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Responsabilità professionale. La nuova legge sulla conciliazione del Lazio e il ddl Gelli

La nuova legge regionale per la risoluzione volontaria stragiudiziale delle controversie in materia di responsabilità medico-professionale è un'ulteriore tassello del già complesso panorama degli strumenti di definizione extragiudiziale (negoziazione assistita, mediazione, consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite). Un panorama che ora dovrà confrontarsi anche con la nuova legge in discussione al Senato

16 MAR - Il 7 marzo è stata pubblicata la legge della Regione Lazio n. 1 del 7-3-2016 avente ad oggetto “Disposizioni per favorire la conciliazione nelle controversie sanitarie e in materia di servizi pubblici”, attraverso l’istituzione della Camera regionale di conciliazione presso l'Istituto regionale di studi giuridici del Lazio "Arturo Carlo Jemolo".
 
La legge ha l’espressa finalità tutelare le esigenze dei cittadini che fruiscono dei servizi pubblici regionali, erogati, tra gli altri, dalle aziende sanitarie ivi comprese quelle ospedaliero-universitarie, e garantire il rispetto degli standard di efficienza, efficacia e qualità cui l'erogazione deve uniformarsi.
 
Nel quadro di tale finalità, la legge regionale individua e disciplina le procedure afferenti alla Camera regionale di conciliazione funzionali alla composizione stragiudiziale delle controversie tra utente ed erogatore regionale del servizio pubblico, aventi ad oggetto “diritti disponibili”, con il duplice obiettivo, da un lato, di prevenire situazioni di contenzioso che possano coinvolgere detti soggetti e, dall’altro, di consentire al cittadino un più rapido soddisfacimento delle proprie richieste e, contestualmente, all'amministrazione regionale una riduzione dei pesi finanziari ed amministrativi delle liti.
 
L’inserzione nell’ordinamento regionale di tale innovativo sistema di prevenzione e conciliazione di eventuali contenziosi tra utenti ad erogatori si attua tramite il duplice obbligo, a carico degli stessi erogatori, da un lato, di inserire nelle rispettive “carte dei servizi” la c.d. clausola conciliativa meglio specificata all’articolo 2 della Legge regionale (detta clausola fonda il diritto dell’utente ad attivare il procedimento di conciliazione per la risoluzione stragiudiziale delle controversie nascenti da disservizi o irregolarità nello svolgimento del servizio o nell'erogazione delle prestazioni e ne descrive tempi, caratteri e modalità di attivazione e svolgimento) e, dall’altro, di partecipare comunque e sempre a tale procedimento, con l’onere, altresì, in caso di attivazione del procedimento da parte dell’utente, di nominare un proprio referente e di rimettere documentato rapporto informativo sulla questione alla Camera medesima.
 
La Legge regionale, nel definire la suddetta mission generale della Camera di conciliazione, enuclea, in particolare, la categoria delle controversie tra cittadini e gli enti del servizio sanitario regionale in materia di erogazione delle prestazioni sanitarie con specifico riguardo alle controversie in tema di responsabilità medico-professionale ad esclusione di quelle di particolare complessità e comunque di valore superiore a cinquantamila euro.
 
La innovativa previsione di tale istituto, in questo caso di matrice regionale, specificamente profilato quale procedimento di risoluzione volontaria stragiudiziale delle controversie in materia di responsabilità medico-professionale, si pone quindi quale ulteriore tassello del già complesso panorama degli strumenti di definizione extragiudiziale delle problematiche attinenti la responsabilità professionale in campo sanitario (negoziazione assistita, mediazione, consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite), panorama che, come noto, è in continua elaborazione giurisprudenziale e, allo stato, in fase di trasformazione in esito alla preannunciata approvazione disegno di legge Gelli in discussione al Senato.
 
