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Coronavirus e Sclerosi multipla. Sin e Aisl “Nessun maggior rischio per i malati SM rispetto alla popolazione generale”


In occasione della Giornata della Sclerosi Multipla che celebra il 30 maggio, Sin e Aism hanno diffuso i dati aggiornati dello studio MuSC 19 che indaga sulla relazione tra Covid 19 e la Sclerosi multipla. L’Italia è stato il primo Paese al mondo a segnalare i casi di infezione in persone ocn Sm. La prima analisi dello studio è stata pubblicata su Lancet Neurology

28 MAG - “I pazienti con Sclerosi Multipla anche in corso di terapia immunoattiva, non hanno avuto un maggior rischio di infezione da Sars-COV -2 rispetto alla popolazione generale”.
È quanto emerso dai dati aggiornati dello studio MuSC 19 che indaga sulla relazione tra Covid -19 e Sclerosi multipla (Sm), promosso dalla Società Italiana di Neurologia (Sin) e dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism) con la sua Fondazione Fism. I dati dello studio, svolto su alcune centinaia di casi, sono stati diffusi in occasione della Giornata della Sclerosi Multipla che si celebra il prossimo 30 maggio.

“L’Italia è stato il primo Paese al mondo a segnalare i casi di infezione da Sars-COV2 in persone con sclerosi multipla – afferma Gioacchino Tedeschi, Presidente della Sin – pubblicando, appena qualche settimana fa su Lancet Neurology, la prima analisi descrittiva MuSC 19 relativa a 232 pazienti. In queste settimane lo studio MuSC19 non è mai stato interrotto e consente di aggiornare informazioni utili per i nostri assistiti. È importante segnalare, in base ai dati finora raccolti, che non sembra emergere una maggiore suscettibilità al virus o a forme più gravi di COVID 19 per i pazienti con SM. L’analisi dei dati in fase di elaborazione fornirà indicazioni più accurate sull’effetto e sulla gestione delle terapie”.

Tra i dati emersi dallo studio, risulta che oltre il 10% dei pazienti oggetto dello MuSC19 ha dovuto fare ricorso a cure ospedaliere e nel 4% circa dei casi a reparti ad alta intensità di cura. Sono stati osservati alcuni decessi in percentuale inferiore al 2% di tutti i casi raccolti, in pazienti con età variabile da 52 a 76 anni; di questi, più della metà non assumevano farmaci specifici per il trattamento della SM; per la maggior parte erano affetti da forme progressive di SM e tutti tranne 1 avevano sensibile disabilità con EDSS superiore a 5.5. La gran parte dei pazienti deceduti era affetta da altre comorbidità quali ipertensione, diabete, coronaropatie, malattie cerebrovascolari, dislipidemia e altre patologie.
 
“È verosimile ritenere – commenta Francesco Patti, Responsabile del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della Sin - che l’azione di supporto rivolta ai pazienti per far rispettare loro le misure generali di protezione dall’infezione, quali il distanziamento sociale, l’attenzione verso l’igiene, la ridotta esposizione al rischio di essere contagiati (uso mascherine in ospedale, o in ambienti con altre persone, telemedicina, invio a domicilio dei piani terapeutici e persino di certe categorie di farmaci, esenzione dal lavoro) unitamente all’azione immunoregolatoria ed antiinfiammatoria dei farmaci immunoattivi, abbia potuto contenere il possibile maggior rischio d’infezione in persone fragili come quelle con SM”.
La Sin e l’Aism, con la sua Fondazione Fism, contineranno monitorare l’infezione Covid 19, aggiornando i dati e suggerendo nuove modalità di comportamento ai pazienti, ai loro caregivers e a lavorare per riadattare l’organizzazione assistenziale negli Ospedali e nel territorio di tutto il paese.

28 maggio 2020
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