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Aids. Nuovi studi ridimensionano rischio farmacoresistenza di Truvada


La molecola anti Hiv, la prima indicata anche per la prevenzione su soggetti non sieropositivi, funziona anche se presa con meno regolarità rispetto alla posologia quotidiana e l’infezione è scongiurata in oltre il 90% dei casi. Ma gli scienziati ricordano: “è sempre meglio assumerla ogni giorno, secondo indicazione”.

16 SET - Al momento dell’approvazione negli Stati Uniti di Truvada, unico farmaco anti-Hiv approvato anche per la prevenzione dal contagio, si erano alzate polemiche perché la molecola sembrava aumentare il rischio di sviluppare resistenza nel caso in cui il paziente non assumesse con estrema regolarità il medicinale. Oggi una ricerca dei Gladstone Institutes e dell’Università del Colorado, pubblicata su Science Translational Medicine, sembra scongiurare questa preoccupazione: il trial conferma l’efficacia del farmaco, dà la prima stima delle concentrazioni a cui questo va preso e – soprattutto – sembra convincere che non c’è pericolo di farmacoresistenza.

La perfetta aderenza alla terapia è infatti un problema per molti pazienti, ed è anche difficile per i medici capire la vera regolarità nell’assunzione da parte delle persone che stanno seguendo una terapia, poiché il paziente tende a riportare sempre un’aderenza migliore di quella reale. “Dopo il primo studio sulla molecola, c’era la preoccupazione che il suo effetto protettivo potesse essere debole, e che le persone che lo assumevano dovessero aderire in maniera perfetta al regime giornaliero perché funzionasse”, ha spiegato Robert Grant, ricercatore della Gladstone, docente dell’Università della California di San Francisco e co-autore dello studio. “Il nuovo studio suggerisce invece che Truvada possa bloccare il virus anche se la regolarità di assunzione non è sempre ottima”.

Per osservare i risultati anche nel caso in cui l’aderenza non fosse perfetta, il team ha sviluppato una sperimentazione in cui ai 24 pazienti senza Hiv veniva dato un regime diverso: alcuni dovevano assumere la pillola di Truvada solo due volte a settimana, altri 4, e altri ancora ogni giorno. In questo modo, i pazienti avevano concentrazioni diverse di farmaco nel sangue, e questo mimava diversi livelli di aderenza alla terapia. In seguito, queste concentrazioni sono state confrontate con quelle dello studio originario, in modo da comprendere come funzionava Truvada in base ai diversi comportamenti di chi lo assumeva. “Inaspettatamente abbiamo osservato che i partecipanti non dovevano prendere il farmaco con estrema regolarità per avere benefici”, ha spiegato Grant. “Anche chi non lo prendeva ogni giorno, infatti, il rischio di contrarre Hiv diminuiva comunque. La prevenzione era del 76% nel caso di due dosi a settimana, e del 96% nel caso di quattro dosi”. Il metodo per valutare l’efficacia in base all’aderenza, inoltre, potrebbe venire usato anche per altri farmaci.

 

In ogni caso, spiegano gli autori, perché l’epidemia di Hiv si fermi bisogna usare tutti i mezzi possibili, e educare i pazienti e la cittadinanza a seguire le terapie e le indicazioni dei medici. “Chi assume Truvada deve comunque prenderne una pillola al giorno per avere i risultati ottimali: quando il farmaco viene assunto quotidianamente il rischio di contagio è scongiurato addirittura al 99%”, ha concluso il ricercatore. “Inoltre, incoraggiamo tutti a usare tutti i metodi di prevenzione possibile per contenere il contagio: l’uso regolare di preservativo, il trattamento precoce con gli antiretrovirali in caso si entri in contatto con il virus, la circoncisione per i maschi. Ma anche una buona comunicazione tra partner e con i medici”.

 

Laura Berardi

16 settembre 2012
© Riproduzione riservata


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