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Le opportunità da cogliere per il SSN: stimoli dalle sfide dell’emergenza

di Federico Lega

04 APR - Gentile Direttore,
la sanità, ed in particolare gli ospedali del SSN, sono (verrebbe da dire finalmente) tornati al centro dell’agenda politica del governo. Con i riflettori accessi sul sottofinanziamento (mancano da tempo strutturalmente tra i 5 e 10 miliardi al fondo sanitario nazionale stanziato ogni anno), sulle dotazioni tecnologiche e di personale, sulla disponibilità di competenze specialistiche, sul ruolo delle professioni. Il governo ha previsto una spesa aggiuntiva per sostenere questa fase critica che sta vivendo il SSN. Queste risorse sono necessarie. Ma non devono rimanere un obolo una tantum ad un sistema che ne ha un bisogno strutturale, continuo nel tempo. E non devono offuscare le opportunità, e le verità, che la crisi ci ha messo sotto gli occhi.
 
La drastica riduzione di accessi registrata nei pronto soccorso per ragioni diverse al Coronavirus, per quanto collegata alla paura dello stesso virus, certamente sottolinea anche l’uso inappropriato che ne era fatto in precedenza. Così come la cancellazione di volumi importanti di prestazioni specialistiche ambulatoriali, dentro le quali insieme a quelle urgenti e necessarie ve ne erano certamente di non appropriate. Da qui si può ripartire per lavorare con nuove evidenze e forza su un tema centrale per la sostenibilità futura del SSN.
 
La riorganizzazione repentina dei posti letto negli ospedali. Per quanto “obbligata” dalla crisi, quanto avvenuto negli ospedali italiani è la dimostrazione della necessità di ripensarne gli schemi organizzativi, con particolare riferimento all’allocazione dei posti letto, secondo logiche di maggiore flessibilità operativa. L’area “critica” degli ospedali, dal posto letto monitorato in telemetria alle terapie intensive, è una di quelle maggiormente indiziate per la ricerca di nuove soluzioni organizzative.
 
Il rapporto tra competenze internistiche e specialistiche. Da tempo si discute sull’opportunità di ripensare ruoli e dotazioni tra specialisti “olistici”, come gli internisti ed i geriatri, e gli specialisti dedicati ad una particolare disciplina o problematica. Abbiamo bisogno di entrambi. Ma quanti e quali, e come garantire il presidio delle competenze in un ospedale moderno nella sua attività senza sosta 365/7/24, sono due temi che questa crisi può aiutarci ad affrontare con maggiore consapevolezza.
 
Lo “skill mix” tra professioni. Mai come in questi giorni è evidente quanto sia fondamentale una strategia seria di sistema e di livello azienda nel valorizzare le professioni e trovare nuovi equilibri e complementarietà tra la componente medica e quella delle altre professioni sanitarie (infermieri, tecnici, riabilitatori ecc.).
 
Pagare meglio. Medici e professioni sanitarie meritano di più. Senza dubbio. Non sono gli aumenti dei rinnovi contrattuali recenti quelli che abbiamo in mente. Quanto vale economicamente (da altri punti di vista è evidentemente impagabile) il lavoro di uno dei medici che oggi sta salvando le vite dei nostri connazionali? Quanto vale quello degli infermieri impegnati nel triage in pronto soccorso. O dei riabilitatori nelle terapie intensive? Non sono domande retoriche. Dobbiamo fermarci e riflettere seriamente sulle politiche retributive dei nostri medici. Come pagare di più, e meglio. Distinguendo. Premiando. Valorizzando. E probabilmente dovremmo pagare anche di più le direzioni aziendali. Che la loro parte la stanno facendo e bene in questa fase difficile.
 
Quanto è importante avere un sistema pubblico. E come le regioni siano una risorsa in un sistema ben coordinato. Questo ci indica chiaramente la crisi. Al di fuori di ogni dietrologia sul ritorno ad un centralismo del SSN che chi ne conosce bene la storia sa perfettamente quanto sia stato fallimentare sia sotto il profilo della sostenibilità che di quello dell’equità. Ed ancora oggi è evidente come le decisioni prese dal governo soffrano dei ritardi e compromessi tipici delle negoziazioni politiche e dell’attenzione al consenso che le rendono non adeguate a fronteggiare la complessità dei problemi della modernità.
 
Anche le Regioni mostrano dinamiche simili, ma la nomina diretta del Governatore e la maggiore vicinanza alla base elettorale generano una “accountability” più forte, su cui possiamo investire per dare all’Italia una governance efficace su tutti i territori. Abbiamo bisogno invece di un centro forte nel dare una guida visionaria al SSN, nella ricerca dell’armonizzazione degli sviluppi nelle Regioni e tra Regioni, nella costruzione di reti di livello nazionale, nella conduzione dell’innovazione, del rinnovo tecnologico, e nella programmazione dei fabbisogni. Ma la catena di comando, e la responsabilità sul dare e garantire i livelli di assistenza non può che essere a livello regionale.
 
Possiamo discutere se le Regioni molto piccole debbano associarsi a quelle grandi, di cui usano le reti di offerta in modo importante. Ma il fulcro resta quello Regionale. Le decisioni, gli investimenti, l’allocazione e distribuzione delle risorse, la responsabilità sulla qualità, equità, appropriatezza ed accessibilità dei servizi non può che essere di livello regionale.
 
Quindi, dobbiamo sì potenziare il Ministero e le agenzie centrali (ISS, Agenas, ecc.) perché svolgano il loro compito “federale” in modo efficace, ma dobbiamo altrettanto investire dal centro perché le Regioni abbiano le risorse per potenziare i loro organici con una nuova generazione di dirigenti e quadri all’altezza delle sfide della sanità moderna. Su questa traiettoria già si stava muovendo in tempi recentissimi l’SSN, cogliamo l’opportunità per rilanciarla con maggiore vigore.
 
Federico Lega
Università degli Studi di Milano


04 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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