In 10 anni aumentati del 10,4% gli infermieri stranieri negli ospedali italiani. L’indagine Uecoop

In 10 anni aumentati del 10,4% gli infermieri stranieri negli ospedali italiani. L’indagine Uecoop

In 10 anni aumentati del 10,4% gli infermieri stranieri negli ospedali italiani. L’indagine Uecoop
Elaborazione su dati Ocse dell’Unione europea delle cooperative. Gli operatori sanitari stranieri sono pari al 5% del totale del personale infermieristico. Oltre la metà dai Paesi dell’Est con in testa i romeni.

“Sono cresciuti del +10,4% gli infermieri stranieri in Italia negli ultimi dieci anni negli ospedali italiani arrivando oggi a quota 22.232 addetti”. E’ quanto emerge da un’elaborazione dell’Unione europea delle cooperative Uecoop su dati Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per quanto riguarda il fenomeno dell’immigrazione in corsia e nelle strutture di assistenza.
 
“La popolazione di operatori sanitari stranieri è pari al 5% del totale del personale infermieristico – spiega Uecoop – ed è composta per oltre la metà da immigrati dei paesi dell’Est come romeni (11.204), polacchi (2.374), e albanesi (1,032), mentre fra le altre comunità più rappresentate troviamo gli indiani (1.399) e i peruviani (1.080)”.
 
“I “migranti della corsia” giunti invece dai paesi dell’Africa – sottolinea Uecoop – sono 433, meno del 2% sul numero complessivo di addetti che arrivano dall’estero. In Italia fra stranieri e italiani ci sono 443.838 infermieri, anche se il rapporto fra la popolazione degli assistenti sanitari e i medici è di 1,5 molto lontano dal 2,8 che è la media Ocse, è la metà di quanto schierano paesi come Germania e Francia con 3 infermieri per ogni dottore e addirittura un terzo di quanto invece avviene Finlandia, Giappone e Danimarca dove si sale a quasi 5 infermieri per ogni medico”.
 
“Di fronte a un trend di invecchiamento che negli ultimi dieci anni ha portato a un aumento del 13% delle persone sopra i 65 anni la richiesta di assistenza non potrà che aumentare – sottolinea Uecoop – ed è quindi necessario garantire numeri e professionalità sempre maggiori sia nelle strutture sanitarie che in quelle residenziali per la terza età che nelle case dove ci sono malati o anziani curati a domicilio come già fanno quasi 9.700 cooperative sociali e di assistenza che impiegano oltre 328mila persone fra italiani e stranieri”.

23 Luglio 2018

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