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Medici e dirigenti Ssn. A ottobre sciopero per rinnovo contratto e difesa sanità pubblica: “Governo metta le risorse necessarie o Ssn non durerà più di 5 anni”

di Lucia Conti

Cinque anni. Senza correttivi, è questo il periodo stimato di sopravvivenza del Ssn. Poi sarà lo sfascio completo. L’intersindacale medica ha lanciato l’allarme oggi da Roma. “Le carenze del sistema sono troppo gravi perché la dedizione dei medici sia sufficiente a tenerlo in piedi”. Ieri incontro con Grillo: “Ha condiviso le nostre preoccupazione, ma è dal Mef e dallo Sviluppo che servono risposte”. Aspettative, poche: “La sanità non è tra le priorità del Governo. Non vogliamo rimanere schiacciati tra la Flat Tax e il reddito di cittadinanza”. Per il contratto i medici chiedono finanziamenti per almeno 560 milioni.

27 SET - Una o più giornate di sciopero, a partire da ottobre. Poi una manifestazione nazionale a Roma, sit-in davanti al Parlamento, all’Aran e alle Regioni e iniziative in tutte le Regioni. È questo il programma annunciato dall’Intersindacale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria all’indomani dell’incontro con il ministro della Salute Giulia Grillo. Perché se anche il ministro ha condiviso le preoccupazioni dei medici, “è dal Mef e dallo Sviluppo economico che devono arrivare risposte”. Ed è per sollecitare un impegno da parte del Governo sulla sanità e la questione medica che i sindacati hanno lanciato lo stato di agitazione.

Il servizio sanitario pubblico vive un “momento critico con un quadro preoccupante”, ha detto il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Carlo Palermo, alla conferenza stampa convocata a Roma per annunciare la protesta . La carenza di personale è “drammatica”. E “non basta dire che non ci saranno tagli. La sanità va finanziata, per garantire organici adeguati, allargare l’offerta sanitaria, ma anche per chiudere un contratto scaduto da 8 anni”.
 
Palermo ha quindi spiegato che proprio oggi i sindacati dei medici hanno deciso di interrompere l'interlocuzione tecnica con l’Aran per il rinnovo del contratto: “Le questioni tecniche sono chiare, quel che manca sono le risposte politiche”. “Dieci anni di blocco del contratto – ha poi evidenziato – sono 10 anni di perdita inflattiva”. Ed ha accusato le Regioni di avere “contribuito a creare questo clima disattendendo l'accordo sul contratto”. Quindi ha riferito che ai medici mancano risposte anche in merito ai fondi accessori, “che sono fondamentali per retribuire il disagio, che ha ormai raggiunto livelli altissimi, ma anche la carriera”.

Il leader dell’Anaao Assomed ha infine evidenziato come la sanità sia un sistema basato sulla partecipazione di tutte le sue componenti. “Ma i medici mortificati, non sono partecipativi. Non riescono ad offrire il massimo, garantendo il livello qualitativo delle prestazioni ottimale. Ed è per questo che fanno di tutto per uscire dal sistema, non solo con la pensione, ma anche migrando verso il privato. Questo è un rischio soprattutto in Veneto, Piemonte e Lombardia, dove la componente privata è particolarmente forte”.

Per il rinnovo del contratto dei medici del settore pubblico servirebbero, secondo le stime presentate in conferenza stampa, almeno 560 milioni. Si tratterebbe di 500 milioni per l'aumento del 3,48% previsto per gli stipendi pubblici e altri 60 milioni per garantire l'indennità di esclusività della massa salariale. Guido Quici, presidente nazionale della Cimo, ha evidenziato come le Regioni “mentre per i 64.000 medici della medicina convenzionata hanno accantonato 356 milioni (elemento che ha consentito di destinare 300 mln di euro alla sigla dell’Accordo Collettivo Nazionale di questa categoria), per i circa 130.000 medici dipendenti del SSN le Regioni hanno invece accantonato, solo 12,9 milioni, somma irrisoria alla quale peraltro hanno contribuito per il 95% solo due regioni, Lombardia ed Emilia Romagna” (vedi tabella a fondo pagina). Per Quici, le Regioni hanno “lucrato” sul personale.
 
