, ma altresì la propria vita professionale”. 

“Come rappresentanti della professione – ha detto - abbiamo il dovere di tutelare l’autonomia delle scelte professionali del farmacista indipendentemente dal contesto e dal ruolo aziendale in cui si trova e si troverà a operare, a tutela delle persone e dell’interesse della collettività. Ma l’indipendenza e l’autonomia non bastano se non si sviluppano anche le competenze e gli strumenti professionali che ci permettano di rispondere alle sfide che i cambiamenti della sanità italiana propongono con sempre maggiore urgenza. E su questo piano l’iniziativa federale ha già conseguito importanti risultati. Quando finalmente si attuerà la territorializzazione dell’assistenza, quando si deciderà di aggredire il problema dell’aderenza terapeutica, quando si avvierà la digitalizzazione della sanità, la nostra professione sarà presente all’appuntamento forte di proposte, di know-how e di strumenti. Quando la figura e l’attività del farmacista affronteranno quegli snodi evolutivi ormai inevitabili, che per primi abbiamo prefigurato, la Federazione non dovrà aspettare l’esperto di turno o rincorrere schemi e modelli altrui: parleremo con la forza delle nostre esperienze validate scientificamente; proporremo il nostro  progetto di un servizio farmaceutico capace di rispondere a tre esigenze fondamentali: migliorare la salute del cittadino, contribuire alla sostenibilità economica dell’assistenza e dare un futuro a una professione, la nostra, che ha una lunga storia che deve continuare raggiungendo obiettivi  sempre più importanti. Non è poco, ed è quanto si è costruito insieme, nella certezza che mai come oggi il farmacista debba assumere un ruolo centrale nella sanità e nel processo di cura”.

19 ottobre 2015
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