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Giornata mondiale della tubercolosi. Un quarto della popolazione mondiale ha un’infezione tubercolare latente

di Maria Rita Montebelli

La tubercolosi è la più mortale tra le malattie infettive (4.500 morti al giorno) e purtroppo l’attuale armamentario terapeutico non è sempre in grado di garantire un trattamento efficace, per l’avanzata delle forme farmaco-resistenti. Nei soggetti con infezione da HIV associata, la TBC è la causa del 40% dei decessi. E in attesa di nuovi farmaci e di strumenti diagnostici più rapidi e moderni, si sperimentano nuove strategie di prevenzione nei soggetti a rischio.

24 MAR - Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Mondiale della Tubercolosi, istituita dall’OMS nell’anniversario della scoperta del batterio, causa della malattia, da parte del dottor Robert Koch.  Era il 1882 e si stima che, in questi dalla sua scoperta ad oggi, il temibile bacillo abbia mietuto la vita di almeno 1 miliardo di persone, più di quanto abbiano fatto insieme malaria, vaiolo, HIV/AIDS, colera, peste e influenza. Secondo dati OMS, nel 2016, la tubercolosi ha ucciso 1,6 milioni di persone, tra cui 250 mila bambini e nello stesso anno si stima ci siano state 10,4 milioni nuove infezioni. I National Institutes of Health americani ricordano che è il killer numero uno tra le malattie infettive oltre che una delle principali dieci cause di morte nel mondo.
 
L’OMS stima che nel mondo vivano almeno 2 miliardi di persone con un’infezione ‘latente’ da TBC; persone cioè portatrici del batterio, ma senza sintomi (tosse, febbre, calo ponderale e sudorazioni notturne). Queste persone hanno un rischio del 5-15% di sviluppare nel corso della vita la malattia conclamata; il rischio è ovviamente maggiore nei soggetti con compromissione dell’immunità (come le persone con infezione da HIV, quelle in terapia immunosoppressiva, diabetici, fumatori, persone malnutrite).
 
La priorità nell’agenda mondiale è dunque quella di intensificare gli sforzi della ricerca biomedica per la messa a punto di nuovi agenti in grado di controllare ed eradicare quest’infezione, ma anche per comprenderne meglio la patogenesi. Da migliorare anche l’approccio diagnostico, anche con la messa a punto di test ‘point-of-care’ per distinguere tra ceppi sensibili e farmaco-resistenti, attualmente affidato al test GeneXpert MTB/RIF, che individua i ceppi rifampicina-resistenti.
 
Antibiotici sempre meno efficaci. Al momento, il trattamento di questa condizione prevede un cocktail di farmaci, spesso causa di gravi effetti collaterali, da assumere per almeno sei mesi; ma, a causa della crescente presenza di ceppi farmaco-resistenti, molto spesso questi regimi di trattamento devono essere protratti anche fino a 20 mesi. E anche così, per molti pazienti, non esistono al momento farmaci in grado di controllare le forme farmaco-resistenti.
 
Nuove possibilità di prevenzione nei soggetti ad alto rischio. Nei gruppi ad alto rischio si stanno comunque sperimentando nuove strade di prevenzione, come quella suggerita da uno studio finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases americano (NIAID), consistente nella somministrazione di un regime antibiotico (rifapentina–isoniazide) per un mese, in profilassi, nei soggetti con infezione da HIV e TBC latente. I risultati di questo studio, indicato dalla sigla ACTG 5279, sono stati di recente comunicati nel corso della Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI) tenutasi a Boston all’inizio di questo mese e dimostrano che questa strategia è valida e meno gravosa di quelle attualmente utilizzate, che prevedono cicli di isoniazide da assumere tutti i giorni per 6-9 mesi (da estendere anche fino a 36 mesi nei soggetti con infezione da HIV associata).
 
“I risultati di questo studio – commenta Anthony S. Fauci, direttore del NIAID – hanno le potenzialità di modificare in maniera drammatica la pratica clinica, offrendo alle persone con infezione da AIDS/HIV, a rischio di sviluppare una forma attiva di tubercolosi, un’ulteriore opportunità di prevenzione sicura, efficace, e più conveniente anche perché di più breve durata. Prevediamo che questo studio avrà in futuro anche ricadute sulla ricerca di strategie preventive nei soggetti HIV-negativi, a rischio di sviluppare una forma attiva di TBC”. Nel 2016, la TBC è stata causa del 40% dei decessi tra le persone con infezione da HIV, secondo dati OMS.
 
Il vaccino è ancora lontano.E naturalmente il golden stardard della prevenzione sarebbe quello di un vaccino preventivo, che per il momento resta solo una speranza. L’attuale vaccino BCG (Bacille Calmette-Guerin), messo a punto nel 1921, è in grado di proteggere i bambini dalla TBC disseminata, ma il suo ombrello protettivo non si estende agli adulti. Uno studio recente ha suggerito che una seconda dose di questo vaccino potrebbe prevenire l’infezione negli adolescenti ad alto rischio, ma si è ancora molto lontani da un’efficace protezione nell’adulto.
 
Progressi nella lotta contro la tubercolosi ne sono stati comunque fatti; l’OMS ad esempio comunica che tra il 2000 e il 2016, sono state salvate almeno 53 milioni di vita, grazie ad una migliore diagnosi e al trattamento di questa condizione.
 
Maria Rita Montebelli

24 marzo 2018
© Riproduzione riservata

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