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Mancano i giovani medici? Anche i sindacati hanno le loro colpe

di Ornella Mancin
11 OTT - Gentile Direttore,
in questi giorni sulla stampa da più parti si è levato un grido di allarme a proposito dell’anzianità della classe medica attualmente in servizio. Si è scritto che tra meno di 7 anni circa 20 milioni di Italiani resteranno senza Medico di famiglia per l’uscita di molti colleghi giunti al pensionamento; il sindacato degli specialisti ambulatoriali hanno denunciato una mancanza di più di 55.000 specialisti fra convenzionati e ospedalieri entro 10 anni, e per ultimo la CIGL denuncia che un medico su due ha più di 55 anni.

Difficile immaginare uno scenario più apocalittico per la sanità. Il SSN si sta reggendo (producendo ancora degli “interventi di eccellenza”)  grazie al lavoro di medici prossimi al pensionamento o comunque avanti con gli anni, sempre più frustrati e demotivati , non solo per mancanza di incentivi economici e/o di carriera, ma anche per l’impossibilità di trasmettere la loro esperienza e conoscenza ai colleghi più giovani, che continuano a essere tenuti fuori dal mondo del lavoro.

Ma perché mancano giovani medici? Il numero chiuso per l’accesso a Medicina introdotto nel 1999 , in teoria avrebbe dovuto programmare un accesso controllato di giovani medici alla professione garantendo un adeguato ricambio.

A questo punto o la programmazione non è stata efficace e si sono sfornati troppi pochi medici o  il problema è da ricercarsi in altro.
In realtà sappiamo bene come non tutti i giovani laureati in Medicina trovino  posto nelle scuole di specializzazione e nelle Scuole di formazione per la Medicina generale (per mancanza di fondi ad hoc) e quindi  molti laureati sono costretti a restare in un limbo indefinito. Ma anche quelli che arrivano alla fine del percorso con tutte le carte in regola, spesso non vengono assunti in pianta stabile nell’organico ma si preferisce, come dice la CIGL nel suo rapporto, precarizzarli con rapporti atipici, partite Iva, co.co.co., gettoni  e quant’altro, impedendo di fatto la formazione di professionisti in grado di subentrare ai colleghi anziani.

Questo è ovviamente frutto di una politica che negli anni ha continuato a sottrarre  risorse alla sanità e poiché il personale medico rappresenta una delle voci di maggior spesa nel SSN, i tagli hanno avuto negli anni come effetto il blocco del turn over: non si assume e si usano mille stratagemmi per rimpiazzare i posti vuoti con personale preso “alla bisogna”(basti pensare alla nascita di cooperative di servizi che forniscono medici e personale sanitario su richiesta, per periodi più o meno brevi, impedendo di fatto una vera e propria formazione sul campo).

Ma come si è giunti a questa situazione? Com’è possibile che i sindacati di categoria non siano riusciti ad opporsi a questo scempio? Eppure da anni i nostri rappresentanti sindacali ci invitano alla mobilitazione  per il rinnovo del contratto e in difesa del SSN. Sono stati indetti molti scioperi e manifestazioni ma da quanto si può vedere i risultati non ci sono stati.

Che non sia arrivato il momento di un cambio di strategia? Lo invocava mesi fa dalle pagine di questo giornale il prof. Cavicchi (QS 10 febbraio 2016) rilevando che negli ultimi 10 anni  tutte le più importanti battaglie ingaggiate dai medici contro i vari governi sono state perse. Nella sua analisi, sempre molto accurata e pungente, il professore ribadiva che  la guerra è un‘arte e che non esistono eserciti invincibili ma solo generali che non conoscono sufficientemente “l’arte della guerra e meno che mai i requisiti che essa impone” e proponeva di studiare nuove strategie per non continuare ad accumulare sconfitte, perché “oggi nel tempo dei droni e delle bombe intelligenti e del terrorismo” non è più possibile “mettersi la feluca e ordinare assalti all’arma bianca”, altrimenti “i generali dei medici rischiano, a forza di scioperi senza piattaforme, di perdere il favore del popolo”.

L’assenza di risultati apprezzabili sembra evidente: i contratti sono bloccati da anni e l’orizzonte appare ancora molto incerto, ancor più per chi un contratto non c’è l’ha e rischia di non vederlo mai (i giovani medici appunto). È il momento che il sindacato faccia una riflessione critica prestando attenzione ai profondi mutamenti che si succedono sia in ambito sociale che organizzativo, una riflessione che sia capace di innescare un cambiamento di rotta per affrontare le battaglie che ci aspettano con idee ed energie nuove.

Ornella Mancin
Medico di Famiglia
Cavarzere (VE)

11 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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