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Emofilia. Il rilancio del Centro di Latina al servizio del Basso Lazio

L’Osservatorio Malattie Rare evidenzia le competenze della struttura, invitando anche tanti pazienti a smettere di recarsi a Roma per avere cure che possono avere in questo reparto “ben organizzato e pronto a rispondere a qualunque loro esigenza”. Percorsi multispecialistici per fronteggiare ogni complicazione, colloqui psicologici e una frigoemoteca fornita di tutti i fattori della coagulazione.

20 DIC - “Continuano a recarsi a Roma per le cure: eppure oggi possono contare su un reparto ben organizzato e pronto a rispondere a qualunque loro esigenza. Un Centro che, insieme a quello di Frosinone, serve tutto il Basso Lazio: attivo dal 2000 ma solo recentemente ampliato e migliorato. Parliamo del Centro Emofilia dell'Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, che fa parte dell'U.O. di Ematologia diretta dal prof. Giuseppe Cimino, nel quale prestano servizio il dr. Ugo Coppetelli e la dr.ssa Angela Rago”. Ad evidenziare le competenze del Centro, sollecitando i pazienti del Basso Lazio a rivolgersi ad esso, piuttosto che recarsi a Roma, è l’Osservatorio Malattie Rare.

L'ambulatorio, che fino all'anno scorso era poco conosciuto e frequentato, ora ha 25 pazienti, di età compresa fra i 2 anni e mezzo e i 60 anni, e, spiega l’Osservatorio, “è in grado di fornire loro dei percorsi interni multispecialistici utili a ottenere un miglior trattamento e un’assistenza più completa”.

“Il paziente emofilico – spiega il dr. Coppetelli nella nota diffusa dall’Osservatorio – può manifestare diverse problematiche, di tipo epatico (epatite B o C), cardiologico, infettivologico, gastroenterologico, ortopedico e odontoiatrico, e noi, in tempi molto brevi, possiamo attivare questa rete di collaborazioni. Ma la nostra attenzione non è solo per il paziente, che può usufruire di colloqui psicologici, ma anche per la famiglia, che in presenza di un bambino affetto può rivelarsi molto fragile e delicata”.

Una delle malattie che più frequentemente si associano all'emofilia – in circa il 30% dei casi – è l'epatite C. “A tale proposito, ciò che molti pazienti ignorano è l'estensione dei nuovi trattamenti con i DAA (Directly Acting Antivirals, farmaci anti virali ad azione diretta) anche agli stadi intermedi F2 di fibrosi”, prosegue l'ematologo. “Fino a sei mesi fa, in Italia, erano stati trattati con questi nuovi farmaci circa 75.000 pazienti con stadi avanzati F3 di fibrosi o con cirrosi (stadio F4), ma ora è possibile trattare tutti i pazienti con epatite C indipendentemente dallo stadio di fibrosi e dalle comorbilità”.

Un altro presidio molto utile di cui il reparto si è dotato da un anno è una frigoemoteca dedicata ai fattori della coagulazione: “In questo modo un paziente che dovesse avere necessità urgente di un'infusione, può trovare lo stesso fattore che utilizza solitamente, e non – come spesso accade nei Pronto Soccorso – quello più simile”, spiega la nota.

L'unico servizio che al momento non è ancora disponibile a Latina è la titolazione degli anticorpi, per la quale il Centro si rivolge a Roma, al reparto del Policlinico Umberto I diretto dalla prof.ssa Maria Gabriella Mazzucconi, e in 2-3 giorni dal prelievo e dall'invio dei campioni arrivano i risultati.

“La qualità di vita dei pazienti, grazie al trattamento con i nuovi farmaci a emivita prolungata, sta costantemente migliorando”, prosegue il dr. Coppetelli. “Con questi innovativi concentrati di fattore è possibile mantenere lo stesso regime infusionale minimizzando il rischio di sanguinamenti (l'opzione scelta più frequentemente dai giovani, che non vogliono rinunciare a svolgere attività sportive), oppure si può ridurre il numero delle infusioni a due, o addirittura a una la settimana anziché tre o quattro, evitando le attività più rischiose ma avendo comunque una normale qualità di vita. Un mio paziente pratica il nuoto a livello agonistico: una cosa prima ritenuta impensabile per un emofilico”. E già altri farmaci sono arrivati alla fase II di sperimentazione: gli anticorpi monoclonali, che si pensa potranno permettere di raggiungere la frequenza, ora inimmaginabile, di un'infusione ogni 21 giorni.

20 dicembre 2017
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