A fargli eco Aldo Grasselli, presidente Fvm: “Dal Conto annuale dello Stato si scopre che, grazie ai massicci pensionamenti, la spesa per la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria ha fatto risparmiare alle Regioni oltre il 10%. La spesa è scesa da 5.4milioni di euro del 2010 a meno di 5 milioni di euro nel 2016. Mezzo miliardo di euro anno risparmiato sulle spalle dei medici”.
 
A rilanciare l’allarme sulle difficoltà dei medici e del sistema anche Giuseppe Ettore, presidente Fesmed. “Dopo nove anni il contratto dei dirigenti medici è ancora un traguardo lontano e la colpa è dell’inerzia della politica”. A questo si aggiungono “i gravi problemi per il nostro Ssn”, come la carenza di medici “a causa della mancata programmazione e di una precisa volontà politica orientata oramai al declino della sanità pubblica”. Per Ettore servono “proposte migliorative e di tutela  non solo per il blocco del salario,  ma soprattutto per  la  sicurezza e la qualità di lavoro dei medici, la formazione, la turnazione, la premialità, la tutela legale e assicurativa”. Della stessa opinione Uil e Cisl Medici.


I sindacati, dunque, pretendono risposte. E soluzioni vere. “Basta bonus o mance elettorali, serve una legge di bilancio che investa sul personale e i servizi. Non è in gioco solo il nostro lavoro ma garanzie ed equità nell'erogazione delle cure per tutti i cittadini”, ha detto Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici.

Senza correttivi, secondo le stime di Carlo Palermo, in 5 anni la sanità sarà al completo sfascio. La coordinatrice della Fassid, Alessadra Di Tullio, ha quindi lanciato un ulteriore allarme: “Alcune Regioni stanno portando avanti velocemente un percorso per l’autonomia. È evidente che più le Regioni assumono autonomia, più ci si dovrà preoccupare di avere 21 servizi sanitari regionali diversi. E non vorrei trovarmi al posto dei cittadini delle aree più in difficoltà”.

“La politica ha sempre pensato che la sanità avrebbe continuato a funzionare a prescindere da tutto e tutti, grazie alla dedizione dei medici e degli altri operatori. Ma non è così. E non è corporativismo. Le carenze del sistema sono troppo gravi perché la dedizione dei medici sia sufficiente a fronteggiarle”, ha detto Alessandro Vergallo dell’Aaroi Emac, che ha definito le istituzioni “mandanti” dei cittadini che aggrediscono il personale sanitario negli ospedali. Una affermazione forte, ma “del resto – ha spiegato Vergallo – le aggressioni sono spesso scatenate dai disservizi del sistema e di questo sono responsabili le istituzioni. Ora cercheremo di fare capire che la situazione va invertita”.
 
L'obiettivo dell'intersindacale è di “non rimanere schiacciati tra la Flat Tax e il reddito di cittadinanza”, come ha detto Palermo.

Le aspettative, per la realtà, sono poche. “Abbiamo sensazioni molte negative”, ha detto il leader dell’Aaroi Emac. “Questo Governo ha preso altri impegni. La sanità non è la sua priorità e il ministro della Salute non ha potere per contrattare. Questo è stato chiaro nell’incontro di ieri con il ministro Grillo, nel corso del quale, infatti, non ci sono state fatte promesse”.

Alla conferenza stampa convocata dall’intersindacale erano presenti anche Giovanni Leoni e Roberto Monaco, rispettivamente vicepresidente e segretario Fnomceo, a dimostrare l’unità della categoria. “La Fnomceo rappresenta tutti i medici, che da anni fanno il loro lavoro nonostante tutte le penalizzazioni e le criticità del sistema. Dobbiamo sensibilizzare i cittadini e spiegare loro che difendere la dignità dei medici significa difendere la qualità dell’assistenza”, hanno detto Leoni e Monaco, che hanno voluto evidenziare anche l’importanza di dare ai medici donne, sempre più numerose nel Ssn, garanzie sulla compatibilità tra lavoro e famiglia.
 

 
 
Lucia Conti

27 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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