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Perché la ministra Grillo parla sempre al “maschile”?

di Lorenza Cervellin

02 MAG - Gentile Direttore,
a proposto dell'articolo: Primo Maggio. Grillo: “Gli operatori della salute vanno sostenuti, ma dobbiamo cambiare le regole che sono inadatte al tempo che viviamo”. Dispiace che una ministra della Repubblica che regge il Ministero della Salute si rivolga ai lavoratori che sono nella maggioranza lavoratrici, usando tutte le parole al maschile: operatori, lavoratori, giovani medici, infermieri, professionisti, eterni studenti, e lo fa con parole facilmente declinabili al femminile all'interno di una intenzione palese: “cambiare le regole che sono inadatte al tempo che viviamo”.

Ritengo sia culturalmente “pericolosa” l'intenzione di cambiare le regole, qualunque siano, all'interno di un paradosso: cambiare le regole quando lo spirito della ministra è così palesemente reazionario, reso evidente dall' uso di un linguaggio ormai considerato inadatto alla descrizione della realtà, in una Democrazia.

In Italia ci sono studi che risalgono agli anni '80 del '900 che propongono la necessità di usare linguaggi rispettosi delle differenze e sono sorti proprio dove erano più visibili le disparità salariali e di carriera in rapporto alla maggior presenza di donne lavoratrici, sanità e scuola:
• 1986 Patrizia Violi, L’infinito singolare. Considerazioni sulla differenza sessuale nel linguaggio. Nel libro veniva puntualizzato che Il genere non è soltanto una categoria grammaticale che regola fatti puramente meccanici di concordanza, ma è al contrario una categoria semantica che manifesta entro la lingua un profondo simbolismo;
• 1987, Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana. Libro che dimostrava il legame tra discriminazioni culturali e discriminazioni semantiche. Libro promosso dall' allora Presidente della Commissione nazionale per la Parità e le pari Pari opportunità fra uomo e donna: Tina Anselmi

A Pechino 1995 si è affermata la necessità di modificare l' effettiva disparità fra uomini e donne e di sostanziare le Pari opportunità per tutti anche attraverso l' uso di un linguaggio veritiero e descrittivo della realtà che è formata da differenze e diversità per affermare un principio di Giustizia e Democrazia. In questo caso il linguaggio è insieme forma e sostanza poichè necessario a eliminare stereotipi, sessismi e discriminazioni.

E' particolarmente importante che i dirigenti e le dirigenti della Pubblica Amministrazione che sono portatori e portatrici dei massimi interesse generali: percorsi di democraticità, di trasparenza, di propulsione culturale, diffusione di buone prassi, usino il linguaggio ritenuto ormai indispensabile della realtà, della verità e della giustizia. Non è un caso la promozione dell’utilizzo di un linguaggio non discriminante ma inclusivo raccomandato dalla Direttiva 23 maggio 2007 che si coniuga con il processo di semplificazione promosso dalla Direttiva 8 maggio 2002. Si tratta della raccomandazione a curare che la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifica dirigenziale, per contribuire allo sviluppo della cultura di genere.

E, per i media, non sono un caso le carte etiche di autoregolamentazione per la promozione di linguaggi rispettosi della differenza come ad esempio il Manifesto di Venezia e il Codice di autoregolamentazione RAI.

La stessa Convenzione di Istambul invita all'uso di un linguaggio rispettoso delle differenze in funzione della prevenzione della violenza di genere.

Con l'auspicio che la Ministra Grillo inizi a rispettare un percorso di democraticità linguistica ormai consolidato e inizi a cambiare partendo dal linguaggio della sua comunicazione, porgo distinti saluti.

Lorenza Cervellin
Esperta in Politiche di Pari opportunità e Cittadinanza di genere

02 maggio 2019
© Riproduzione riservata

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