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Quelle criticità al presidio Sanitario di Locri

14 GIU - Gentile Direttore,
riscontriamo una segnalazione da parte dei nostri Iscritti, Medici Anestesisti Rianimatori del Presidio Ospedaliero Spoke di Locri, i quali ci evidenziano uno stato di cronica criticità nell’erogazione delle prestazioni sanitarie alla popolazione del proprio bacino di utenza. E ciò, già inconcepibile per le attività ordinarie, diventa assolutamente inammissibile in caso di situazioni di urgenza o, peggio, di emergenza.
Il Presidio di Locri è inserito a pieno titolo, almeno sulla carta, nel tessuto della rete ospedaliera della Città Metropolitana di Reggio Calabria.

Tessuto che conta un centro Hub, il Grande Ospedale Metropolitano di Reggio, due centri Spoke, i Presidi Ospedalieri di Polistena e, appunto, Locri e due Ospedali Generali, Melito P.S. e Gioia Tauro.

Già questo dovrebbe essere più che sufficiente ad indicare il ruolo di massima importanza che il presidio di Locri, peraltro localizzato in un territorio che è stato progressivamente privato delle proprie risorse e sempre più isolato dal contesto sanitario, dovrebbe giocare.

Nello Spoke di Locri, dotato di Pronto Soccorso, Rianimazione, Ortopedia/Traumatologia e Chirurgia viene centralizzato, ad esempio, il paziente politraumatizzato della zona che, ricordiamo, è un pericoloso crocevia delle due strade con maggior tasso di mortalità della provincia: Ss 106 e Sgc Jonio-Tirreno.

In questo presidio, il traumatizzato, dev’essere rapidamente stabilizzato per poter essere trattato chirugicamente in loco oppure altrettanto rapidamente trasferito al centro Hub di riferimento nel caso in cui vi sia indicazione neuro- o cardiochirugica, trattandosi queste ultime, di specialità non previste per i centri Spoke.

Ma la veloce stabilizzazione del paziente e la possibilità di incidere positivamente sugli esiti, deve necessariamente essere preceduta da un’altrettanto celere diagnosi.

La diagnostica per immagini rappresenta da tempo, ormai (è sufficiente digitare su un qualunque motore di ricerca le parole chiave “Tac” e “Locri” per avere un’idea, comunque riduttiva, delle dimensioni del problema), un’autentica spada di Damocle sulla testa del malcapitato paziente.

Ma anche sulla testa dei medici che, dalla trincea del presidio locrideo, roccaforte sanitaria a difesa di oltre centotrentamila abitanti, sono costretti a trasferire sovente i pazienti presso lo Spoke di Polistena, obbligati dunque così a sottrarre prezioso tempo all’azione, solo per poter effettuare una diagnosi.

E questo alla faccia della golden hour e delle statistiche che ci dicono come, nel caso dei politraumatizzati, circa l’ottanta per cento dei decessi avvenga nel corso delle prime ore.

Allo Spoke di Locri, però, la richiesta di salute non si esaurisce con l’assistenza e la cura del traumatizzato.

Utic, Pronto Soccorso, Medicina, Pediatria, Rianimazione e tutte le altre unità operative non possono certo rinunciare all’indispensabile ausilio diagnostico per erogare prestazioni sicure ed efficaci.

Alla Radiologia di Locri mancano troppo spesso uomini e mezzi e, ad ogni piè sospinto, disposizioni di servizio comunicano il razionamento di queste risorse. E le prestazioni, ancorché in urgenza, corrono il rischio di essere contingentate o, peggio, calendarizzate.

Così, anche i pazienti più critici, quali ad esempio quelli ricoverati in Uo di Rianimazione, per poter effettuare un semplice esame come la Tac, potrebbero dover essere trasferiti, ove le circostanze lo permettano, a Polistena o a Melito, con tutti i rischi che questo comporta. Per poi tornare, con i rischi di un altro trasferimento, al presidio di provenienza.

Sappiano, i cittadini della locride, che ci saranno alcuni giorni in cui la radiologia potrebbe essere chiusa ed altri in cui, per lo stesso motivo, in determinate ore del giorno o della notte potrebbe non essere consigliabile sentirsi male. Sappiano pure che prendersela con gli operatori sanitari, come già più volte accaduto nel recente passato, non modificherà questo stato di cose. E che gli operatori sanitari sono, esattamente come i cittadini, vittime ed ostaggi di un sistema che non è più in grado offrire l’assistenza dovuta.

Sappiano anche che come Aaroi Emac chiederemo al Management aziendale un incontro urgente perché a noi Medici Anestesisti Rianimatori, come a tutti gli altri Operatori Sanitari, la salute dei nostri Pazienti sta a cuore. E molto.

Oggi, egregio Direttore, le abbiamo raccontato una storia sulla Radiologia di Locri. E ci teniamo ad esprimere piena solidarietà ai nostri Colleghi ed a tutti gli operatori sanitari che lavorano in condizioni disagevoli. Oltre naturalmente ad essere vicini a quei cittadini che rivendicano il giusto, costituzionale diritto alla salute.

Le criticità, però, non finiscono certo qui, e non riguardano, putroppo, solo Locri. E se avrà voglia di leggere altre storie tristi come questa, ne riparleremo a breve.

Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Emergenza ed Area Critica (Aaroi Emac) sezione Calabria

14 giugno 2018
© Riproduzione riservata

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