Vediamo pertanto come si presenta la situazione della trattazione extra-giudiziale della responsabilità sanitaria alla luce dell’attuale assetto normativo, così come rivisitato dalla giurisprudenza, e, in prospettiva, con riferimento alle nuove previsioni contenute nel ddl Gelli, valutando altresì, rispetto a detti assetti in fase di evoluzione, la posizione del nuovo istituto di composizione stragiudiziale delle controversie previsto dalla Legge regionale del Lazio n. 1 del 2016.
 
Di recente il tribunale di Roma, con l’ordinanza del 26 marzo 2015, ha cercato di fare chiarezza tra i diversi strumenti attualmente utilizzabili per risolvere una controversia in ambito di responsabilità medica. Il tribunale in questione si è soffermato, in particolare, sulle condizioni di ammissibilità del ricorso per l’accertamento tecnico preventivo finalizzato alla conciliazione, ex articolo 696-bis del c.p.c., che - contrariamente al semplice accertamento tecnico di cui all’articolo 696 del c.p.c. configurato come istituto istruttorio cautelare, strumentale al successivo giudizio di merito - ha una funzione istituzionale, oltre che di qualificato accertamento tecnico, anche e soprattutto, di carattere eminentemente conciliativo, indipendente pertanto dal successivo giudizio di merito la cui attivazione rappresenta una mera eventualità.
 
Al riguardo, secondo il tribunale di Roma, detto ricorso per l’accertamento tecnico preventivo, finalizzato alla conciliazione è comunque ammissibile solo ove l'assegnazione dell'incarico peritale sia idoneo a risolvere la controversia sull'an e sul quantum e ciò sia possibile in quanto gli accertamenti abbiano un elevato grado di fattualità, non potendosene ammettere l’utilizzo nei casi in cui sussista un radicale e profondo contrasto fra le parti che richieda indagini complesse, non solo in fatto ma anche e soprattutto in diritto, che non possono essere demandate al consulente.
 
Accanto all’accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi, ad oggi meramente facoltativo rispetto all’esercizio dell’azione relativa alla controversia in materia di risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria, è previsto, quale generale istituto finalizzato alla conciliazione delle controversie civili, la mediazione regolata dal D.lgs n. 28 del 4 marzo 2010 e ss.mm.ii..
 
Tale strumento, ad oggi obbligatorio - ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis del medesimo D.lgs n. 28/2010 - rispetto all’esercizio dell’azione relativa alla suddetta materia del risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria, consiste nell’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. A sua volta, tale strumento, ancorché gestito da un mediatore capace di rimettere in contatto le parti, presenta indubbi limiti di istruttoria proprio con riguardo ai profili concernenti la competenza tecnica della fase dell’accertamento.
 
Il d.d.l. Gelli, in discussione al Senato, prevede che chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso, ai sensi del citato articolo 696-bis del c.p.c., attraverso una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.
 
La presentazione di tale ricorso - ed è questa la più rilevante novità - costituisce quindi condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. Il giudice, infatti, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del c.p.c. non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva o di completamento del procedimento.
 
La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione, per tutta la durata del procedimento. Al fine di scoraggiare la mancata partecipazione delle parti a tale fase propedeutica, caratterizzata dalla qualificata presenza istituzionale di un consulente e volta alla deflazione dei contenziosi, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria.
 
Non manca tuttavia chi abbia rilevato che la sanzione prevista in caso di mancata partecipazione all’accertamento tecnico preventivo, ovvero il pagamento delle spese di lite, sia troppo bassaper costituire un reale deterrente alla diserzione dalla partecipazione al preliminare procedimento di accertamento preventivo con fini conciliativi.
 
Il d.d.l. Gelli prospetta, pertanto, il rovesciamento del citato, attuale assetto normativo: il comma 2 dell’articolo 8 del d.d.l. Gelli, nel configurare il ricorso ex articolo 696-bis del c.p.c. quale condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, prevede infatti, contestualmente, in tali casi, la non applicazione del menzionato articolo 5, comma 1-bis del D.lgs n. 28/2010 in tema di mediazione obbligatoria (nonché dell’articolo 3 del Decreto legge n. 132/2014 convertito dalla L. 162/2014 in tema di obbligatorio esperimento del procedimento di negoziazione assistita).
 
