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QS Edizioni - venerdì 29 marzo 2024

Scienza e Farmaci

Emofilia, malattia non tanto rara

di Megan Brooks
immagine 11 settembre - Secondo nuove stime la malattia interessa oltre 1,1 milioni di persone, di cui più di 400.000 con una forma grave. Tra le priorità, assicurare a tutti l’accesso alle terapie e intercettare i pazienti non ancora diagnosticati
(Reuters Health) – Secondo i dati raccolti da un nuovo studio, l’emofilia è una malattia meno rara di quanto si pensi. I dati, pubblicati dagli Annals of Internal Medicine, provengono dai registri nazionali degli emofiliaci di Australia, Canada, Francia, Italia, Nuova Zelanda e Regno Unito. “Questo è il primo documento a fornire una solida stima di quanti pazienti nascono ogni anno con emofilia e quanti sono vivi in tutte le età nei Paesi sviluppati”, commenta Alfonso Iorio, della McMaster University di Hamilton, in Canada, autore dello studio.
 
Utilizzando sofisticate tecniche di modellizzazione a stima aggregata per l’emofilia A e B combinate, i ricercatori hanno stimato 29,6 casi di emofilia ogni 100.000 maschi. Applicando questa prevalenza all’attuale stima della popolazione mondiale di 7,5 miliardi (di cui 3,8 miliardi di maschi) si genera una stima di 1.125.000 maschi con emofilia in tutto il mondo, di cui 418.000 con una forma grave di malattia.
 
Questa stima è significativamente superiore a quella di 400.000 persone con emofilia proposta nei primi anni 2000, che era basata sulla prevalenza negli Stati Uniti e su una popolazione globale di sei miliardi. “Avere 1.125.000 persone con emofilia in tutto il mondo, di cui circa 418.000 con una forma grave della malattia e per lo più non diagnosticata, costituisce una sfida e un onere formidabili per i ricercatori e i sistemi sanitari, soprattutto perché solo 196.706 pazienti sono stati identificati a livello globale”, osservano i ricercatori.

I risultati mostrano anche uno svantaggio di sopravvivenza per i pazienti con emofilia, stimato al 30% per l’emofilia A, al 37% per l’emofilia A grave, al 24% per l’emofilia B e al 27% per l’emofilia B grave. Anche nei Paesi più ricchi, la qualità dell’assistenza all’emofilia rimane “insufficiente a colmare il divario in termini di aspettativa di vita per i pazienti con malattia”, osservano gli autori dello studio.
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In un editoriale di accompagnamento all’articolo, Michael Soucie, dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), osserva che se da un lato l’entità delle lacune globali nelle cure per le persone con emofilia è scoraggiante, “i dati specifici per Paese generati dall’applicazione delle stime di prevalenza riportate da Iorio e colleghi costituiscono un passo importante verso la definizione delle priorità e degli sforzi per colmare queste lacune”.
“Avere dati di prevalenza più accurati – aggiunge l’esperto – potrebbe anche consentire l’identificazione di come gli sforzi locali per migliorare l’accesso alle cure potrebbero generare benefici per i pazienti e risparmi sui costi per i vari Paesi. Grazie a questi dati per l’azione, possiamo sperare di compiere progressi sostanziali verso l’obiettivo di migliorare la vita delle persone con emofilia, ovunque vivano”.

Fonte: Ann Intern Med 2019

 
Megan Brooks
 

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
 
11 settembre 2019
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