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Sanità italiana sempre più in basso? Colpa della mancata programmazione

di Maurizio Cappiello

Non si è tenuto conto dell’aumento dell’età media della popolazione e dell'alta incidenza di riacutizzazione di patologie croniche negli anziani. A questo si aggiunge la riduzione delle risorse umane, in termini di medici, infermieri ed operatori sociosanitari. Il risultato sarà un aumento della spesa per il prolungamento dei giorni di degenza, perdita di giornate lavorative e aumento di esami diagnostici.

11 MAR - Gentile direttore,
la recente pubblicazione dell’EHCI (European Health Consumer Index) da parte del Health Consumer Powerhouse del 2014 pone l’Italia al 21° posto, perdendo tra l’altro una posizione rispetto al 2013, di una classifica che tiene conto della qualità dell’assistenza sanitaria nei paesi UE, dove tra le prime posizioni figurano Olanda, Svizzera e Norvegia. Questa classifica, con i relativi report è stata presentata a Bruxelles lo scorso 27 gennaio da parte del Commissario per la Salute dell’Unione Europea, Dr. Vytensis Andriukatis.

Si tiene conto, in questa analisi delle prestazioni sanitarie, di una serie di indicatori come: tassi di sopravvivenza a malattie cardiache, stroke e patologie neoplastiche, mortalità infantile, campagna vaccinazioni e di screening, malpractice, numero di parti cesari, qualità della degenza nonché indice di gradimento dei “consumatori” che a me piace ancora chiamare pazienti.

Noto ormai da tempo, che il nostro paese è tra gli ultimi posti in Europa per spesa sanitaria pubblica, interessante è il rapporto del CEIS (Centre for Economics and International Studies), il quale evidenzia un calo della spesa dello 0,7 % sul PIL nel 2013 rispetto al 2012, riportando quasi il 24% in meno rispetto la media di altri paesi CEE, ciò ha comportato una diminuzione dei disavanzi per le regioni in piano di rientro, ma con un prezzo da pagare altissimo in termini di qualità delle prestazioni.

Si giunge a questo contradditorio primato con una diminuzione del numero dei posti letto a valori di 3,7 x 1000 abitanti contro una media Europea di 4,8 x 1000 abitanti, bisogna inoltre tener conto che 0,7 sono destinati alla riabilitazione e le Rsa quindi con un peso effettivo di 3,0 x 1000 abitanti.

La programmazione quando fatta, non ha tenuto conto dell’aumento dell’età media della popolazione, della sempre più alta incidenza di riacutizzazione di patologie croniche nelle persone anziane e quindi di una continua e costante crescita del fabbisogno di salute. Quindi la riduzione delle risorse umane, in termini di medici, infermieri ed operatori sociosanitari, sempre meno presenti per far fronte all’enorme mole di richiesta di salute. La conseguenza di tutto ciò è il triste e farraginoso sovraffollamento del Pronto Soccorso, unica porta sempre aperta e pronta a dare risposta in qualsiasi momento, ma in che modo?

La risposta sono le barelle, soluzione ad ogni male, facendo diventare le aeree di emergenza ed i reparti di degenza ordinaria, dei veri campi di battaglia, dove “sopravvive”, permettetemi l’eufemismo, il più forte e forse, lo dico con tono di provocazione, il meno malato. Mi viene da pensare come cittadino e poi come medico “meglio non ammalarsi” perché èun lusso per pochi.

Diverse sono le realtà dove reparti con 20-24 posti letti, si trasformano in ospedali da campo che devono assistere fino al doppio dei pazienti previsti, ovviamente con numeri di personale calcolati approssimativamente, sui 20 posti letto e non certo sui 40 con le barelle, che per definizione sono imprevedibili nei numeri, inoltre bisogna tener conto che spesso le piante organiche non sono licenziate da parte delle aziende.

L’inevitabile effetto di queste condizioni sono: un aumento del numero dei giorni di degenza, vista l’impossibilità a dare assistenza adeguata e fare le opportune dimissioni dopo un percorso di studio - diagnosi e cura; l’impennarsi delle indagini di laboratorio e strumentali per la legittima strategia di difesa dei medici, costretti i visitare sempre più pazienti e trasformando il lavoro in assistenza di quantità invece che di qualità.

Il risultato sarà che nei tempi avvenire dopo un primo risparmio, ci sarà un aumento della spesa sanitaria, per il prolungamento dei giorni di degenza, perdita di giornate lavorative, aumento come già citato, di esami diagnostici per la medicina difensiva.

La proposta è ridefinire il numero di posti letto x 1000 abitanti in un ambito di idonea ed adeguata programmazione sanitaria, sbloccare il turn-over in maniera congrua senza “guerra tra i poveri” creando un contratto unico per tutti ed abolendo definitivamente il precariato, infine investire sempre di più nella prevenzione di patologie cardio-cerebro vascolari, neoplastiche e traumatologiche anche attraverso campagne di sensibilizzazione della opinione pubblica.

Concludo menzionando un detto conosciuto ai più: “il risparmio è un cattivo guadagno” e sulla salute bisogna investire non di certo risparmiare.

Maurizio Cappiello
Dirigente Medico Pronto Soccorso ed Osservazione Breve A.O.R.N. “A. Cardarelli”- Napoli
Consigliere Nazionale Anaao Assomed Settore Anaao Giovani 


11 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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