In tal senso il d.d.l. Gelli - nell’istituzionalizzare, quale condizione di procedibilità alla azione in giudizio, il ricorso alla consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’articolo 696-bis del c.p.c. rafforzandone altresì l’efficacia anche grazie alla previsione circa la necessità della individuazione, oltre che del medico legale, anche di uno o più specialisti “che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento” (comma 1 dell’articolo 15) - ha preso atto del fatto che l’istituto della mediazione nel settore della responsabilità medica ha nel tempo mostrato evidenti limiti istruttori data la complessità di tale genere di controversie, sia dal punto di vista fattuale che da quello giuridico.
 
Lo strumento previsto dalla Legge regionale n. 1/2016 si pone, a sua volta, tra gli istituti di negoziazione volontaria e paritetica regolati dalle carte dei servizi degli erogatori pubblici che, ai sensi dell’articolo 2 comma 2 del citato D.lgs. n 28 del 2010, non risultano preclusi dalle più generali previsioni in materia di mediazione così come regolata dallo stesso D.lgs. n 28 del 2010.

Il procedimento conciliativo davanti alla Camera regionale è connotato da tratti e criteri di funzionamento definiti sulla falsariga di quanto già previsto più in generale per il procedimento di mediazione, consistenti nella: 
 
non obbligatorietà del procedimento conciliativo; 
 
volontarietà delle parti di adesione al procedimento, fermo restando l’obbligo di partecipazione esclusivamente a carico del soggetto erogatore; 
 
non vincolatività della proposta di accordo conciliativo della Camera, potendo le parti decidere di adire successivamente l'autorità giudiziaria; 
 
imparzialitàriservatezza e celerità del procedimento, compatibilmente con la complessità della controversia; definizione della conciliazione, in caso di accordo fra le parti, con un atto negoziale di diritto privato ai sensi dell'articolo 1965 del codice civile, nella misura in cui, ovviamente, la controversia tra utente ed erogatore regionale del servizio pubblico abbia ad oggetto “diritti disponibili”.
 
Come già richiamato, la Camera regionale, oltre ad avere una competenza generale per la composizione in via stragiudiziale delle controversie insorte tra i soggetti erogatori di servizi pubblici regionali ed i cittadini utenti, relativamente al mancato rispetto degli standard di qualità previsti nelle carte dei servizi, ha una speciale competenza per la composizione stragiudiziale di quelle controversie tra cittadini ed enti del servizio sanitario regionale riferite al tema della responsabilità medico-professionale in quanto non risultino di particolare complessità e, comunque, prospettino un valore non superiore a cinquantamila euro.
 
E proprio con riguardo al suddetto tema della responsabilità medico-professionale, resta peraltro ferma - a legislazione vigente - la previsione di cui al menzionato comma 1-bis dell’articolo 5, comma 1-bis del D.lgs n. 28/2010, secondo cui chi comunque intenda esercitare in giudizio un'azione relativa a detta tipologia di controversie (risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria) è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente, a esperire il procedimento di mediazione ai sensi dello stesso presente decreto D.lgs n. 28/2010.
 
Qualora il d.d.l. Gelli fosse approvato così come licenziato dalla Camera, tale condizione di obbligatoria procedibilità per l’esercizio dell’azione in giudizio sarebbe invece riconducibile, come visto, al previo esperimento del ricorso alla consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’articolo 696-bis del c.p.c.
 
E’ pertanto nel quadro di tali vincoli normativi di legge statale (presenti e futuri) che il Regolamento previsto dal comma 3 dell’articolo 3 della Legge regionale dovrà dare spazio e sostanza alla casistica concernente la composizione stragiudiziale delle controversie tra cittadini ed enti del servizio sanitario regionale in tema di responsabilità medico-professionale. 
 
Dott.ssa Tiziana Frittelli 
Direttore Generale del Policlinico Tor Vergata
 
Dott. Alberto Fiore 
Direttore Amministrativo del Policlinico Tor Vergata

16 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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