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Ricerca clinica. Tutte le sfide del nuovo Regolamento Europeo in un convegno di Aifa e Farmindustria. Melazzini: “Italia al lavoro per farsi trovare pronta nel 2018”

di Gennaro Barbieri

Obiettivo del nuovo schema è snellire e semplificare le procedure che saranno integrate e coordinate a livello europeo. Pani: “Nostro Paese, grazie all’opportunità offerta dal Regolamento, si candida a diventare uno degli hub europei per i trial, in particolare per i farmaci innovativi”. Scaccabarozzi: “dobbiamo anticipare la sfida con l’Europa, per farci trovare pronti quando si prenderanno decisioni che gestiranno il cambiamento”.

21 GEN - Il regolamento europeo 536/2014 sullo sviluppo di nuovi farmaci entrerà definitivamente in vigore a ottobre 2018, ma tutti i soggetti coinvolti nella ricerca clinica stanno già affrontando importanti mutamenti in vista del cruciale appuntamento. Scenari che sono stati analizzati nel corso del convegno ‘La ricerca clinica parla europeo, la nuova sfida per istituzioni e imprese' svoltosi a Roma e promosso da Aifa e Farmindustria.

Gli stakeholders condividono infatti la necessità di individuare precocemente le aree su cui intervenire, affinché le eccellenze italiane vengano valorizzate e potenziate. Il nuovo Regolamento europeo nasce con l’intento di colmare le lacune della normativa attuale per quanto riguarda la valutazione e l’autorizzazione di studi clinici multinazionali. Si tratta di una funzione sempre più essenziale, soprattutto nel caso dei farmaci di nuova generazione, mirati a target molecolari ben precisi e quindi caratterizzati da una riduzione della popolazione di riferimento che ha indotto le aziende farmaceutiche a coinvolgere nelle sperimentazioni un numero sempre maggiore di centri, situati spesso in diversi Paesi membri dell’UE.

“E’ fondamentale costruire sinergie tra tutti i soggetti coinvolti e mettere in campo un lavoro di squadra – ha spiegato Mario Melazzini, presidente dell’Aifa – La ricerca rappresenta infatti un poderoso strumento di valore e innovazione, in particolare quella clinica e biomedica. In questo senso l’Italia detiene un capitale umano senza eguali, ma nonostante le eccellenze non mancano ostacoli e difficoltà a causa di procedure disomogenee e di normative frammentate. E’ perciò preziosissimo il lavoro profuso dall’Aifa, impegnata a ottimizzare la filiera e a recepire gli aspetti innovativi introdotti dal Regolamento europeo”. Il cambiamento in atto “investirà tantissimi attori, ma in particolare i pazienti: i processi saranno complessi ma apporteranno una radicale semplificazione. Le novità possono essere racchiuse in tre concetti chiave: correttezza, trasparenza e sicurezza. Al termine di questo percorso l’Italia dovrà confermare il proprio ruolo di leader della sperimentazione clinica”.

Il nuovo schema prevede che la valutazione dei trials venga coordinata da una singola autorità competente nazionale che farà da referente e che fornirà una prima valutazione dello studio, sulla base della quale le autorità competenti degli altri Stati membri forniranno i propri commenti e la loro decisione finale sull’autorizzazione. Tale coordinamento tra le agenzie regolatorie del farmaco europee porterà all’autorizzazione di un protocollo di studio identico in tutti gli Stati coinvolti.

“Il contesto richiede necessariamente interventi coordinati – ha osservato Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – All’interno di questo panorama l’Italia deve riuscire a valorizzare aree di ricerca nelle quali, allo stato attuale, si colloca al top. Siamo infatti l’hub farmaceutico europeo e dobbiamo riuscire a diventarlo anche nella ricerca. L’importante è adottare una strategia che non punti esclusivamente all’innovazione clinica e tecnologica, ma anche a quella regolatoria. Ed è proprio qui che dobbiamo anticipare e vincere la sfida con l’Europa, per farci trovare pronti quando si prenderanno decisioni che gestiranno il cambiamento, senza attendere il 2018, altrimenti sarà troppo tardi. In sostanza, l’Italia deve mostrare la capacità di muoversi lungo tre binari: migliorare le sinergie esistenti, assicurare competitività e rimuovere pregiudizi e steccati, costruendo alleanze tra pubblico e privato”.

