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Ambulanze con soli infermieri. Ordini dei medici dell’Emilia Romagna compatti contro linee guida: “Non rispettano leggi nazionali. No a diagnosi e cura a infermieri. Fare chiarezza”

di Luciano Fassari

No ad atti medici affidati agli infermieri, no a stesso nome per i mezzi di soccorso con medico e infermiere e quelli con solo infermieri. I medici scendono in campo e scrivono a Fnomceo, Regione, Ministero e Parlamento. “Non si può supplire a carenza di medici attribuendo al personale infermieristico compiti di diagnosi, prescrizione e somministrazione di terapie”. Ma sulle sanzioni ai medici non sono tutti d’accordo. Pagani: “Chiediamo chiarezza alle Istituzioni”. LA LETTERA

26 LUG - Le Linee guida e gli allegati Algoritmi infermieristici avanzati in emergenza-urgenza territoriale, predisposti per uniformare la attività degli infermieri sui mezzi di soccorso attraverso la armonizzazione delle Istruzioni Operative precedentemente adottate dalle diverse Unità Operative ET-118 della Regione Emilia Romagna continuano a non convincere gli Ordini dei medici della Regione che scrivono al Ministro Lorenzin, al presidente Fnomceo, Chersevani, a tutti gli ordini provinciali, ai presidenti delle commissioni sanitarie di Camera e Senato e alla Regione Emilia Romagna per evidenziare “il permanere di alcune criticità” nonostante alcune modifiche (eliminate ad esempio la somministrazione autonoma da parte dell’infermiere di farmaci anestesiologici a prescrizione medica limitativa (Fentanest) e la sedazione e intubazione oro-tracheale).
 
Il caso, lo ricordiamo fu portato alla luce dall’Ordine dei medici di Bologna che aveva sospeso 4 medici rei di aver redatto procedure e istruzioni operative per regolamentare l'intervento di infermieri sulle ambulanze del 118 attribuendo al personale infermieristico compiti di diagnosi, prescrizione e somministrazione di terapie soggette a controllo del medico, dunque per avere incaricato gli infermieri di svolgere atti che la legge attribuisce solo ed esclusivamente ai medici.
 
Ma oggi gli Ordini emiliano-romagnoli si compattano e in un documento evidenziano tutte le “perplessità e i timori inerenti una organizzazione della assistenza sanitaria che preveda l’attuazione di percorsi di diagnosi e cura assegnati attraverso validazione di “taluni protocolli” che siano affidati non più soltanto a medici ma a personale infermieristico, di fatto allargando le competenze in campo sanitario a quelle figure professionali impiegate in ambito sanitario ma non in possesso della laurea in medicina”.
 
Nello specifico gli ordini dei medici dell’Emilia Romagna evidenziano 5 punti critici da correggere:
 
Il primo punto da chiarire è che “la denominazione dei mezzi di soccorso con medico e infermiere e dei mezzi di soccorso con solo infermiere: non possono avere la stessa denominazione perché non possono essere equiparati come professionalità: la diversa denominazione deve caratterizzare diverse competenze e di conseguenza prevedere diversi criteri di invio sul territorio”.
 
Il secondo punto che deve essere chiarito “riguarda la effettiva possibilità di contatto tra l’infermiere che sta assistendo un paziente critico ed il medico (la delibera recita: assicurazione che l’applicazione dei protocolli/algoritmi infermieristici avanzati debba essere sempre accompagnata dall’allertamento dei medici di riferimento dei mezzi medicalizzati). In realtà il sistema non garantisce che questo contatto possa sempre avvenire poiché ciascuna delle 3 Centrali Operative 118 della Regione Emilia Romagna ha un solo Medico Responsabile e l’unica alternativa è rappresentata da un medico di turno su un Mezzo di soccorso avanzato, che potrebbe però essere impegnato su un altro evento critico e quindi non potere concentrarsi sul quesito proveniente dall’infermiere”.
 
Il terzo punto da chiarire riguarda “la discrezionalità delle decisioni presente negli algoritmi infermieristici, che definiscono le azioni che possono essere messe in atto dall’infermiere, come prevede il DPR 27/03/1992, in modo anticipatorio e non sostitutivo rispetto all’azione del medico.
La sequenza di azioni prevista dagli algoritmi si basa su individuazione di segni e sintomi ben precisi e non dovrebbe lasciare spazio decisionale autonomo all’infermiere, ma la discrezionalità è invece innegabile ed ineludibile in molteplici attività sanitarie e lo è certamente quando si debba valutare in loco se un paziente è compromesso oppure no, o si debba valutare dalla Centrale Operativa se procedere alla modalità di medicalizzazione precoce ovvero all’attesa sul posto rendez-vous col trasporto in pronto soccorso.
E questo si riscontra nell’Assessment sia del paziente non traumatizzato che di quello traumatizzato, ed anche nella Overdose da oppiacei”.
 
