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Implant Files. Rilevate ingerenze lobby delle industrie di device su regolamento europeo in materia di sicurezza impianti e dispositivi medici. A rischio salute cittadini?

di Maria Rita Montebelli

E’ un’accusa pesante, molto pesante quella che arriva dalle pagine del BMJ. In pratica, politici e funzionari europei ‘top’ sarebbero stati corrotti per anni dalla lobby dell’industria degli impianti medici, favorendo così le industrie dei device, a scapito della sicurezza dei cittadini europei. Uno scandalo che si profila di dimensioni enormi e che riguarderebbe protesi d’anca, protesi mammarie, stent, defibrillatori e pacemaker. E che ha pesantemente influenzato il futuro regolamento europeo sulla sicurezza di impianti e device che entrerà in vigore nel 2020.

27 NOV - In Europa si sa molto poco dei danni e malfunzionamenti dei device medici. I dati relativi a questi ‘incidenti’  sono infatti strettamente ‘confidenziali’ e dunque non a disposizione dei medici, né delle associazioni di pazienti. Quel che si sa è che i loro numeri sono in crescita (in Italia quadruplicati negli ultimi 4 anni). Gli Implant Files, un grande esempio di giornalismo d’inchiesta, ha cercato di capire cosa ci fosse dietro questa cortina di mistero. British Medical Journal ne pubblica il contenuto.
 
La safety di un impianto o di un dispositivo medico, in Europa è certificata dagli organismi notificati (aziende di certificazione private for-profit) e non da un ente regolatorio centrale come è ad esempio l’EMA per i farmaci. I casi di danni o malfunzionamento dei device e degli impianti in Europa non sono raccolti in un registro pubblico, consultabile da medici, pazienti, ricercatori, ma sono tenuti strettamente confidenziali. L’unica cosa che si sa è che i loro numeri sono in aumento. Perché? Chi ci guadagna da questa situazione? e perché l’Europa non fa qualcosa, adeguandosi ad esempio al sistema americano?
 
A fare chiarezza su questa situazione ci ha provato l’International Consortium of Investigative Journalist che ha condotto una lunga indagine sull’argomento. E la loro conclusione è che la lobby delle industrie di device avrebbe pesantemente influenzato la stesura del nuovo regolamento europeo in materia di impianti e device, che entrerà in vigore nel 2020. Di certo la durata di vita di molti cittadini europei è stata allungata grazie a questi device, ma non è possibile ignorare come l’Europa negli ultimi anni sia stata protagonista di alcuni dei peggiori scandali al mondo relativi ad impianti, esitati in gravi danni per i pazienti: cicatrici, dolore, decessi. Molti illustri addetti ai lavori, sul versante medico e medico-legale, hanno più volte affermato che, l’approccio usato dall’Europa per la valutazione e l’approvazione dei nuovi impianti di fatto tratta i cittadini europei come cavie di laboratorio.
 
Questa delicata inchiesta giornalistica (Implant Files) è andata ad indagare per un anno i comportamenti dell’industria dei device medicali; ci ha lavorato una squadra di 250 giornalisti di 36 Paesi, che hanno avuto come media partner inglesi BMJ, BBC Panorama e The Guardian.
 
Per ottenere rapidamente le approvazioni necessarie all’immissione sul mercato molte industrie di device medici si rivolgono all’Europa che ha uno dei regolamenti più ‘lassi’ di tutto il mondo occidentale. L’industria dei device è dominata dalle aziende americane che scelgono spesso l’Europa per ‘provare’ i oro nuovi prodotti. Tra gli esempi di prodotti che hanno avuto il semaforo verde dall’Europa, salvo poi rivelarsi dannosi, il BMJ ricorda RoboDoc, un robot chirurgo che causava rotture tendinee e danni nervosi; Brio, un impianto per la stimolazione cerebrale profonda per il Parkinson che è stato necessario rimuovere da alcuni pazienti per malfunzionamento; Nanostim un pacemaker innovativo con un problema di batteria;Trilucent, la protesi mammaria all’olio di soia che irrancidiva ed è stato necessario espiantare da migliaia di donne.
 
Il problema della trasparenza
Uno dei problemi messi in luce da questo rapporto è la mancanza di trasparenza e la scarsa tracciabilità dei dati relativi al malfunzionamento di un device. Dati che spesso non arrivano neppure all’industria e che non sono disponibili né ai medici, né tanto meno al pubblico (qualcuno dice per ‘non spaventare la gente’, ‘per non generare allarme’). Il BMJ rivela che questo mese a Bruxelles sono previsti degli incontri proprio per discutere il livello di trasparenza da applicare alle evidenze raccolte sui device già in commercio; ma a questi incontri prenderanno parte soprattutto rappresentanti dell’industria e organismi notificati; sarà presente solo una società medica e nessuna associazione di pazienti.

