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Bpco. Tagli alle riacutizzazioni con le terapie combinate. Le risposte arrivano dai dati Real world


La Bronco pneumopatia cronica ostruttiva impatta pesantemente sulla qualità della vita dei malati e in Puglia risulta essere una malattia sottostimata e non adeguatamente trattata. Dal Salford Lung Study, pubblicato sul New England Journal of Medicine, sono emersi interessanti dati che potrebbero indirizzare verso una corretta gestione della patologia

14 DIC - È la malattia che mozza il respiro. Nel mondo, colpisce 65 milioni di persone e secondo le stime dell’Oms nel 2030 diventerà la terza causa di morte. Si stima che solo in Italia colpisca bronchi e polmoni di tre milioni di persone, la maggior parte anziani, fragili e con co-morbilità. È la Bronco pneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), una patologia che impatta pesantemente sulla qualità della vita dei malati: le attività quotidiane diventano infatti sempre più difficili a causa della scarsa funzionalità respiratoria determinata dall’ostruzione bronchiale e da un progressivo restringimento delle vie aeree.
 
Chi ne soffre respira infatti con difficoltà, in particolare sotto sforzo, ha tosse e catarro cronici ed è soggetto a frequenti infezioni, perché nei bronchi pieni di muco i batteri si sviluppano a grande velocità. Le cause? Sul banco degli imputati ci sono il fumo di sigaretta, ben nove pazienti su dieci sono fumatori o ex tabagisti, ma anche inquinamento atmosferico, polveri diffuse negli ambienti di lavoro e domestici ed emissioni chimiche. Ma anche l’età gioca un ruolo determinate, la Bpco colpisce il 7% degli over 50 e le percentuali salgono con l’aumentare dell’età: ha un’incidenza dell’11% tra i sessantenni con trend in crescita vertiginosa dopo i 70 anni fino a interessare una persona su due. Anche i costi sono elevati: quello medio annuo di un paziente con Bpco si attesta sui 2.700 euro, il 92% è a carico del Ssn. E il 70% dei costi diretti totali è dovuto all’ospedalizzazione per le riacutizzazioni.
 
Dati che rendono chiaro il quadro di una patologia di approccio complesso, sia dal punto di vista farmaco-terapeutico, consideriamo infatti che dalla Bpco non si guarisce, perché le lesioni all’apparato respiratorio sono generalmente irreversibili, sia da quello gestionale, in quanto è caratterizzata da frequenti riacutizzazioni, accompagnate spesso da ricoveri in ospedale.
 
Gli scenari in Puglia. La Bpco è una patologia ancora sottostimata e gestita in modo non adeguato in Puglia, ma la Regione si è mossa e si sta muovendo per migliorare il governo della malattia. “I pazienti con Bpco lieve/moderata vengono ipertrattati rispetto ai severi che invece sono più appropriatamente gestiti –ha precisato Maria Pia Foschino, Direttore del Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Foggia – questo avviene perché spesso non c’è una diversificazione delle terapie tra pazienti lievi/moderati e severi. Nella regione Puglia i dati sono simili a quelli nazionali: il 12% dei pazienti con Bpco non segue la terapia che gli è stata prescritta e il 55-56% dei pazienti ricoverati con Bpco, non facevano un trattamento con broncodilatatori”.
 
Le criticità che interessano questa Regione sono molteplici ha spiegato Onofrio Resta, Direttore Uoc Malattie dell’apparato respiratorio Universitaria, dell’Università degli Studi di Bari e vanno “dall’inappropriatezza prescrittiva, specie nei primi stadi della malattia, che può raggiungere più del 60% dei casi, alla scarsa aderenza al trattamento, che ci relega agli ultimi posti in graduatoria”. A questi si aggiunge una spesa farmaceutica eccessiva, anche se, precisa Resta “non solo nel campo delle malattie dell’apparato respiratorio”.
“Siamo però – ha precisato – la Regione che in pochi anni ha ridotto a metà il numero di casi di Bpco ospedalizzati, con quasi azzeramento dell’inappropriatezza nei ricoveri. Non meno importante, in Puglia le istituzioni sanitarie sono molto attente e sensibili ai problemi della gestione della Bpco”. La Puglia ha infatti prodotto già nel 2011 un documento di Pdta, successivamente adeguato nel 2015. “Il provvedimento – ha aggiunto Resta – indica criteri di efficienza e correttezza di percorsi ed indicatori, assolutamente condivisibili, che richiedono maggiore attenzione sia da parte dei Mmg che dagli specialisti pneumologi e non solo. Certo le nuove acquisizioni scientifiche e le successive modifiche delle linee guida – prosegue–  rendono necessario un adeguamento di questi strumenti regolatori, proprio al fine di una migliore appropriatezza prescrittiva, un maggior risparmio, ma anche una più efficace aderenza”.
 
