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Malattie reumatiche. Per 94% pazienti farmaci biologici sono più efficaci


A migliorare è anche la qualità della vita. Lo rileva lo studio Rapsodia che sottolinea, ad esempio, come il 63% dei pazienti si senta avvilito per le inabilità acquisite, il 57% sia costretto a convivere con ansia o depressione, il 39% è diventato più irritabile.

15 NOV - A causa delle malattie reumatiche, oltre il 50% dei pazienti ha dovuto rinunciare a svolgere qualsiasi attività sportiva, il 43% denuncia l’impossibilità di dormire o riposare adeguatamente, il 25% quella di vestirsi da soli, il 38% indica l’incapacità di eseguire attività domestiche e il 31% di avere cura delle necessità familiari.
A peggiorare non è solo la qualità di vita, ma la stessa percezione che ne hanno i pazienti. Drammatiche le ricadute psicologiche: il 63% si sente avvilita/o per le inabilità acquisite, non riuscendo più a fare ciò che faceva prima della malattia, il 57% è costretto a convivere con stati di ansia e/o depressione, il 39% ha visto crescere il suo livello d’irritabilità, il 21% ha avuto problemi nella sua sfera sessuale.
È quanto emerge dallo studio osservazionale RapsodiaA (La Qualità di Vita e i bisogni dei pazienti con Artrite Reumatoide, Artrite Psoriasica e SpOnDIlite Anchilosante), presentato oggi a Roma e che, per la prima volta, presenta dati validati clinicamente sulla qualità di vita dei pazienti reumatici. Nella ricerca sono stati coinvolti 743 pazienti, arruolati in 16 Centri di Reumatologia distribuiti sull’intero territorio nazionale.

Ma se la malattia compromette bisogni essenziali, la stessa indagine ci dice che la grande chance di mantenere la propria normalità di vita è oggi affidata alle terapie biologiche: la quasi totalità dei pazienti (94%) ritiene che i farmaci biologici siano più efficaci di quelli convenzionali nel migliorare la qualità di vita e la capacità di eseguire le attività quotidiane. Nello specifico, secondo i pazienti, la terapia biologica rallenta la progressione della malattia (97%), limita l’avanzamento delle deformità articolari (96%), assicura sollievo di lunga durata (95%), provoca meno ricadute (93%), riduce il dolore e il gonfiore (91%).

Inoltre, il numero dei pazienti con artrite reumatoide che riesce ad avere più di 15 “giorni buoni”  cioè quelli, nell’arco di un mese, nei quali i pazienti possono alzarsi senza avvertire dolore  dopo le terapie biologiche passa da 16 (7,3%) a 145 (65,9%) a fronte di un aumento solo da 12 (11,3%) a 38 (40,9%) registrato nel numero dei pazienti in terapia convenzionale. Nella Spondilite Anchilosante il beneficio dei biologici è ancora maggiore: il 78,1% dei pazienti dichiara di avere più di 15 “giorni buoni” grazie alla terapia, a fronte del solo 26,8% nei pazienti in trattamento con farmaci convenzionali.

“Le malattie reumatiche limitano e condizionano la quotidianità nei suoi molteplici aspetti: praticare attività sportive, dormire bene, svolgere attività domestiche, coltivare hobby, vestirsi e pettinarsi agevolmente, avere una soddisfacente vita sessuale, godere di momenti di svago con i famigliari e gli amici”, ha affermato Giovanni Minisola, presidente della Società Italiana di Reumatologia, primario della Divisione di Reumatologia dell’Ospedale di Alta Specializzazione San Camillo di Roma. “Oggi però – ha aggiunto -, alla luce della disponibilità delle nuove risorse farmacologiche come le terapie biologiche, queste importanti limitazioni non possono essere più accettate e ritenute inevitabili”.

Secondo Roberto Giacomelli, direttore del Dipartimento di Reumatologia dell'Università degli Studi de L’Aquila e responsabile della ricerca: “Rapsodia conferma in modo incontrovertibile che nel trattamento delle malattie reumatiche l’avvento delle terapie biologiche ha rappresentato un vero e proprio spartiacque: questi farmaci hanno ridotto i bisogni non soddisfatti dei pazienti, migliorando sia la qualità di vita di chi ne è affetto sia la percezione che essi hanno della loro stessa condizione. Non possiamo assolutamente permetterci di non curare al meglio i pazienti, poiché non utilizzare le terapie biotecnologiche non solo sarebbe penalizzante per loro, ma inciderebbe pesantemente sulla bilancia dei costi indiretti della salute”.

L’importanza dello studio, nel quale la percezione dei pazienti ha avuto il ruolo di voce solista, è confermata da Gabriella Voltan, presidente di Anmar, Associazione Nazionale dei Malati Reumatici. “E’ la validazione scientifica – ha osservato - del fatto che le terapie biologiche costituiscono uno strumento essenziale per il controllo e il miglioramento dei sintomi della malattia. Come paziente affetta da artrite reumatoide, mi sono rispecchiata nei dati che sono emersi dallo studio: per anni la mia vita è stata segnata da recidive, dolore, gonfiori, assenze dal lavoro, ma l’inizio della terapia con i farmaci biologici ha significato la risoluzione di gran parte dei problemi che m’impedivano una vita ‘normale’. Questo studio rappresenta per me una verifica oggettiva del fatto che la terapia con biologici è in grado di cambiare la vita e l’approccio con la malattia, rimettendo i malati in pista e offrendo loro la possibilità di riappropriarsi della propria esistenza”.

Le terapie biologiche hanno quindi cambiato la storia delle malattie reumatiche, assicurando livelli elevati di efficacia e sicurezza. Ma anche nell'ambito delle terapie biologiche permangono aree di insoddisfazione, legate per lo più alle modalità di somministrazione.
Una delle risposte a questa criticità è stata illustrata ad oggi, ed è golimumab, un biologici di ultima generazione che permette ai pazienti di superare il fastidio dell'iniezione grazie alla possibilità della somministrazione sottocutanea lo stesso giorno di ogni mese. La terapia con golimumab è ulteriormente semplificata grazie all'utilizzo di un iniettore predosato, appositamente ideato per pazienti reumatologici affetti da compromissione articolare, frequente in caso di Artrite Reumatoide e Artrite Psoriasica.

La semplicità di somministrazione “ha una notevole importanza – ha affermato Minisola -, perché facilita l’aderenza al piano terapeutico. Uno dei motivi di abbandono del piano terapeutico o riluttanza ad accettarlo è proprio la sua complessità; non c’è dubbio che un piano terapeutico semplice come quello previsto per golimumab agevola l’aderenza del paziente al trattamento e lo rende più accettabile”.
 

15 novembre 2011
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