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Bonus psicologo: Bonomi e Giorgetti non hanno tutti i torti

di Pietro Cavalli

01 GIU -

Gentile Direttore,
sono sicuro di gettare un sasso nello stagno e nello stesso tempo sono convinto di attirarmi numerose antipatie sostenendo che utilizzare il dato percentuale senza comunicare quello assoluto è una pratica che, se pure molto efficace dal punto di vista mediatico, appare assai poco condivisibile, sia dal punto di vista etico che scientifico.

Il problema è noto da tempo anche in Medicina, laddove l’abitudine ad utilizzare disinvoltamente il “rischio relativo” per attirare un’attenzione spesso superficiale è così radicata che ormai giustifica l’antica frase attribuita a Mark Twain: esistono tre tipi di bugie: le bugie, le grandi bugie e la statistica.

Valga tra tutti il banale esempio di una condizione che determina un “incremento del 25%” di qualsivoglia evento e che lascia, negli spettatori più sprovveduti, l’impressione di un effetto molto importante, quasi che quel 25% rappresenti la frequenza reale dell’evento.

Ad esempio: secondo l’Oms la pandemia covid 19 ha prodotto nella popolazione un incremento del 25% del rischio di ansia e depressione.  Anche su questa base è stata impostata una efficace campagna mediatica per la istituzione di finanziamenti governativi per il “bonus psicologo”, visto che, ad una prima impressione, il dato del 25% (rischio relativo) suscita molta preoccupazione, quasi che sia il 25% della popolazione a soffrire di problemi psicologici.

Nessuno però si è preso l’impegno di spiegare meglio questo dato e  nessuno ha mai fatto riferimento al rischio assoluto, cioè alla frequenza di questi disturbi nella popolazione in condizioni “normali”. Quante sono infatti le persone che soffrono normalmente di ansia o depressione (talvolta le due condizioni coesistono nella stessa persona)?

Sempre l’Oms ci dice che in condizioni “normali”, al di fuori di guerre, pandemie, carestie, flagelli e amori infranti, il 3,77% degli individui sono depressi ed è invece ansioso il 3,83% della popolazione. Naturalmente si tratta di un dato medio ed esistono Paesi in cui queste proporzioni possono variare, così come si potrebbero meglio definirne le classi di età, il sesso ed altre variabili. 

Però, secondo questi dati, l’effetto della pandemia covid 19 dovrebbe aver causato disturbi di tipo ansioso e depressivo in meno dell’1% della popolazione. Senza contare poi che la contingenza epidemica pare al momento superata e che quindi è ragionevole pensare che anche le forme ansiose e depressive ad essa collegata possano progressivamente ridursi di numero ed importanza.

Dal momento però che in Italia nulla è stabile tranne il provvisorio, esiste il fondato timore che queste misure diventeranno definitive. Sarà anche per questi motivi che le recenti considerazioni a proposito del bonus psicologo da parte del Presidente di Confindustria Bonomi e del Ministro Giorgetti (Qs del 31/5/2022) non sembrano prive di senso, al di là del significato economico e della evidente sottrazione di risorse ad altri ambiti sanitari.

Pietro Cavalli

Medico



01 giugno 2022
© Riproduzione riservata

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