Nel complesso l’obiettivo del nuovo regolamento è quello di snellire e semplificare le procedure che saranno integrate e coordinate a livello europeo. Gli studi clinici multicentrici e multinazionali infatti costituiscono un fattore positivo dal punto di vista assistenziale per i pazienti coinvolti nelle sperimentazioni, che in questo modo hanno accesso precoce a farmaci innovativi con vantaggi anche per il Servizio Sanitario Nazionale.

“I pazienti verranno responsabilizzati all’insegna della trasparenza, ma dovranno anche misurarsi con nuovi doveri – ha sottolineato Luca Pani, Direttore Generale dell’Aifa – Altro aspetto rilevante riguarda l’introduzione, finalmente, di standard armonizzati di valutazione. Le difficoltà maggiori sono state soprattutto di carattere informatico e hanno riguardato i database, poiché è operazione estremamente complessa contemperare la certificazione e la protezione dei dati. L’adozione del nuovo Regolamento è anche una grossa occasione per rivedere il ruolo dei comitati etici e la loro interazione con l’Aifa”.In generale l’Italia “ha fatto segnare negli ultimi anni una crescita delle sperimentazioni, sono stati 723 e 726 gli studi clinici presentati rispettivamente nel 2014 e 2015, e i dati Aifa indicano inoltre che i trial valutati in Italia riguardano principalmente farmaci biologici, biotecnologici e medicinali per le terapie avanzate. Il nostro Paese, grazie all’opportunità offerta dal nuovo Regolamento, si candida a diventare uno degli hub europei per i trial, in particolare per i farmaci innovativi, in virtù delle sue eccellenze cliniche nella valutazione e conduzione delle sperimentazioni”.

Per adeguarsi nel migliore dei modi al nuovo impianto gli Stati europei hanno già dato il via ad un progetto pilota per la valutazione armonizzata dei protocolli clinici che si svolgono in più Stati dell’UE dal nome Voluntary Harmonization Procedure (VHP). La VHP si applica appunto su base volontaria agli studi clinici di fase I-IV multicentrici che vengono svolti in diversi Stati e permette la valutazione/autorizzazione coordinata dei clinical trials in un’unica soluzione contemporanea per i Paesi coinvolti nella sperimentazione. Alla valutazione coordinata segue una fase nazionale che consiste sostanzialmente nella ratifica da parte delle autorità competenti nazionali della decisione presa in VHP. Il modello valutativo della VHP si basa quindi su quanto previsto dal Regolamento 536/2014, escludendo tuttavia il parere dei Comitati Etici, che viene recepito in sede nazionale.

Nel 2015 l’Italia ha partecipato alla valutazione di circa il 90% delle sperimentazioni in cui è stata coinvolta in ambito VHP (oltre 100 studi), dove è stata autorità competente referente per 19 procedure, posizionandosi al quarto posto in Europa per numero di volte in cui un’autorità competente è stata referente, dopo Gran Bretagna, Germania e Spagna. In quest’ottica Aifa ha lanciato un progetto pilota che vede il coinvolgimento anche dei Comitati Etici nella valutazione delle procedure VHP a partire dal 2016, già nella fase di valutazione armonizzata a livello europeo.

“La ricerca in Italia può fregiarsi di una rete di eccellenza costituita dagli Irccs – ha evidenziato Novella Luciani, Direzione Generale della ricerca sanitaria e biomedica presso il Ministero della Salute – Si basa su modelli centralizzati che garantiscono un network unico in Europa e forse al mondo con oltre 10mila ricercatori e oltre 11mila pubblicazioni. Un ruolo importante è svolto dal Ministero, che investe in modo consistente nella ricerca. Ciò consente alla rete italiana di potersi considerare già pronte per le prossime sfide cruciali, anche se occorre una governance più chiara del sistema, soprattutto per quanto concerne la standardizzazione di processi e documenti e le procedure di trasparenza e misurazione”.
 
Gennaro Barbieri
 


21 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

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