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QS Edizioni - sabato 20 aprile 2024

Lavoro e Professioni

Vaccino Covid. Lo Stato non può imporre per legge qualcosa che non riesce a garantire a tutti. Ma per i sanitari è un obbligo etico. Le riflessioni al webinar dell’Anaao  

di Lucia Conti
immagine 22 gennaio - Medici, giuristi, bioetici e psicoterapeutici hanno scavato a fondo per capire se la strada dell’obbligo vaccinale, in particolare per gli operatori sanitaria, sia percorribile. Per Vitalba Azzollini (giurista) lo Stato non può rendere obbligatorio, e sanzionabile, un comportamento senza creare le condizioni per permettere ai cittadini di ottemperare a quell’obbligo. Ma per Mazzotta (Ordinario di Diritto del Lavoro a Pisa) per gli operatori sanitari che non si vaccinano potrebbe aprirsi la strada della sospensione o dello spostamento ad altre mansioni per “inidoneità”. Per Mori (Cnb) e Palermo (Anaao), la vaccinazione contro il Covid è un “obbligo deontologico”.
Vaccino Covid obbligatorio o no? Se ne parla in Italia, ma non tra i banchi del Parlamento. Eppure, se un obbligo dovesse esserci, questo non può che essere introdotto per legge. Una legge dello Stato, come più volte ribadito dalla Giurisprudenza. Ma ci sono delle condizioni da rispettare e, al momento, nel caso della vaccinazione contro il Covid, queste condizioni non esistono. Lo hanno chiarito ieri sera i partecipanti al webinar promosso dall’Anaao sul tema “Vaccino AntiCovid19. Obbligo e Lavoro. Una bussola per i medici e i dirigenti sanitari.”

A sviscerare la questione sono stati Gabriele Gallone (Medico del Lavoro e Responsabile vaccinazioni AOU Orbassano – Esecutivo Nazionale Anaao Assome), Vitalba Azzollini (Giurista), Oronzo Mazzotta (Professore ordinario di Diritto del lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pisa), Maurizio Mori (Ordinario di Filosofia Morale e Bioetica, Università degli Studi di Torino - Presidente della Consulta di Bioetica Onlus – Componente del Comitato nazionale per la bioetica), Mariacarla Sbolci (Psicoterapeuta cognitivo- comportamentale) e Carlo Palermo (Segretario Nazionale Anaao Assomed). A moderare il dibattito, Pierino Di Silverio (Esecutivo Nazionale Anaao Assomed).

Questi i fatti. Se è vero che i vaccini attualmente disponibili contro il Covid hanno dimostrato profili di efficacia “altissima” e sicurezza “più che accettabili”, come ha illustrato Gallone spiegando come sia stato possibili realizzarli in tempi così brevi senza comprometterne la sicurezza (“La grandissima quantità di finanziamenti statali e la possibilità di implementare una piattaforma innovativa basata sull’RNA messaggero, in studio già dal 1990, quindi partivamo da una base già nota), la giurista Vitalba Azzollini ha fatto notare come, tuttavia, “non sia possibile imporre per legge un comportamento senza che esso sia esigibile. Prima di rende il vaccino obbligatorio, dunque, va verificata la disponibilità di mezzi e risorse. Garantire che ci siano le condizioni perché tutti i cittadini possano ottemperare a quell’obbligo”. Condizione che, sappiamo bene, oggi in Italia non esiste, vista la forte limitatezza delle dosi rispetto ai bisogni della popolazione.

Per Azzolini la strada dell’obbligatorietà non sarebbe in ogni caso giusta: “Rischia di alimentare sospetti, conflittualità e atteggiamenti anti-vaccinali”. Non convince molto la giurista anche la via della raccomandazione: “Una massiccia campagna persuasiva che facesse leva sulla responsabilità individuale potrebbe tradursi in un boomerang, se non si fosse in grado di soddisfare le richieste di tutti quelli che si siano persuasi a farsi vaccinare”.

Discorso simile, secondo Azzolini, va fatto per il cosiddetto “patentino vaccinale” per consentire l’accessi a determinati luoghi solo a chi si sia sottoposto alla vaccinazione. Se da una parte questo potrebbe rappresentare un incentivo, infatti, tale opportunità andrebbe garantita a tutti. Non solo: “Non si sa in maniera definitiva se il vaccino attualmente disponibile impedisca solo la manifestazione della malattia o anche il trasmettersi dell’infezione, né per quanto tempo. Pertanto, essere vaccinati non conferisce un ‘certificato di libertà’. È invece escluso che a un soggetto il quale abbia rifiutato la vaccinazione possano essere precluse cure o istruzione, oggetto di diritti fondamentali”.

