Gentile Direttore,
con riferimento agli articoli recentemente pubblicati dal Vostro giornale sul tema dell’accesso diretto alle prestazioni fisioterapiche in Friuli Venezia Giulia – e in particolare all’ordine del giorno approvato dal Consiglio Regionale che ipotizza percorsi “semplificati” senza il passaggio dal medico specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione (fisiatra) – l’Associazione Nazionale Fisiatri (ANF) ritiene doveroso fornire alcuni chiarimenti oggettivi e documentati su diversi punti. Lo facciamo non con spirito di contrapposizione, ma per difendere con rigore il rispetto delle norme vigenti e soprattutto la sicurezza dei cittadini, troppo spesso trascinati in un dibattito fuorviante, in cui si confondono semplificazione amministrativa e inappropriatezza clinica.
Le regole del Servizio Sanitario Nazionale non sono opinabili. Il Decreto del Ministero della Salute del 23 giugno 2023, che aggiorna il Nomenclatore Tariffario Nazionale (recepito anche dalla Regione FVG), stabilisce con chiarezza: “La prescrizione delle prestazioni fisioterapiche a carico del SSN deve essere effettuata da medici specialisti in Medicina Fisica e Riabilitazione”.
Si tratta di una disposizione cogente, espressione del principio secondo cui l’intervento riabilitativo è parte di un processo clinico, non una prestazione generica. Le Regioni non hanno facoltà di derogare a tale principio, se non in violazione dei LEA (DPCM 12 gennaio 2017, Capitolo 5).
La Diagnosi non è burocrazia.
L’accusa secondo cui il passaggio dallo specialista fisiatra rappresenterebbe una “rendita di posizione” o una “perdita di tempo” è grave e fuorviante. La diagnosi specialistica è un atto medico insostituibile, che consente di:
• escludere patologie gravi e urgenti (neoplasie, fratture, infezioni);
• differenziare sintomi simili ma cause diverse;
• definire obiettivi realistici e il corretto setting riabilitativo.
Senza diagnosi, ogni trattamento è un atto cieco, anche se erogato con la miglior tecnica e le prestazioni senza diagnosi sono inappropriate e potenzialmente dannose. Affermare che “il cittadino ha già una diagnosi” e può quindi accedere direttamente alla fisioterapia è un’affermazione clinicamente e legalmente scorretta. Spesso la “diagnosi” riportata non è funzionale, è datata, o non è utile alla definizione di un piano riabilitativo personalizzato.
Prestazioni avviate senza una valutazione medica possono risultare:
• inutili (se non indicate nel piano terapeutico riabilitativo),
• dannose (se aggravano la condizione sottostante),
• non rendicontabili, cioè inappropriate rispetto ai criteri di erogazione del SSN.
La normativa è unitaria: nessuna giurisprudenza nega il ruolo del fisiatra
Viene citata, impropriamente, una sentenza del Tar Lazio del 2011 e un parere del Consiglio di Stato del 2021 per sostenere l’ammissibilità dell’accesso diretto. Ma nessuna sentenza ha mai affermato che nel SSN le prestazioni riabilitative possano essere erogate senza prescrizione medica specialistica.
In realtà:
• la sentenza del Tar Lazio si riferiva all’accesso in farmacia, fuori dal SSN;
• il Consiglio di Stato 2021 si esprimeva su ambiti privatistici e comunque non nega il potere prescrittivo esclusivo del medico nei percorsi pubblici regolati da nomenclatore.
Non è una battaglia di categorie. È una questione di legalità e tutela
Respingiamo con forza l’idea che la nostra posizione sia “di categoria”. L’ANF tutela non una rendita, ma una responsabilità clinica definita per legge.
Riteniamo preoccupante che ogni volta che un medico invoca appropriatezza clinica venga accusato di difendere interessi corporativi.
In nessun altro ambito sanitario si proporrebbe di saltare la diagnosi specialistica per risparmiare tempo. Perché in riabilitazione sì?
Si vuole inoltre fare il punto su “l’accesso diretto in Farmacia”: non giustifica l’elusione delle regole nel SSN.
Si cita, a sostegno dell’accesso diretto, l’esistenza di “eccezioni” già previste dalla normativa, come nel caso delle Farmacie dei Servizi. Anche questa argomentazione non è corretta, e si basa su una forzatura interpretativa.
In realtà:
• L’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 153/2009 (Farmacie dei Servizi) stabilisce che la farmacia può erogare servizi di prima istanza e assistenza domiciliare integrata “nel rispetto delle competenze delle professioni sanitarie” e “dei modelli organizzativi regionali”.
• Nessuna norma consente al fisioterapista, in quel contesto, di operare senza diagnosi o prescrizione medica.
La prestazione resta vincolata a un’indicazione clinica medica e, se a carico del SSN, a una prescrizione specialistica conforme ai LEA e al Nomenclatore.
Inoltre, la giurisprudenza amministrativa (Tar Lazio 2011) citata a supporto si riferiva a un contenzioso su protocolli sperimentali in farmacia, e non ha mai stabilito che le prestazioni fisioterapiche nel SSN possano prescindere dalla diagnosi medica specialistica.
Usare la farmacia come esempio di accesso diretto strutturale è dunque improprio e fuorviante.
Il cittadino ha diritto a cure appropriate. Non a scorciatoie rischiose. La vera sfida è migliorare i tempi di accesso attraverso:
• potenziamento della rete dei fisiatri pubblici;
• digitalizzazione e gestione integrata delle agende;
• collaborazione tra MMG, fisiatri e fisioterapisti in un modello coordinato.
Proporre invece “percorsi semplificati” che escludano la diagnosi medica è pericoloso, scorretto e potenzialmente dannoso per la salute pubblica.
Per questo motivo abbiamo sentito il dovere istituzionale di intervenire. Non per alimentare polemiche, ma per ristabilire con serietà e atti alla mano un principio fondamentale: la riabilitazione non è un pacchetto di prestazioni. È un processo clinico complesso, che inizia da una diagnosi medica e richiede responsabilità condivise, non scorciatoie.
Rimaniamo come sempre a disposizione per un confronto aperto, documentato e orientato all’interesse dei cittadini.
Mauro Piria
Vice Segretario Nazionale – Associazione Nazionale Fisiatri (ANF)