Il quarto punto critico è “rappresentato dal fatto che in tutti gli Algoritmi compare la dicitura “ingresso da algoritmo di base…”, e questo induce a pensare che davanti ad un paziente da subito compromesso l’infermiere debba avvisare subito il medico di riferimento e quindi proceda con l’algoritmo. È fondamentale che questo punto venga chiarito univocamente, poiché non possono esservi dubbi sul fatto che dinanzi ad ogni malato critico o potenzialmente critico deve essere attivato fisicamente in loco l’intervento medico.
Andrebbe perciò prevista la contemporanea attivazione di medico ed infermiere in ogni tipo di codice rosso, sia esso base che avanzato, dal momento che la codifica delle chiamate di emergenza non prevede che i codici rossi siano sotto classificati, e che questa prassi è un’autonoma iniziativa dei responsabili delle Centrali Operative, risultando in una de-medicalizzazione del sistema di Emergenza Territoriale”.
 
Il quinto punto critico consiste “nella delega di atti medici ad infermieri. Pur nell’ auspicabile obiettivo di privilegiare nella attività di Emergenza Territoriale la tempestività e la capillarità degli interventi, si ritiene che l’anamnesi ed il rilievo di segni e sintomi clinici, così come previsti da alcuni degli Algoritmi infermieristici avanzati, si configurano in una vera e propria visita clinica, cioè di un atto medico. Nella fattispecie, le valutazioni di diagnostica differenziale presenti nel documento, pur guidate da un percorso a passaggi successivi, ognuno dei quali verificato e validato con un medico di riferimento per via telefonica, rischiano di comportare la formulazione di una diagnosi attraverso la valutazione di dati clinici e sintomi non raccolti personalmente da chi, per legge, è il solo autorizzato a “porre diagnosi” e di conseguenza responsabile sotto il profilo civile e penale. Resta quindi aperto il problema della possibile emissione da parte di un medico di una diagnosi in assenza del paziente, atto non conforme ad una “buona pratica medica” al di fuori di situazioni emergenziali”.
 
A spiegarci nel merito la posizione dei medici è il presidente della Federazione degli ordini dei medici dell’Emilia Romagna e presidente dell’Omceo di Piacenza, Augusto Pagani.
 
“Il nostro intento – spiega – è quello di portare all’attenzione della Regione e delle Istituzioni nazionali, con una posizione che accomuna tutti i nostri ordini provinciali, le criticità che riscontriamo sulle linee guida della Regione sull’Emergenza Urgenza Territoriale”.
 
Pagani chiarisce che l’obiettivo “non è fare muro contro muro, ma mettere in luce come il susseguirsi di norme diverse (nazionali, regionali, codice deontologico) crea confusione e incertezze”.
 
Ma soprattutto Pagani ribadisce come “il problema è che in questi anni di crisi anche in Emilia Romagna ci siamo ritrovati in una situazione di criticità cove ci sono mezzi di soccorso insufficienti e inadeguati che hanno portato in taluni casi, ripetiamo di emergenza, a far fare agli infermieri taluni atti medici. Ecco, ora si sta cercano in Emilia di trasformare questa situazione di emergenza in una prassi comune. E a questo noi diciamo no”.
 
“Abbiamo apprezzato – prosegue Pagani – il tentativo della Regione di uniformare le regole ma rimarchiamo come non si deve però legittimare la predisposizione di procedure operative che autorizzino l’infermiere ad eseguire manovre salvavita in un contesto che non rispetta i parametri previsti dalle vigenti leggi (Regolamento standard ospedalieri) per l’organizzazione della rete di Emergenza Territoriale”.
 
Pagani poi precisa che “non c’è nessuna volontà di aizzare una guerra con gli infermieri. La collaborazione e la integrazione fra medici ed infermieri è una risorsa per i professionisti e per gli assistiti e la loro attività deve essere complementare e correlata alla diversa formazione, competenza e responsabilità professionale”.
 
Ma se sull’analisi delle criticità e sulle proposte di modifica delle linee guida c’è unanimità tra gli ordini dell'Emilia Romagna così non è per quanto riguarda le sanzioni disciplinari per i medici (vedi Bologna).
 
“Non c’è armonia sul tema ma è anche per questo che chiediamo alle Istituzioni che venga fatta chiarezza. In ogni caso voglio ricordare che la situazione in cui si è trovata Bologna, dove sono stati aperti procedimenti disciplinari, non può essere ignorata. E il problema, al di là di come la si possa pensare, riguarda comunque tutti gli Ordini essendoci delle norme del Codice deontologico da rispettare. Il nostro auspicio è che se ne prenda atto. A titolo personale come presidente dell’Omceo di Piacenza posso dire che stiamo lavorando con l’Azienda provinciale, e alcune modifiche richieste sono già state messe in atto, anche se non escludiamo che possa essere inevitabile l’apertura di un  qualche procedimento disciplinare”.
 
Luciano Fassari

26 luglio 2016
© Riproduzione riservata

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