La questione dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari
L’obbligo generale della popolazione di vaccinazione contro il Covid non sembra, dunque, una strada percorribile. Ma può esistere un obbligo di vaccinazione sul lavoro? Per Mazzotta non è scontato. “L’articolo 2087 del Codice civile - ha spiegato il professione ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Pisa - impone al datore di lavoro di ‘adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro’. Ma la vaccinazione è più di una semplice misura adottabile in ambito lavorativo. E’ un trattamento sanitario e l’articolo 32 della Costituzione chiarisce che ‘nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge’. Dunque non possiamo che ribadire che l’unico modo per rendere obbligatorio in vaccino anti-Covid è una legge dello Stato”.

Ciò non esclude, però, ha evidenziato Mazzotta, che in un ambiente di lavoro quale quello ospedaliero, in cui garantire la massima sicurezza è di fondamentale importanza, “il datore possa valutare la sospensione, se prevista dal contratto, o un cambio di mansione per inidoneità del dipendente che abbia rifiutato il vaccino”.

Secondo Mazzotta c’è in realtà una terza strada, forse più utile, considerata anche la carenza degli organici di cui soffre la sanità italiana: “Le parti sociali, i sindacati, e le controparti datoriali, dovrebbe sedersi intorno a un tavolo e stilare un protocollo di comportamento per garantire la sicurezza dei lavoratori e di chi accede ai luoghi di lavoro. L’introduzione di un protocollo per la sicurezza potrebbe far quadrare il cerchio”.

Vaccinazione anti Covid e deontologia
Per Maurizio Mori, componente del Comitato nazionale per la bioetica, il vaccino contro il Covid resta tuttavia “doveroso sul piano etico e obbligatorio sul piano deontologico per quelle categorie di professionisti che vivono accanto ai malati e che hanno come missione quella di proteggere i loro pazienti". Anche sul piano deontologico, per Mori, è comunque opportuno “mantenere un atteggiamento di prudenza, che non vuole dire mancanza di convinzione nei confronti dell’efficacia del vaccino, ma semplicemente riconoscere le ragioni delle persone che hanno dubbi e perplessità sugli aspetti ancora non noti di questi vaccini. Non noti non perché vi siano complotti o interessi di alcun tipo, ma semplicemente perché sono vaccini nuovi e ci vorrà tempo per conoscere tutti gli effetti che avranno”.

Prudenza anche perché, ha evidenziato il componente del Cnb, “imporre un obbligo che poi non viene rispettato porta al discredito della legge stessa. Questo vale tanto sul piano dell’ordinamento giuridico che per quello deontologico”.

Sulla stessa onda il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Carlo Palermo, che ha ribadito come la vaccinazione rappresenti “un atto di responsabilità per i medici che devono sempre garantire la sicurezza delle cure e la tutela dei soggetti più fragili”. Un “obbligo etico” che tutto sommato, ad oggi, risulta condiviso, se si considera che, secondo i dati riferiti da Palermo, oltre il 90% degli operatori sanitari hanno dichiarato la loro adesione alla campagna vaccinale.

“La sicurezza delle cure - ha detto Palermo - fa parte parte da sempre della storia dell’Anaao. Ci siamo battuti per ottenere cure sicure per i nostri pazienti e condizioni di lavoro sicure per i nostri professionisti. Anche in occasione di questa pandemia - ha ricordato Palermo - fin dal primo comunicato stampa, diramato il 24 febbraio 2020, l’Anaao ha chiesto che venisse garantita la sicurezza degli operatori sanitari, costretti in quelle fase a combattere a mani nude per la mancanza di Dpi. Per noi, quindi, è fondamentale l’uso dei dispositivi. E l’uso di quello che il dispositivo di protezione più importante contro il Covid, cioè il vaccino”.

Lo scetticismo dei cittadini nei confronti del vaccino
Se fino a questo punto si è parlato di resistenza al vaccino degli operatori sanitari, a Mariacarla Sbolci il compito di spiegare come cercare di superare lo scetticismo dell’opinione pubblica. “La stessa situazione-stimolo può provocare in soggetti diversi, o nello stesso soggetto in momenti differenti, due reazioni completamente opposte. Questo può dipendere da esperienze pregresse, da errori di percezione e di ragionamento. Ma anche la mancanza di chiarezza sugli effetti del vaccino può indurre a far crescere dubbi e resistenze, perché la nostra mente entra in uno stato di confusione che non ci permette di accettare qualcosa che razionalmente è accettabile”.

Per la psicoterapeuta, dunque, la prima cosa da fare è conquistare “la fiducia” dell’opinione pubblica e la fiducia, ha chiarito Sbloci, “si costruisce attraverso la comprensione e ascolto. Attraverso una informazione pubblica ma non improvvisata”.

“Dobbiamo continuare a rispondere ai dubbi delle persone”, ha detto la psicoterapeuta citando anche le parole del collega Massimo Recalcati, che per vincere la diffidenza contro il vaccino consiglia di far leva sulla voglia di tornare a incontrarsi perché “la vita umana è fatta per stare assieme”.
 
Lucia Conti
 
22 gennaio 2021
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