Sarebbe ovviamente prezioso per i medici avere la possibilità di esaminare i dati relativi alle migliaia di report su danni e disfunzioni dei device notificati agli organismi competenti in Europa ogni anno. L’FDA americana tiene un registro pubblico di questi rapporti, che è a disposizione di medici, pazienti, ricercatori. In Europa, anche con i nuovi regolamenti, è previsto che queste informazioni continuino a restare ‘confindenziali’. E dietro questa decisione, pare ci siano state delle pressioni neppure tanto velate dei lobbisti di MedTech Europe che hanno minacciato di ridurre gli investimenti in Europa se questa storia della troppa trasparenza fosse andata avanti.

Le statistiche ufficiali, secondo il rapporto, non catturano tutte le storie dei cittadini europei esposti a pericoli, che tuttavia, nonostante questa limitazione, sono in evidente crescita. Gli autori del rapporto non sono riusciti ad ottenere queste informazioni da nessuno dei Paesi dell’Unione Europea dove hanno condotto questa indagine. 19 Paesi si sono limitati a fornire i numeri grezzi dei casi di malfunzionamento, danno e morte. E i numeri parlano chiaro: in Francia e Gran Bretagna le segnalazioni di incidenti sono raddoppiate negli ultimi 9 anni, in Germania triplicati, in Spagna quadruplicati in 7 anni e in Italia quadruplicati in appena 4 anni. Questa esplosione di incidenti potrebbe in parte essere dovuta ad una più accurata segnalazione, ma anche a malfunzionamenti veri e propri.

Secondo Christian Gluud, direttore della Copenhagen Trial Unit danese, “mantenere confidenziali i rapporti degli incidenti è di fatto una espropriazione di informazioni che appartengono ai pazienti e che dovrebbero invece essere condivise apertamente nell’interesse della salute pubblica”.
 
Le pressioni dell’industria per mantenere il sistema degli organismi notificati
Secondo gli Implant Files per nove anni i lobbisti hanno fatto pressione sui politici sulla questione della riforma delle regole di sicurezze europee, prima dell’approvazione della Regulation on Medical Devices, avvenuta lo scorso anno e che entrerà in vigore nel 2020. L’intento delle lobby era di mantenere lo status quo, cioè di lasciare che fossero gli organismi notificati ad approvare come ‘sicuri’ dei prodotti potenzialmente ad alto rischio, spesso in assenza di evidenze derivanti da trial condotti sull’uomo. Al momento – scrive il BMJ – l’unica flebile assicurazione di safety fornita a medici e pazienti è il piccolo marchio ‘CE’ sul packaging e sulle istruzioni degli impianti.
 
Già nel 2008 la Commissione Europea si era resa conta  della leggerezza con la quale alcuni organismi notificati davano l’Ok a device potenzialmente rischiosi, senza disporre di evidenze scientifiche serie. Per ovviare a questa situazione era stata avanzata la proposta di creare all’interno dell’EMA un nuovo dipartimento per la valutazione di impianti e device, per poterli sottoporre ad una valutazione rigorosa. Ancora una volta MedTech Europe ha fatto sapere che ‘ il trattamento dei pazienti e l’accesso alle tecnologie mediche innovative, a loro parere, ne avrebbe sofferto’. Sembrava il de profundis di questa proposta, ma nel 2010 scoppiano due grossi scandali: le protesi mammarie francesi Poly Implant Prothése (PIP) a rischio rottura (sono state espiantate a 18.600 donne) e le protesi d’anca ‘all-metal’ costrette ad uscire di produzione. Si riaccende dunque il dibattito sui notified body, ma le lobby lavorano bene e alla fine l’idea di una valutazione centralizzata dei device, viene giudicata ‘inappropriata’.

A non darsi per vinta è la deputata europea social-democratica tedesca Dagmar Roth-Behrendt che continuava ad auspicare la creazione di un’agenzia per la valutazione dei device ad alto rischio (al posto degli organismi notificati) e che allo stesso tempo invocava che i produttori di device fornissero prova non solo della safety dei loro device ma anche del fatto che fossero di beneficio per i pazienti. Lo scontro con l’industria è stato inevitabile e i lobbisti di MedTech Europe hanno lanciato la campagna ‘Don’t lose the 3’ a significare che gli impianti innovativi, con il sistema attuale in Europa venivano approvati tre anni prima che in altri Paesi e senza pericoli per i pazienti; MedTech Europe  faceva inoltre presente che la riforma invocata dalla Roth-Behrendt sarebbe costata all’industria 17,5 miliardi euro e che non avrebbe messo i cittadini europei più al sicuro di prima. Inutile dire che la proposta della eurodeputata tedesca è stata bocciata dal parlamento europeo.
 
Alla fine la riforma del sistema è stata licenziata lo scorso anno, con tanti compromessi, ma anche dei punti buoni. Come quello di riservarsi di poter nominare un panel di esperti per ricontrollare in alcuni casi il lavoro degli organismi notificati e la richiesta di dotare tutti gli impianti di un numero identificativo per poterli tracciare. Per qualcuno il nuovo regolamento rappresenta però solo una cortina fumogena, qualcosa che continuerà a favorire le industrie e a consentire loro di vendere più device, più che a proteggere i cittadini europei.
 
Maria Rita Montebelli

27 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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