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Mnlf risponde al Cermaf: “Con liberalizzazioni stessa sicurezza e migliori condizioni per cittadini e farmacisti”


Il vicepresidente del Movimento Nazionale dei Liberi Farmacisti replica all’articolo con cui il presidente del Centro Ricerche sul Management Farmaceutico difendeva l’attuale sistema del servizio farmaceutico: “Nessun rischio per la sicurezza né aumento di consumi".

03 GEN - Riceviamo e pubblichiamo la replica del vicepresidente del Movimento Nazionale dei Liberi Farmacisti (Mnlf), Fabio Romiti, all’articolo pubblicato il 30 dicembre scorso a firma del presidente del Centro Ricerche sul Management Farmaceutico (Cermaf), Antonio Perelli, che difendeva l’attuale sistema del servizio farmaceutico ed esprimeva le sue preoccupazioni sulla liberalizzazione dei farmaci con ricetta.


L’articolo di Antonio Pirelli merita una replica che necessita, per rispetto dei lettori di Quotidano Sanità, di una premessa.
Il Cermaf, Centro ricerche management farmaceutico,  di cui Antonio Perelli è Presidente,  ha tra gli associati 40 farmacie che rappresentano la maggioranza.  Per carità, nulla di male, tutti noi ogni qualvolta esprimiamo una posizione siamo di parte, ma ritengo utile che i lettori abbiano  il maggior numero d’informazioni per poter a loro volta costruirne una propria ed indipendente. Quello della chiarezza di sigle e relative posizioni è un problema riscontrato con una certa frequenza in questi ultimi tempi (vedi Federanziani ove Federfarma ne è partner).

Ma veniamo ai contenuti dell’intervento. Nell’articolo, si prova a far credere che gli esercizi farmaceutici autorizzati alla vendita, per ora, dei farmaci d’automedicazione dall’art. 5 del D.L. 4 luglio 2006 n. 248 (parafarmacie) offrano ai cittadini un livello di sicurezza inferiore rispetto alle farmacie. Questo è un “refrain” che abbiamo sentito spesso in queste settimane, purtroppo anche da esponenti apicali della categoria.
Noi riteniamo questo modo di fare scorretto e non corrispondente alla verità.

Il farmaco d’automedicazione, come il farmaco di fascia C è tracciato sia per le farmacie che per le cosiddette “parafarmacie” e questo in forza del fatto che il codice di tracciabilità è elemento indispensabile per poter iniziare l’attività. In poche parole se non si ha l’affidamento di questo codice da parte del Ministero della Salute ne la farmacia, ne la parafarmacia può operare.
Quindi il farmaco è tracciato, seguito nel suo percorso e rintracciabile ogniqualvolta l’Autorità sanitaria ne ravvisi l’esigenza.

La farmacovigilanza.

Il dott. Pirelli afferma che la ricetta rossa offre maggiori garanzie di “sorveglianza/farmacovigilanza” della ricetta bianca. Probabilmente c’è un po’ di confusione. La farmacovigilanza in Italia come in Europa svolge una funzione di monitoraggio delle segnalazioni di reazioni avverse connesse all’assunzione dei farmaci. E guarda un po’, il D.L. n.274 del 29/12/2007 individua anche i farmacisti operanti in parafarmacia tra i soggetti a cui è fatto obbligo di farmacovigilanza. Inoltre, tutti i medici e gli operatori sanitari sono tenuti per legge, quando ce ne siano gli estremi, a partecipare alla rete di farmacovigilanza italiana. Per i farmacisti che operano nelle strutture territoriali non è che sia andata molto bene negli ultimi anni su 20.191 segnalazioni del 2009, il 12,13% sono state di farmacisti. Di questi il 70% proviene da farmacisti ospedalieri. Un po’ meglio nel 2010. Tutti noi dovremmo sicuramente fare di più, ma proprio per questo non credo sia un tema da utilizzare per costruire tesi artefatte che non corrispondono alla realtà, inoltre vorrei rassicurare il Presidente della Fofi Andrea Mandelli, le parafarmacie si adegueranno a qualsiasi modifica delle norme in vigore se queste verranno fatte nel “superiore” interesse della tutela della salute pubblica.

