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Speciale diabete EASD/1. Il diabete mal controllato aumenta del 50% il rischio di demenza

di Maria Rita Montebelli

L’analisi dei dati di un ampio registro svedese di pazienti con diabete, presentata al congresso europeo di diabetologia (European Association for the Study of Diabetes, EASD) appena inaugurato a Stoccolma. Un motivo in più, dicono gli esperti, per tenere i valori di emoglobina glicata il più vicino possibile ai target suggeriti dalle linee guida

15 SET - Migliorare il compenso diabetico serve a tenere lontano il rischio di sviluppare una forma di demenza. Lo dimostra un importante studio svedese, presentato al congresso dell’EASD (European Association for the Study of Diabetes), condotto su oltre 350 mila pazienti con diabete di tipo 2. Le persone con diabete di tipo 2 non ben controllato, secondo i risultati di questi studio, presentano un rischio superiore del 50% di essere ricoverati in ospedale per una forma di demenza, rispetto a chi i valori di glicemia li tiene sotto controllo.
 
Sono sempre maggiori le prove che il diabete aumenti il rischio di alterazioni delle funzioni cognitive; fino ad oggi tuttavia non erano mai stati condotti studi su come il grado di compenso del diabete (valutato attraverso l’emoglobina glicata) possa impattare sul rischio di demenza.
 
Nell’intento di valutare la correlazione tra livelli di glicata e ricoveri per demenza, nei soggetti con diabete di tipo 2, Aidin Rawshani del National Diabetes Register e Institute of Medicine di Gothenburg (Svezia) e colleghi hanno esaminato un’enorme mole di dati, pertinenti a circa 350 mila pazienti. I soggetti arruolati nello studio erano tutti quelli registrati nel Registro Nazionale Diabete Svedese tra il gennaio 2004 e il dicembre 2012, senza una precedente diagnosi di demenza. Tutti sono stati seguiti in follow up fino alla comparsa di un ricovero per demenza, morte o fino al termine naturale del follow up, fissato allo scadere del 31 dicembre 2012.
 
Per correlare il dato della glicata, al rischio di demenza è stato utilizzato un algoritmo in grado di effettuare anche aggiustamenti per una serie di altre variabili quali età, sesso, durata del diabete, stato maritale, guadagno, livello di istruzione, abitudine al fumo, pressione sistolica, indice di massa corporea, funzione renale, terapia con statine, albuminuria, tipo di farmaci antidiabetici assunti, fibrillazione atriale, ictus e farmaci antipertensivi.
 
I 349.299 pazienti studiati avevano un’età media di 67 anni all’inizio dello studio; 11.035 di loro (3,2%) sono stati ricoverati in ospedale con diagnosi di demenza durante i 4,6 anni di durata media del follow up. I soggetti con glicata pari o superiore al 10,5% (quelli francamente scompensati) presentavano un rischio di demenza maggiore del 50%, rispetto a quelli con una glicata di 6,5% o anche inferiore (quelli col miglior grado di compenso glicemico). Chi aveva presentato un ictus in passato, presentava inoltre un rischio del 40% più alto di sviluppare demenza.
“La correlazione tra valori di glicata e rischio di demenza in questo gruppo di pazienti relativamente giovani – commentano gli autori – suggerisce dunque la possibilità di prevenire la comparsa di demenza, attraverso un accurato controllo dei valori di glicemia”.
 
Maria Rita Montebelli

15 settembre 2015
© Riproduzione riservata

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