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Sperimentazione animale. La "rivolta" dei ricercatori: "Non siamo assassini"


Un mese e mezzo fa un gruppo di animalisti è entrato negli stabulari dell’Università di Milano, “liberando” le cavie e di fatto distruggendo anni di ricerca. Pochi giorni fa la manifestazione di risposta dei ricercatori: “Ecco cosa facciamo nei nostri laboratori e perché non siamo assassini”. Ne ha parlato anche Nature.

05 GIU - “La sperimentazione animale è ancora necessaria se si vuol mantenere la speranza di lenire le sofferenze di bambini, adulti ed anziani che attendono terapie efficaci. Purtroppo non esistono alternative perché le cellule coltivate in vitro sono una estrema semplificazione che non può sostituire la complessità anche del più piccolo organismo vivente”. Le parole sono di Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri", scritte in una lettera aperta ai maggiori quotidiani italiani; l’argomento quello della sperimentazione animale, che ha dato luogo a un acceso dibattito negli ultimi mesi in Italia, sfociando anche in azioni dirette contro i centri di ricerca. “Per la prima volta un numeroso gruppo di ricercatori e clinici è sceso in piazza a Milano per protestare contro la barbara violenza degli animalisti che hanno devastato gli stabulari dell’Università di Milano e per far conoscere ai cittadini le ragioni della ricerca scientifica a sostegno della sperimentazione animale”, ha spiegato Garattini nella lettera, parlando di una manifestazione che si è tenuta il 1° giugno a Milano che ha avuto spazio anche sulle pagine della rivista Nature.
 
Dopo l’episodio di Stamina, la prestigiosa rivista statunitense è infatti tornata a parlare dell’Italia, ripercorrendo gli ultimi fatti accaduti riguardo la questione degli esperimenti pre-clinici sugli animali: la vicenda è scoppiata mediaticamente lo scorso aprile, quando in concomitanza con il corteo nazionale contro la vivisezione, cinque membri del gruppo “Fermare Green Hill” sono entrati abusivamente nel Dipartimento di biotecnologie mediche e medicina traslazionale dell’Università degli Studi di Milano, sede in cui opera anche la sezione milanese dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche, hanno occupato lo stabulario e tolto i cartellini a tutte le gabbie, rendendo non più identificabili gli animali. Il danno arrecato, difficile da quantificare, secondo gli scienziati è stato nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro, andando ben oltre la perdita degli animali asportati, poiché ha mandato in fumo il lavoro di anni di ricerca scientifica e i finanziamenti relativi.
Gli animali erano tutti utilizzati per ricerche nel campo delle malattie del sistema nervoso, come autismo, Parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, sindrome di Prader-Willi, dipendenza da nicotina. Malattie per le quali “vi è un disperato bisogno di cure, attualmente non disponibili”, come gli stessi scienziati che avevano speso anni di lavoro in quelle ricerche avevano ricordato in una lettera pubblicata sulla rivista Prometeus dell’Associazione nazionale biotecnologi italiani (Anbi) a seguito dell’avvenimento. “È innegabile che la sperimentazione animale rappresenti un delicato problema etico; la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo problema ha portato alla approvazione in anni recenti della legislazione che regola l’uso degli animali nella ricerca, con conseguente enorme miglioramento delle condizioni di stabulazione e con l’eliminazione di sofferenze inutili cui essi potrebbero essere sottoposti”, si leggeva nella lettera. “Tuttavia, è altrettanto innegabile che i grandi progressi della medicina e lo sviluppo di terapie, sono stati possibili solamente grazie all’uso di animali da laboratorio, utilizzo che sarà necessario anche per futuri auspicabili sviluppi”.
 
Il problema, secondo quanto ammette Garattini è di informazione: “Purtroppo troppe false informazioni vengono diffuse mentre la legislazione italiana sulla sperimentazione animale è fra le più severe dell’Europa”, spiega il direttore del Mario Negri. Proprio per questo ricercatori e studenti da tutta Italia si sono riuniti a Milano nella manifestazione lanciata da Pro-Test Italia, branca italiana di un’organizzazione che si batte proprio in risposta all’attivismo degli animalisti. Lo scopo era quello di aumentare la consapevolezza sulla necessità degli animali nella ricerca biomedica: si è trattato del più grande evento di questo tipo che abbia mai avuto luogo nel nostro paese, per il quale i manifestanti si sono concentrati vicino Piazza del Duomo per dare vita a un corteo, lanciato sullo slogan “Lottiamo per la ricerca, lottiamo per la vita”.
Come ha spiegato a Nature Heather Bondi – ricercatrice in neurobiologia dell’Università di Busto Arsizio – “una preoccupante disinformazione si sta diffondendo, complice anche il fatto che la questione ha un enorme impatto mediatico. Non avevamo mai pensato di doverlo fare, ma ora è il momento di discutere questi problemi etici controversi con la popolazione, per contrastare le falsità propagate da questi attivisti”.
 
Per questo gli interventi al microfono che si sono succeduti durante la manifestazione hanno descritto come gli esperimenti si applichino in diversi campi, dalle neuroscienze alla chirurgia, e spiegato come funzionano i trial clinici. “Le istituzioni dovrebbero fare di più, ad esempio iniziare un programma serio di divulgazione scientifica”, ha commentato Bice Chini, biologa molecolare all’Istituto di Neuroscienze del Cnr. “Non solo i ricercatori dovrebbero aprire i loro laboratori alla cittadinanza, ma parlare delle loro ricerche all’uscita del supermercato, a chiunque”.
“Il pubblico non sa cosa sia la ricerca e cosa facciamo nei nostri laboratori”, ha aggiunto Giuliano Grignaschi, ricercatore al Mario Negri e portavoce della Basel Declaration Society in Svizzera. “Per questo siamo colpevoli anche noi, non diamo abbastanza informazioni. Invece il tentativo che stiamo mettendo in atto oggi è quello di parlare con la gente, stabilire un dialogo con la società”.
Della stessa idea anche Gaia Gobbo, laureata in biotecnologie all’Università di Bologna, che era presente alla manifestazione: “Spero che a partire da oggi l’opinione pubblica possa capire chi è che mente, e perché noi non siamo assassini”, come invece avevano urlato durante la manifestazione alcuni animalisti presenti in un contro-presidio.
 
Nel frattempo Fermare Green Hill ha lanciato una nuova manifestazione per l’8 giugno, davanti all’Università di Milano. Ma Garattini sembra avere già la risposta pronta: “Il movimento Pro-Test non si lascerà intimidire dalla violenza degli animalisti”, ha concluso nella sua lettera.
 
Laura Berardi

05 giugno 2013
© Riproduzione riservata

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