Lo strano caso della mobilità di area ortopedica: prima voluta e poi improvvisamente sgradita
Alcune settimane fa leggemmo anche qui su Qs grido di allarme del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele Di Pasquale, circa la non sostenibilità della “troppa mobilità attiva” a favore delle Regioni del Sud. Alle sue affermazioni fecero immediatamente eco le parole del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana: “La nostra situazione è ancora più pressante e problematica di quella degli amici emiliani”. Leggermente diversa la posizione dell’allora Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: «Il Veneto accoglie volentieri i pazienti dalle altre regioni italiane e dagli Stati esteri, dando piena disponibilità ai pazienti che scelgono una sanità di eccellenza, dove possono trovare alta specializzazione e centri di riferimento internazionali” e quindi “non ci tiriamo indietro e continuiamo ad accogliere tutti coloro che vogliono curarsi nei nostri ospedali».
Le argomentazioni dei Presidenti sono ragionevoli: finchè si tratta di alta complessità va bene, ma adesso che cominciamo ad avere problemi di copertura della domanda interna almeno la bassa complessità venga soddisfatta nelle Regioni di residenza. Ragionevoli, ma quando applicate alla patologia ortopedica, e cioè la voce di gran lunga più importante nei flussi di mobilità, quantomeno discutibili perché (per quel che si ricava dai dati ufficiali) questa mobilità è stata fortemente voluta e non subita dalle Regioni che ora se ne lamentano, in particolare dalla Regione Emilia-Romagna.
Nelle interessanti elaborazioni dell’Agenas sulla mobilità relativa all’apparato muscolo-scheletrico che si ritrovano nel suo portale statistico, c’è ne una che mi pare molto significativa. Si tratta di una elaborazione che è stata fatta all’interno della sezione dedicata al Focus sulla mobilità per patologie oncologiche e muscoloscheletriche. Viene rappresentato graficamente il cosiddetto indice ISDI e cioè l’indice di soddisfazione della domanda interna in base ai dati 2023. Viene calcolato sia per il complesso degli interventi presi in esame che per ogni singolo intervento. Non entro nel dettaglio dei criteri di calcolo, ma il significato della elaborazione riportata è chiaro: molte delle Regioni del Nord hanno una sovracopertura che corrisponde alla sottocopertura delle Regioni del Centro Sud. Il dato della Emilia-Romagna è particolarmente significativo con un indice ISDI complessivo per tutti gli interventi di 1,39% con una produzione che supera del 39% la domanda interna. L’indice ISDI sale a 1,67 per le protesi di ginocchio e a 1,74 per le protesi di spalla. Gli stessi indici nel 2018 aveva un valore molto più basso: 1,19 quello complessivo, 1,39 per il ginocchio e 1,54 per la spalla. Negli stessi anni la mobilità attiva della Emilia-Romagna per le condizioni prese in esame dal focus dell’Agenas è passata dai 110 milioni del 2018 ai 208 del 2023. Se poi si guardano i dati della Emilia-Romagna per Regione di provenienza per gli interventi presi in esame dall’Agenas si vede che i ricavi maggiori sono venuti dalle due Regioni di confine Toscana e Veneto con 40 e 31 milioni rispettivamente (erano 16 e 14 nel 2018). Per le Marche negli stessi anni sono passati da 15 a 21.
Insomma, nel racconto della Emilia-Romagna sui problemi della mobilità attiva nei confronti delle Regioni del Sud che non si riesce a governare c’è qualche passaggio che manca, almeno se li si guarda partendo dalla patologia ortopedica che è quella che determina i maggiori flussi:
la capacità produttiva per i fuori Regione già molto alta nel 2018 è ulteriormente aumentata pur in presenza della possibilità di stabilire accordi di confine e della possibilità di fissare un budget anche per la mobilità attiva alle strutture private;
gran parte della capacità produttiva in eccesso viene utilizzata per i pazienti provenienti dalle Regioni di confine;
si capisce che è una mobilità attiva in larghissima parte perseguita e non subita attraverso i canali degli ambulatori collocati strategicamente nelle altre Regioni.
Aggiungo che questa situazione è favorita anche da fatto che la mobilità passiva (e quindi attiva) è in larga misura pagata in anticipo dalle Regioni in sede di riparto del Fondo Sanitario e dal fatto che in base al DM 70 del 2015 i posti letto utilizzati per la mobilità attiva vengono in qualche modo storicizzati e le strutture, specie private, hanno autorizzazione, accreditamento e contratti per un numero elevato di posti letto utilizzati da altre Regioni.
Insomma, oltre che richiamare le Regioni del Sud ad aumentare quantità e qualità della propria offerta, forse le Regioni con più mobilità attiva potrebbero riflettere sulla possibile exit strategy dalla politica di incentivazione della mobilità attiva a lungo da loro perseguita.
Figura Indice di copertura della domanda interna per la patologia dell’apparato muscoloscheletrico nelle Regioni italiane nel 2023 (Fonte: portale statistico dell’Agenas).
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