Gentile Direttore,
un aspetto gratificante del mio lavoro è la relazione con bambini e adolescenti. La parte vitale, entusiasta, idealista e pura dei miei assistiti. La loro presenza nel mio ambulatorio sostiene un’atmosfera di fresca autenticità. A partire dalla educata e tenera innocenza con cui si rivolgono al “dottore”, alla mancanza assoluta di quella malizia relazionale che è tipica, invece, di ogni adulto. Malizia, spesso manipolatoria e tendenzialmente falsa del quarantenne-sessantenne che porta con sé tutti i pregiudizi di chi gioca costantemente in difesa e sempre a caccia di fregature, per la quale costantemente erudito da social e Google per cogliere in castagna il suo prossimo.
La distanza tra adulto e medico si chiama diffidenza e si avverte come distacco giudicante e punitivo, prima ancora che il medico abbia aperto bocca. L’adulto giudicante non ha mai dubbi: la colpa è sempre di qualcun altro e se le cose vanno male, compare quel sorrisino soddisfatto perché ha già individuato un colpevole da portare all’attenzione degli amici al bar. Un grande vantaggio dell’ignoranza è la comatosa insipienza dei portatori insani di stupidità, che non hanno nemmeno coscienza dei propri limiti e, pertanto, perfettamente innocenti.
I giovani pazienti mostrano, invece, una reale innocenza, nei modi e nel pensiero concreto e fiducioso verso il professionista adulto a cui si rivolgono con severo e innocente rispetto. Basta non tradirli: la lealtà è un principio inderogabile da spendere con chi ti offre lealtà.
Il bambino che è seduto davanti a me, un po’ impaurito dal camice bianco, si apre in un largo sorriso se lascio la poltrona, mi metto al suo fianco e alla sua altezza, e gli accarezzo la mano. Incomincia a fidarsi e ad aprirsi e nasce una alleanza, soprattutto se suggellata da una caramella premio a fine visita o un palloncino colorato gonfiato dal respiro del “dottore”, qualcosa del medico da portare a casa. Questa alleanza durerà per tanto tempo, almeno fino a quando quel bambino, diventato adulto, mi porterà suo figlio in ambulatorio. Una linea retta generazionale che è tutta la ricchezza del nostro lavoro.
Il bambino, diventato adolescente, non mi chiederà più una caramella ma un sereno e complice entusiasmo, in linea con il suo entusiasmo di giovane uomo o donna che guardano con incanto la vita. Non salire in cattedra, non puntare il dito, non essere vecchi nelle parole e nei fatti, bisogna rinforzare l’entusiasmo dei ragazzi con entusiasmo e soffrire con loro tutta l’incoerenza del mondo adulto.
Combattere l’incoerenza adulta, significa combattere l’ambiguità ormai presente in ogni relazione del nostro tempo. L’ambiguità dei rapporti, nelle relazioni, nella politica, nella cultura, nella scuola, è la misura di tutti quei “tromboni” adulti che promettono a parole e sconfessano, con i fatti, l’impegno che bisogna tenere verso le giovani generazioni. È con l’ambiguità che si perdono i figli, i figli del futuro ai quali non offriamo mai una valida bussola guida che li sostenga e li aiuti. Cosa importa dichiararsi di destra o di sinistra o antifascisti o cantare “Bella Ciao” se queste cose muoiono nell’incoerenza, veramente fascista, di chi promette e non fa? Cosa importa ai nostri figli il dotto e informato dibattito sui mali del mondo per poi lasciar sopravvivere centinaia di dittature a tutti i livelli, permettendo ancora che qualcuno muoia per la libertà di pensiero o la sola voglia di esistere? Questo mondo adulto, che riempie il mio ambulatorio, è veramente malato. Forse già morto. Bambini e ragazzi sanno di primavera, promesse da difendere.
Enzo Bozza
Medico MMG a Vodo e Borca di Cadore (BL)