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Cannabis ad uso terapeutico. Solo in 11 Regioni è a carico del Ssn. Nelle altre si paga. Poli (Sirca): “Parliamo di questo. Non della legalizzazione a uso ricreativo” 


In Italia l’impiego della cannabis per uso terapeutico è stato legalizzato nel 2013 e la Toscana è stata la prima regione da fare da apripista. A oggi sono 11 le regioni in cui la cannabis è a carico del Sistema sanitario nazionale, nelle altre regioni è a carico del paziente. Paolo Poli spiega la sua esperienza e perché per lui la cannabis sia prima di tutto un farmaco

06 OTT - In attesa che la proposta di legge n. 3235 sulla legalizzazione della cannabis torni sul tavolo delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera, si torna a parlare dell’uso terapeutico della stessa per la cura del dolore cronico, un problema che in Italia interessa 12 milioni di persone, con punte tra gli over 65 e una presenza più rilevante tra le donne.

Il grande clamore che la discussione sulla liberalizzazione ha suscitato, infatti, rende necessari alcuni chiarimenti e importanti distinzioni, come spiega Paolo Poli, per anni primario dell'unità operativa complessa di Terapia del dolore dell'ospedale di Pisa nonché pioniere nell’uso della cannabis a scopo terapeutico e fondatore e presidente di Sirca, la società scientifica italiana che studia l’impiego della cannabis a scopo terapeutico e che raccoglie medici, biologi, farmacisti e avvocati.

In Italia l’impiego della cannabis per uso terapeutico è stato legalizzato nel 2013 e la Toscana è stata la prima regione da fare da apripista. A oggi sono 11 le regioni in cui la cannabis è a carico del Sistema sanitario nazionale (Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Sicilia e Lombardia), nelle altre regioni è a carico del paziente. Viene venduta nelle farmacie e nelle strutture sanitarie sotto prescrizione medica non ripetibile per il trattamento del dolore cronico, per sciogliere gli spasmi della sclerosi multipla, stimolare l’appetito dei malati di Aids, alleggerire i postumi della chemio.

"Quando uscì la legge in Toscana che autorizzava l’utilizzo della cannabis in medicina - spiega Poli, che a Milano opera presso la Clinica Cimarosa, l’unico centro in città a disporre di un team di cura del dolore cronico su base di farmaci cannabinoidi - ero totalmente contrario, non capivo perché utilizzare la cannabis nel trattamento del dolore quando ci sono già degli analgesici validi che possono essere prescritti. Poi alcuni miei collaboratori mi hanno mostrato gli ottimi risultati della cannabis come farmaco nel trattamento di diverse patologie come quelle del sistema nervoso centrale (e quindi in tutte le forme di spasticità) e anche in altre patologie come la riduzione del dolore nel trattamento di cefalee e fibromialgie, nelle malattie croniche generalizzate e in quelle reumatiche. Inoltre, migliora la qualità del sonno e favorisce l’appetito. Sono iniziati così una sperimentazione sui pazienti, a oggi sono 1.500, e un lavoro serio di raccolta dati per avere una base scientifica sulla quale muoverci".

Quello che però Poli tiene a sottolineare è che l’impiego della cannabis per uso terapeutico non ha niente a che vedere con il suo uso "di strada".  "Vogliamo prendere le distanze dalla legalizzazione a scopo ricreativo. Per noi la cannabis è prima di tutto un farmaco. Tanto per incominciare non si fuma, ma viene somministrata attraverso infusi o come gocce assunte per bocca. La cannabis per uso terapeutico è un farmaco a tutti gli effetti, molto meno pericoloso di altri usati per combattere il dolore, come per esempio gli oppioidi. Il principio attivo responsabile degli effetti collaterali tipici del fumo ludico è il THC (delta 9-tetraidrocannabinolo) che nella cannabis usata a scopo terapeutico è presente in percentuale strettamente controllata. È un farmaco sicuro, con pochissimi effetti collaterali, di rara incidenza".

Per garantire il massimo della sicurezza, le infiorescenze impiegate per uso terapeutico provengono da piante, coltivate in Olanda in ambiente protetto e in serre controllate, con un  profilo genetico stabile per cui forniscono un prodotto con un contenuto di principio attivo costante. Da circa un anno è stato avviato un progetto pilota di coltivazione in Italia, al fine di garantire un accesso unitario su tutto il territorio ai pazienti cui vengono prescritte preparazioni a base di cannabis, e da fine agosto sarà disponibile sul mercato anche la produzione assicurata dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM) che rientra fra gli impianti facenti capo all’Agenzia industrie difesa che opera sotto la vigilanza del Ministero della Difesa e coniuga le capacità chimico-farmaceutiche di officina di produzione alle garanzie di affidabilità e sicurezza militare.
 
Lorenzo Proia

06 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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