Per quanto riguarda i consumi dei farmaci è troppo facile dire che i farmaci di fascia C vengono dispensati solo attraverso una prescrizione del medico e che la stessa poi sfugge al controllo. Non dimentichiamo che li medico se vuole può limitarne l’uso indicando esplicitamente il numero di confezioni. Poi, evitiamo di fare demagogia, la facilità con cui certi farmaci vengono consegnati senza la prescrizione medica in farmacia (vedi Aulin ieri e Oki oggi) consiglierebbe una prudenza maggiore. Le patologie iatrogene non sono aumentate per i farmaci d’automedicazione, perché dovrebbero aumentare a seguito della liberalizzazione dei farmaci di fascia C? Non trattiamo gli italiani da bambini, i cittadini non hanno alcuna intenzione di fare “scorpacciate” di pastiglie.

Questa storia della delocalizzazione delle farmacie a seguito della liberalizzazione dei farmaci di fascia C è un “tormentone” che riappare ogni qualvolta viene messo in discussione lo status quo del sistema vigente. Peccato, che i dati, per chi li vuole leggere, dicano esattamente l’opposto: i centri dei comuni più piccoli si sono spopolati  del servizio farmaceutico con questa legislazione, con questa e non con altre leggi le farmacie si sono spostate accanto ai centri commerciali. Al contrario, dove non c’è alcuna esigenza di nuovi insediamenti farmaceutici, pochissime parafarmacie hanno aperto. Non sono i  comuni più piccoli ad essere minacciati, non dove minore è l’insediamento della popolazione. La concorrenza manca proprio nei centri urbani più grandi, dove il numero di abitanti è maggiore. Ma guarda caso sono proprio le farmacie lì ubicate a “rispolverare” la minaccia per le farmacie più piccole. Solidarietà interessata? Chissà.

La farmacia italiana non è il modello più bello del mondo come qualcuno in un impeto di “autocelebrazione” va ripetendo a volte in maniera un po’ ridicola, non è sicuramente il peggiore, ma di certo si può migliorare. Nessuno ne vuole la sua scomparsa, ma per favore non continuate a prenderci in giro, non raccontate più la favola dell’abbassamento del quorum. Sappiamo far di conto, conosciamo il numero delle farmacie sopranumerarie, sappiamo quale è la differenza tra una rinfrescata dei muri e la loro ricostruzione.

Questa non è la disfida delle povere farmacie minacciate dal grande capitale o dalla grande distribuzione. C’è ben altro. C’è il desiderio di migliaia di farmacisti ad essere padroni del proprio futuro per se e per la propria famiglia. Per anni abbiamo denunciato il malessere che cresceva, per anni ci avete ignorato. Ora non è più possibile e malgrado i sondaggi “autoprodotti”, avete perso i favori della pubblica opinione. Siete diventati l’emblema del corporativismo, dell’immobilismo sociale italiano. In un momento in cui tutti debbono fare sacrifici, voi vi alleate con la parte politica più “retrograda” dell’intero Parlamento, e cercate di sottrarvi ad ogni sacrificio, anche il più piccolo (380 euro/mese).
 
No caro Perelli, la minaccia reale alle farmacie non sono le vere o presunte catene di parafarmacia, ma piuttosto l’insofferenza sempre più grande del popolo italiano verso chi continua a difendere i propri interessi particolari a danno di quelli generali. La minaccia più grande è l’insofferenza della maggioranza dei farmacisti impossibilitati ad avere le stesse opportunità di chi ha avuto la fortuna di nascere nella “culla” giusta. Del termine “equità” vi dovete sentire minacciati, non di altro.
 
Fabio Romiti
Vice presidente MNLF

 

03 gennaio 2012
© Riproduzione riservata

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