A fargli eco è Vincenzo Gigantelli, Direttore di Distretto presso la Asl di Bari il quale ribadisce che “occorre responsabilizzare maggiormente i Medici di assistenza primaria a rivedere le terapie in atto allo scopo di adeguare le terapie alla effettiva fase di patologia. Utile potrebbe risultare uno studio con i Mmg che vengano guidati da specialisti nella revisione sistematica delle cure eseguite e degli effetti delle stesse, con specifico monitoraggio del tasso di riacutizzazione e somministrazione di questionari Cat per verificare le abitudini e lo stato soggettivo dei pazienti”.
 
La novità nella terapia farmacologica. Il Salford Lung Study. Oggi è possibile contare su terapie efficaci che consentono al paziente di convivere al meglio con la sua condizione di malato cronico respiratorio. E di ridurre quindi i rischi di riacutizzazioni con conseguenti ricoveri ospedalieri. Nel trattamento della Bpco vengono impiegati broncodilatatori, corticosteroidi per via inalatoria e anticolinergici. Ma ora dal Salford Lung Study, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel mese di settembre 2016, emergono dati di real world interessanti in merito all’efficacia e all’appropriatezza delle terapie. Lo studio ha infatti passato al setaccio 2.802 pazienti con Bpco con l’obiettivo di testare l’efficacia e la sicurezza di due farmaci, Fluticasone furoato e Vilanterolo in combinazione, confrontandola con la terapia usuale somministrata nella pratica clinica quotidiana. Non solo, lo studio ha anche monitorato tutti gli accessi in ospedale, le visite ambulatoriali ospedaliere e ai Pronto Soccorsi e considerato i dati rilevati dai Medici Medicina Generale.
 
I pazienti sono stati randomizzati 1 a 1 per ricevere fluticasone furoato e vilanterolo (Ff/Vi) al dosaggio di 100/25mcg - con o senza assunzione di agenti muscarinici a lunga durata d’azione (Lama) - oppure per continuare a ricevere la terapia usuale. I pazienti che assumevano Lama in aggiunta alla terapia di combinazione Ics/Laba (triplice terapia con corticosteroidi inalatori e beta 2-agonisti a lunga durata d’azione), che sono stati randomizzati alla terapia con Ff/Vi, hanno potuto continuare la terapia con Lama in associazione a Ff/Vi. La terapia usuale è stata assunta come prescritta dal medico, e poteva includere broncodilatatori singoli o in associazione, corticosteroidi inalatori da soli o associati a un broncodilatatore a lunga durata d’azione, o in triplice terapia costituita da Lama, Lava e corticosteroide inalatorio.
 
Ma cosa è emerso? Il tasso medio annuo di riacutizzazioni moderate o gravi ha fatto registrare una riduzione statisticamente significativa dell’8,4% nei pazienti che assumevano la combinazione fluticasone furoato/vilanterolo. L’incidenza di eventi avversi seri è risultata simile nei due gruppi (29% nel gruppo Ff/Vi, 27% in quello della terapia usuale). Per quanto riguarda le polmoniti, un evento indesiderato grave di particolare interesse, l’associazione Ff/Vi ha dimostrato la non inferiorità rispetto alla terapia usuale (7% versus 6%). Un endpoint quest’ultimo richiesto come parametro regolatorio di sorveglianza post-marketing dall’Ema. Inoltre, il 45% dei pazienti che ha ricevuto Ff/Vi ha migliorato il punteggio del Copd Assessment Test (Cat), che misura l’impatto della malattia sullo stato di salute e sulla qualità di vita.
 
“L’originalità dello studio Salford – ha affermato Resta – non è solo quella di aver valutato, in uno studio prospettico della durata di 12 mesi, l’efficacia e la sicurezza del Fluticasone Fuorato (FF)/Vilanterolo (VI) 100/25 mcg una volta al dì, in confronto alla consueta terapia di mantenimento prevista dalle linee guida e regolata dal medico, ma anche quella di aver associato sia la parte di trial randomizzato controllato, quindi con pazienti selezionati, che la parte real life.
Questo, ha poi aggiunto Foschino: “Ha permesso di estrapolare dei dati molto interessanti anche in relazione alle Linee guida Gold sulla Bpco che ridimensionano molto il ruolo dei corticosteroidi. In questo senso quindi gli studi real life sono auspicabili, ma solo se vi è una caratterizzazione dei pazienti; real life non deve essere solo una caratteristica di arruolamento, ma deve indicare anche la via per un corretto trattamento”.
 
Vero è, ha sottolineato infine Gigantelli, “che i dati in real life permettono di verificare la effettiva aderenza alle terapie e consentono di ottenere risultati di efficacia individuando gli effettivi vantaggi delle terapie”.
 

14 dicembre 2016
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